Titolo: V per Vendetta
Regia: James McTeigue
Anno: 2005
Attori: Hugo Weaving, Natalie Portman, Stephen Rea, John Hurt, Stephen Fry, Rupert Graves
Genere: fumetto, action
Durata: 128 min ca.
Produzione: Silver Pictures
Voto:
Bene, avevo promesso in lungo e in largo una recensione su Maurice ed eccomi qua con una su V per Vendetta.
Oh! Non vi sorprenda troppo, che quello che intendo fare stia a quello che faccio come Belpietro sta al giornalismo è ordinaria amministrazione u_u
Adesso, per esempio - senza andare troppo lontano - sono le 2:57 del mattino, e domani dovrei andare dalla mia relatrice a farmi massacrare: non ho nulla di pronto e dovrei leggermente lavorare alla tesi. Lo sto facendo? No. Ciancio del miglior film in assoluto che io abbia mai visto trarre da un fumetto. Son cose. ♥
Ordunque, che al film si passi a questo punto!
[LATO TECNICO] ovvero “Tecniche del Linguaggio Cinematografico” applicate alla diserzione della tesi.BREVE, BREVISSIMA TRAMA: Siamo nel vicino 20xx. Si tratta di un 20xx vicino, molto vicino – in effetti è nella vicinanza che sta tutta l’inquietudine – e la nostra protagonista, Evey, esce di casa (con l’estrema furbizia che la caratterizzerà per tutto il resto del film) proprio allo scadere del coprifuoco. Quale coprifuoco, direte voi? A questo punto ci è chiaro che Londra – o meglio l’Inghilterra – è ormai un Impero fondato sulla tirannia (mediatica: per tutto il film vi vien voglia di giocare a catch the differences con il nostro Bel Paese – e no, non parlo del formaggio) e la violenza, soprattutto quando lei viene aggredita da un corpo di polizia della domenica ed è lì per lì per essere stuprata.
Poco divertente, si presume.
Ma SORPRESONA ciò non avviene, dal momento che il suo salvataggio da parte di un signore con indosso un’improbabile maschera di Fawkes (ndr. lui e la maledetta congiura delle polveri torneranno e torneranno e torneranno per tutto il film, deal with it. Non avete bisogno di nessuna conoscenza preliminare per guardarlo, ma qualora la curiosità vi vincesse il personaggio storico è lui) e un’ancora più improbabile capacità di esprimersi come me quando sono impreparata a un esame e devo improvvisare buttando qua e là citazioni colte a casaccio, ci dà la possibilità di conoscere il protagonista: per gli amici semplicemente V. Per i nemici, sempre V. Per spettatori e fan, invece, V.
Dopo una serie di improbabili prese di posizione da parte della gentil fanciulla, la polizia lega il suo nome a quella del nostro leggermente psicopatico (e amatissimo) protagonista, che ci confessa subito il suo obiettivo: far saltare in aria niente popo di meno che il parlamento di Londra per minare il simbolo della tirannia e sovvertire la dittatura. Ce la farà? Abbiamo tutto il film per scoprirlo.
REGIA: La regia è di James McTeigue. Chi è, vi domanderete voi? Me lo sono domandato anch’io, e così ho fatto le mie simpatiche ricerche: dal momento che ha collaborato coi fratelli Wachowski nella trilogia di Matrix (il che in effetti mi spiega anche Weaving, ma ci arriveremo poi) e con George Lucas in Star Wars Episodio II – L’Attacco dei Cloni (che ok, non sarà stato il miglior film delle due trilogie ma manco per niente ma sempre di Star Wars stiamo parlando, un po’ di rispetto #cisonocresciuta #MioPadreCompròLeSpadeVerdiERosseAMeEAMioFratelloESiamoAndatiAvantiPerMesiDandondoceleDiSantaRagione), con qualche punticino bonus di partenza ci partiva perché sì.
Non mi è parso di sentire fortissimo il peso della regia, comunque, né in positivo come in Thor (dove davvero poco ci mancava che Branagh si piazzasse davanti la telecamera a dire Sonoquisonoquisonoqui per quanto IMMENSO era il peso della sua regia), né in negativo come in Harry Potter 7 – Parte II (dove Yates raccoglie ancora le mie maledizioni di varia ed eterogenea natura e quando sono uscita dalla sala le orecchie hanno dovuto fischiargli tanto da convincerlo a farsi vedere da un otorinolaringoiatra. E uno piuttosto bravo, oltretutto). È un lavoro ben confezionato, senza sbavature, ben fatto. Niente che ti faccia dire OMGSENONLAVESSEFATTOLUINONAVREBBEPOTUTOFARLONESSUNALTRO ma nemmeno che ti faccia uscire strappandoti gli occhi dai bulbi oculari e gridare: PERCHE’!!! *sob* PERCHE’!!! Insomma, una buona regia come un’altra, alla maniera di Capitan America, per intenderci. Tra l’altro, per restare in tema di Alan Moore e fumetti geniali, come trasposizione cinematografica ne esce ciecamente meglio di Watchmen, quindi.
