John Bennet è un bambino degli anni ’80 che vive nel classico sobborgo middle class americano. E’ Natale e lui è solo, strambo, insomma avete capito… uno come tanti di noi Infine riceve in regalo un orsacchiotto tanto morbidoso quanto dalla faccia simpatica di nome Ted. Come in tutte le favole che si rispettino, il piccolo esprime il desiderio di avere un amico per la pelle che sia come Ted, o meglio che Ted prenda vita, parli, non solo per dire “ti voglio bene”, ma per divenire il suo compagno di giochi. Presto fatto, tempo di una notte e il desiderio si avvera. Ma è solo l’inizio! Ted in un batter d’occhio diviene un fenomeno, una celebrità richiestissima dai vari talk show che popolano il tubo catodico e… le stranezze non finiscono qui.
Quello che si apre come un film natalizio per famiglie, molto made in USA, si trasforma presto in una commedia politicamente scorretta, sboccata, che fa spallucce e inanella una serie crescente di battute volgarotte, quasi per ricordarci che il papà di questa pellicola è il medesimo dei Griffin (cartoni scorrettissimi in onda da anni sulla TV americana). Ma torniamo a Ted, che nel mentre è diventato “adulto”, ma è ancora il compagno di scorribande di John, insieme esplorano il sentiero del proibito (un po’ di erba per tirarsi su prima di andare al lavoro, una bigiata pomeridiana con scuse quasi grottesche, un party pieno di ragazze facili ed altre simili bravate) facendo scorrere in modo divertente e divertito la vita del peluche Ted ma non quella di John che nel mentre si è fatto uomo, è nel pieno dei suoi trent’anni, sta perdendo le occasioni, non costruisce nulla e soprattutto la cui splendida fidanzata sta per mollarlo definitivamente.
Quindi… un casino dopo l’altro e l’ aut aut arriva prontamente, la coppia scoppia e, dato che la sfortuna ci vede sempre benissimo, ci si mette pure lo psicopatico di turno (un esilarante Giovanni Ribisi), disposto a tutto pur di soddisfare le voglie del proprio figlio viziato, che se la prende con Ted. Il dramma entra così nel vivo. Come si conclude questo minestrone di sentimenti? Con un perfetto lieto fine per famigliole felici, il cerchio si chiude nello stesso modo in cui si era aperto. Quindi, ricapitolando, una commedia che prima scivola nella risata sboccata poi passa a quella amara e grazie ad un po’ di azione e buonismo ci accompagna all’epilogo. Mmm… tutto ciò era davvero voluto oppure qualcuno non sapeva decidersi? Paura che la commedia venisse surclassata? Voglia di esplorare il mondo del riso amaro nobilitando una partenza un po’ così?
Qualunque fosse l’intenzione dell’autore, questo tentennamento provoca molta perplessità in noialtri al di qua dello schermo e non bastano la recitazione davvero convincente di Mark Wahlberg, con la sua faccia da eterno bravo ragazzo un po’ impacciato, e il bel musino furbetto di Mila Kunis per farci dimenticare l’odore dei Griffin, di Mr Beaver, velatamente di Young Adult e di molto altro. Voto 6- per rispetto nei confronti di un attore (Mark Whalberg, appunto) abituato ad un genere differente, che ha recitato per lo più da solo su un divano.