"The Prestige"/id.
di: C.Nolan
con: H.Jackman, C.Bale, M.Caine, S.Johansson, P.Perabo, D.Bowie, R.Hall.
Drammatico - USA 2006 - 130 min
Salito agli onori delle cronache cinematografiche nel 2000 con "Memento" - il film "a rebours" - Nolan (autore che ha diviso da subito gli appassionati, fin troppo consapevole fino alla "furbizia cinematografica" per taluni, incontestabilmente geniale per altri), esibisce in questo "The prestige", dopo
le alterne vicende di "Insomnia" (2002) e "Batman begins" (2005), una narrazione più lineare, riuscendo tuttavia ad approfondire - ancora una volta con l'aiuto del fratello Jonathan in fase di scrittura e basandosi sull'omonimo romanzo di Christopher Priest - quei temi che sin dall'inizio hanno concorso a caratterizzare la sfera d'interessi della sua creatività: i sempre ambigui concetti di "verità" e "finzione", innanzitutto, e le ricadute che hanno su quell'altrettanto grande mistero che e' l'"identità" individuale. La scansione non cronologica del tempo e la possibilità che essa offre di moltiplicare le angolazioni e i punti di vista. Il "sospetto" di una casualità superiore e arcana che si fa beffa dell'agire umano condannandolo allo scacco e all'angoscia. L'inconsistenza venata di menzogna che permea i rapporti umani.
Londra, sgoccioli dell'età Vittoriana: due maghi di talento - Robert Angier (Jackman) e Alfred Borden (Bale), fascinoso e ammaliatore delle folle, il primo; introverso, sfuggente ma estroso, il secondo - si sfidano senza esclusione di colpi alla ricerca del "Prestigio", ovvero dell'illusione perfetta, per la quale arriveranno a mettere in gioco molto più che i propri destini professionali...
La storia del film e' la storia di un ossessione, la più terribile, forse - quale verità più "vera" di un raggiro abilmente confezionato ? - che in quanto tale non ammette intralci e non conosce soste, calpesta le regole condivise (illusioni, in sostanza, solo più "razionali" e compartimentate, osserva Nolan), spazza via gli affetti (specchio quasi sempre infranto dell'illusione più grande, l'amore) e giunge a sfidare la Morte. "Gli uomini vogliono essere ingannati", ripetono a più riprese i due funamboli del trucco, dietro le quinte dei palcoscenici e lungo le strade di paesi e città che sembrano a loro volta fondali posticci di una bugia (l'utopia di una società che nella decisiva transizione a cavallo dei secoli XIX e XX comincia a credere di potersi affidare alle "certezze" della scienza e della tecnica deponendo una volta per tutte le armi della critica) scaltramente congegnata. Solo l'inganno, nascondendo la realtà per ricrearla, può produrre la sospensione del giudizio e con essa le premesse per la meraviglia più fuggevole ma più bramata - la felicita' - a cui tutto si sacrifica e del cui culto il mago sa di essere, al tempo, il sacerdote più esposto e la vittima più misconosciuta. Scostante e geometrico, rigoroso e determinato nel suo pessimismo, anticonvenzionale perché non consolatorio, permeato di un romanticismo cupo ma seducente, ispessito dalla prevalenza delle tonalità scure, l'opera di Nolan funziona laddove s'inceppano molte opere di media/grossa produzione: coniugare le aspettative spettacolari con lo svolgimento di un tema scomodo fino alle sue non rassicuranti conseguenze. Muovendosi lungo direttrici che mano mano si svelano essere altrettanti vicoli ciechi, infatti, il film procede e cresce per brevi blocchi di scene contraddistinte da movimenti larghi e circolari della mdp e da oculate ellissi. Azzeccate e inquietanti le scenografie sempre sul punto di rivelarsi meri sipari dietro cui s'intrecciano artifici infiniti, così come una fotografia densa di penombre capace di moltiplicare la costante atmosfera di enigma della vicenda. Pregevoli ed efficaci nella loro semplicità "artigianale" gli effetti speciali. E se Jackman e Bale si confermano attori convincenti e a proprio agio, ecco che passa quasi inosservata la diva Johansson, in un ruolo poco più che esornativo. Splendidamente sottotono e sardonico, invece, Michael Caine, in una parte solo in apparenza secondaria; mentre David Bowie nei panni dello scienziato precursore Tesla utilizza la sua proverbiale ambiguità per solleticare la curiosità nei confronti di un personaggio di non comune ingegno eppure più che negletto dalla Storia.
(Mercoledì 29/01, IRIS, ore 21).
TFK
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