Bravo Jim, su *pat patta*
FOTOGRAFIA E MONTAGGIO: Dunque, io parto da un presupposto, sbagliato quanto volete but still. Se trai un film da un fumetto e la fotografia non è ALMENO perfetta è meglio che ti ritiri in un angolino buio ad angstare sulla pateticità della tua vita.
Quindi sì, la fotografia è bella, davvero bella, straordinaria se vogliamo osare qualcosina in più, ma non starò qui a dir loro bravi per questo u_u
È quantomeno il MINIMO, si sarebbe dovuto inserir loro senza delicatezza una squadra (e non quella 60-30-30, ma quella 90-45-45) su per il retto, se così non fosse stato.
Scene buie a visibilità perfetta (a proposito di Thor e di Branagh: KEN, GUARDA E IMPARA è_é); chiaroscuri che sono il Bene Cosmico; i contrasti totale luminosità/totale oscurità padroneggiati come se stessimo parlando di inchiostrare un fumetto di Topolino; e in generale tanta di quella Sapienza (capslock intenzionale) nello gestire luci, ombre e colori che… boh: that’s amore ♥
Persiste, in tutta franchezza, la sensazione di una certa consapevolezza (et donc di un certo inevitabile compiacimento) di tutto questo: sensazione alimentata dal fatto che ogni tanto becchi quella certa sbavatura dovuta al tuo subodorare qualche esagerazione qua e là. Nella fattispecie mi riferisco alla scena finale, dove si lanciano i coltelli in versione tartaruhe ninja e gli schizzi di sangue volano a 40 km dai corpi con la consistenza e la tonalità del vinaccio che portava mio nonno dalla campagna quando ero piccina, but still.
È tratto da una graphic novel, e in fondo tutto ciò non è che un modo per rimarcare la cosa, pertanto li perdoniamo.
SCENEGGIATURA: Oh. Oh! Questa, come ben sa chi mi conosce già, è la parte che preferisco *-*
Prima che io passi a fare il mio mestiere – ovvero sia: sputtanare gli altrui mestieri – mi si lasci fare un’asserzione preliminare che è la conditio sine qua non per la comprensione della mia posizione: questo non è il mio film preferito di sempre, ma ben si piazza, ecco. Quindi il film mi piace, molto, moltissimo e non mi limito a consigliarlo a tutti, l’ho praticamente IMPOSTO alla cerchia delle mie conoscenze. Detto questo, ora passo a un paio di piccoli microscopici WTF che son tanto ricchi di spoiler u_u
Orbene: il film inizia dalla fine – tecnica narrativa che io peraltro adoro con tutte le mie non scarse forze di fangirl – e dalla breve storia di Guy Fawkes, personaggio storico del XVII secolo che probabilmente non ricordate perché troppo impegnati a lanciare palline di carta e bava al tizio del terzo banco o a fargli il filo – rigorosamente non corrisposti – mentre il prof di inglese, disperato, tentava di fare ciò per cui era (peraltro ridicolmente poco) pagato. Sicché siam di nuovo nel presente narrativo e la nostra protagonista (un’eccezionale Natalie Portman, ma ci arriveremo poi), Evey, si prepara per uscire come se niente fosse e poi guarda l’orologio e sbianca come se il coprofuoco fosse un’imprevedibile sorpresona del destino avverso e non un dato di fatto, bah.
Aggredita, incontra V.
Mi si lascino spendere due parole: incontro numero 1–> *li conta* QUATTRO morti. Nessuno li piange particolarmente, sono dei porci sporchi, brutti e cattivi e lui è l’eroe buono, quindi.
