Titolo: Ben X – Il coraggio è tutto
Regista: Nic Balthazar
Titolo originale: Ben X
Durata: 90 minuti
Anno: 2007
Genere: Drammatico
Attori: Greg Timmermans, Marijike Pinoy, Laura Verlinden, Pol Goossen, Titus De Voogdt, Maarten Claeyssens, Jakob Beks, Gilles De Schryver, Peter D Graef, Ron Cornet, An Van Gijsegem, Tania Van der Sanden, César De Sutter, Johan Heldenbergh, Wim Vandekeybus
Voto:
Trama:
Ben è diverso. La sua vita è piena di strani rituali. Lui sembra vivere nel proprio universo, diviso tra un gioco di ruolo online e il bullismo quotidiano di cui è vittima. La sindrome di Asperger gli preclude i rapporti normali con gli altri, famiglia compresa, ma dopo un episodio particolarmente violento e umiliante ideato da due suoi perfidi compagni di scuola, filmato e messo online Ben e la sua famiglia trovano una soluzione: è estrema e coinvolgerà tutti, ma è l’unica soluzione possibile.
A salvare il ragazzo giunge Scarlite, misteriosa e inseparabile amica conosciuta online…
Recensione:
Premessa: è un film difficilissimo da trovare in giro. Il che è strano, se si pensa che ha vinto numerosi premi e che tratta temi molto forti e sempre attuali.
Forse è proprio questo che l’ha messo in ombra: di film che trattano la tematica dell’autismo in tutte le sue forme ce ne sono tanti, dall’eccessivamente romanzato Rain Man a quelli meno conosciuti, ma quasi tutti quelli in cui mi sono imbattuto finora hanno una piccola pecca in comune: non riescono a calarsi appieno nel personaggio raffigurato, preferendo rappresentarlo attraverso gli occhi di una società che lo etichetta come diverso.
Qui, invece, il punto di vista è quello di Ben: caotico, distorto, incomprensibile, continua fonte di disagio. Inquadrature a scatti, violenti primi piani carichi di dettagli, scene di vita quotidiana difficili da interpretare portano dritti negli occhi del protagonista. Gli scorci della sua vita privata tra il gioco online e la scuola che sembra un inferno lasciano intravedere la fatica di un ragazzo che si vede e si sente diverso e che è costretto a studiare tutto del mondo esterno per cercare di apparire normale. Caratteristica, questa, comune a tutte le persone con sindrome di Asperger.
Quello che più mi ha colpito è stato l’uso del colore: l’intero film è giocato su toni di grigio, freddi e a tratti angoscianti, mentre fino alle ultime inquadrature l’unica nota cromatica è rappresentata dal rosso del cappotto di Scarlite. Basta la sua sola presenza per illuminare il mondo di Ben e fargli accantonare, almeno nell’illusione di qualche ora, tutti i problemi che l’hanno sempre fatto stare male fin da bambino. Provoca una triste tenerezza vedere le scene in cui lui, protetto dietro un computer, riesca a esprimere se stesso attraverso un’identità virtuale non incatenata dall’autismo. E lei riesce a comprenderlo fino in fondo, facendolo sentire a suo agio per la prima volta in tutta la sua vita, pur rimanendo nel cibernetico.
Al di là del bullismo scolastico, tema purtroppo molto noto, la scena che tiene più sulle spine è il momento in cui Ben e Scarlite dovrebbero incontrarsi in stazione per la prima volta: lei lo aspetta fino all’ultimo treno, ma lui non riesce a farsi avanti e non può fare altro che guardarla andare via delusa. Da qui il film scivola ancora di più nell’onirico, coinvolgendo in un mondo distorto dove è difficile distinguere la realtà dalla fantasia: Scarlite gli è sempre accanto, una sorta di spettro colorato che solo Ben vede, ma lo fa stare bene. Lo fa sentire “normale”, anche se gli altri vedono solo un ragazzo che parla e sorride da solo. E lo porta al punto di avere il coraggio di compiere il passo decisivo per affermare se stesso, in un colpo di scena finale che mi ha lasciato stupefatto: è il massimo dell’imprevedibilità, ma è stata una conclusione spettacolare e degna di un film che davvero merita di essere visto per comprendere meglio un mondo tanto contorto e spaventoso come quello in cui sono intrappolate le persone con questo genere di disturbi.