Citazioni colte. Filosofia, filosofia, filosofia. Ancora citazioni colte. Ancora Filosofia. Poi: botte, botte, botte (e un tizio random che disattiva una bomba senza averne mai vista una nemmeno in cartolina – e senza neanche il cliché del figo dall’altro lato a cui chiedere se tagliare il filo rosso o il filo blu, pensa te) e infine –> *li conta* incontro numero 2: 7 morti. SETTE. E badiam bene, non sono più i rozzi zozzoni che volevano violentare la piangente donzella in difficoltà, stiam parlando di poveri IMPIEGATI (perché checché se ne dica, via dalle balle l’idea romantica del poliziotto, è un impiegato. Oddio, come ogni impiegato può fare il suo lavoro con entusiasmo o meno, con impegno o meno, credendoci o meno. Ma è un impiegato, punto. E detto senza nessuna connotazione spregiativa di sorta, anzi! Tutt’altro), gente che tu stai lì, la vedi ammazzata a pugnalate (perché cosa te ne fai in sette armati di pistola contro uno solo armato di pugnale, quando quell’uno è Hugo Weaving con una maschera di Guy Fawkes, mi domando?) e nessuno, dico NESSUNO, si esprime in un WTF grande quanto una casa, o quanto meno in questo:
Io non mi capacito.
In particolare, nella scena in cui lui pugnala l’ultimo poliziotto guardandolo ben benino in faccia – e stiamo parlando di un bimbetto di una trentina d’anni al più – uno che potrebbe avere una famiglia, dei figli, una moglie, o certamente una madre a piangere e dannarsi per la sua fine, il momento awkward è il momento in cui realizzi che in teoria quella è una scena plottata per dire guarda quanto incommensurabilmente figo è il protagonista, e come fa fuori i cattivi armati di pistola con la sua super figaggine.
Mi è venuta in mente la poesia di Pasolini, quella dove parlava delle contestazioni studentesche e dei poliziotti (questa qui) e di quanto profondamente sbagliato fosse, secondo me, questo modo di gestire scene del genere, but still.
D’altra parte - giusto perché io ho un insano feticismo per l’autoconfutarmi - se invece di citare Pasolini citassi la Arendt e quel suo inquietantissimo capolavoro che è La Banalità del Male, ecco che quei poliziotti sono colpevoli dell’eseguire gli ordini quanto colpevoli sono chi gli ordini li ha dati. Se essere d’accordo con Pasolini o con la Arendt è troppo tardi perché io lo decida ora (son le 4:33 del mattino, e io ancora avrei i tre libri per la tesi da preparare per domani alle 9:00, bah), lascio alle vostre coscienze il compito di schierarvi.
Teniamo comunque conto che l’interezza della trama è fondata su gente che crepa bellamente e ok, ci sto dentro. Ma finché parliamo di V che porta avanti una vendetta e di gente che paga per ciò che ha fatto (“e non per ciò che sperava di fare” cit. particolarmente bella che mi ha segnato. Non l’unica, e nemmeno la migliore, anyway) posso anche continuare a tifare per lui senza sentirmi orribile; d’altra parte quando comincia ad ammazzare poliziotti con la leggerezza con cui si mette la carta moschicida in casa a mare…
Poi.
Filosofia, filosofia, filosofia. Citazioni colte. Filosofia.
Stephen Fry ♥
Torture di varia ed eterogenea natura.
Filosofia.
Un’altra decina di poliziotti morti come zanzare.
Filosofia.
Conversione del poliziotto tramite filosofia.
Filosofia sul gran finale.
Filosofia.
Tanta filosofia. Tanta.
Ah, giusto per non lasciare adito a dubbi: l’ho amata *-*
E, ah! Quasi dimenticavo: se volete un motivo per vedere questo film è questo:
Spendete qualche minuto delle vostre miserabili esistenze ad ascoltarlo, perché questo sì, è qualcosa che può fare interrogare gli animi sul senso dell’universo e l’interferenza dei percorsi astrali sull’interezza delle nostre riprorevoli vite
CAST:
Hugo WeavingOh beh. Oh beh! Non aspettatevi di vederlo in faccia, perché resterete delusi. In effetti, sulle implicazioni del non levare mai la maschera – quelle semantiche, intendo – ne parlerò più sotto, questa è l’area riservata alla divinizzazione di quest’uomo.
No, io non scherzo, lo amo in maniera esagerata. Esagerata.
Non mi dilungherò naturalmente sulla banalità del quanto possa essere ostico un ruolo dove la sola cosa che conta è la tua voce. E no, non è alla stregua del doppiaggio, perché nel doppiaggio hai un alterego animato che provvede a fornire di espressioni la tua voce. Modulare la voce al punto da renderti espressiva una maschera, d’altra parte…
Sono letteralmente sconvolta dal lavoro che ha fatto. Dico sul serio. Non c’è stato un ruolo più impegnativo, nella sua filmografia, mi pare.
Natalie Portman Eccezionale nonché la SOLA donna al mondo a poter apparire sessualmente attraente persino conciata nei panni di un monaco buddista. No, sono onesta: lascia francamente basiti. La scena della tortura, in particolare. Ma anche quella dove soffoca l’orrore quando Stephen (♥) viene arrestato e lei è nascosta. L’attacco di panico, la rabbia, tutto l’estremo WTF esistenziale al momento di rendersi conto della messa in scena e, non ultimo, il palese e palpabile cambiamento tra la vecchia Evey, impaurita e umana e la nuova Evey, senza più paure e perciò disumana. Wow, wow, wow e ancora wow. Lontano anni luce dallo schifo, pietà e fastidio (in tutta franchezza) che ha dato in Thor, con tutto che Thor mi è piaciuto. Molto più vicina a The Black Swan, per calibro e spessore. Stephen Rea Il poliziotto buono. Ha un ruolo importante perché rappresenta l’errore in buona fede, che può portare alla conversione alla giusta causa, una volta meglio indirizzato. Probabilmente il secondo monologo più famoso di tutto il film è affidato a lui, e sto parlando di questo. John Hurt Il cattivissimo. È un simbolo: e rappresenta tutto il male della politica. È il dittatore, mediatico, economico, politico. È un simbolo della corruzione, del pericolo che corriamo, è un’esemplificazione. Effettivamente tutto il film può essere ritenuto un exempla. E lui fa un lavoro veramente, veramente grande. Stephen Fry No, dico. Devo anche commentare? Quest’uomo accende il mio animo di fangirl, quindi se il mio commento qui sotto comincia pericolosamente a somigliare a qualcosa come KGHCERISKGHKCSECGLESVBGLSE declino fin d’ora ogni responsabilità. Potevo scegliere un’immagine migliore e più grande, ma questa aveva sotto la frase, e mi ha uccisa di angst. Rupert Graves Ultimo – e ahimè, la mia onestà intellettuale mi costringe ad ammetterlo, per importanza – c’è il mio piccolo amore mio ♥ Piccolo si fa per dire, dal momento che il giUovincello qui è dello stesso anno di mia madre il che non sminuisce neanche di poco la mia voglia di fargli cose impronunciabili. E d’altra parte uno che riesce ad attivare la produzione di progesterone persino con quell’improbabile riga di lato, è uno che merita a prescindere. Ciò detto, cucciolo lui, il suo ruolo è di un’inutilità imbarazzante. Vengo e mi spiego: è l’aiutante/facchino/tuttofare/scopino del poliziotto buono, e la sua funzione narrativa consiste pressoché esclusivamente nell’annuire con espressioni di varia gradazione alle considerazioni del suo capo. In pratica ha il ruolo – peraltro dichiarato in una scena LOL – di far parlare ad alta voce il poliziotto buono, di modo che le sue intuizioni non restino confinate nelle anguste pareti della sua scatola cranica. Per il resto potrebbe essere anche un piede del letto, un porta penne o un ferma carte, per la sua importanza nello svolgimento della trama, bimbolo mio ma non per questo io lo amo meno. [CONSIDERAZIONI GENERALI] ovvero le mie personalissime opinioni personali, basate sul nulla più insensato. LOL. Questo deve essere uno dei pochi film – no, sul serio, si contano sulla punta della mano – con Rupert Graves dentro che non ho visto perché con Rupert Graves dentro. Anzi, a dirla tutta non ne avevo la più pallida idea, finché non è entrato in scena. Quindi vi prego di non prendere il mio atteggiamento entusiastico nei confronti di questa perla come fangirling AWAEGGIANTE. È un film meraviglioso, nonché assolutamente da vedere. Tra l’altro, conosco veramente pochi film capaci di coniugare filosofia, filosofia, filosofia e citazioni colte che neanche in una conversazione tra Dante e Geoffrey Chauser (e ancora filosofia), con tanto action movie e botte botte botte. In pratica ti fa riflettere senza annoiarti, e crepa un sacco di gente (il che spiega perché il successo è soprattutto maschile, anche se c’è un numero di spettatrici di tutto rispetto, paragonate ad altri film dello stesso genere). In effetti, il filosofeggiare è il tema portante: alla capraggine degli scaricatoridiporto/poliziottidelladomenica/aggressoridievey si contrappone da subito la musica classica di V. Alla bruta scienza al servizio delle case farmaceutiche aka il male si contrappongono le montagne di libri per cui io venderei un rene che vediamo al risveglio di Evey nel quartier generale di V. La condanna a morte di Fry viene siglata definitivamente dal fatto di possedere una copia del Corano – senza essere musulmano, tra le altre cose. Insomma: la cultura per la cultura, fine a se stessa come mezzo per elevarsi. E quindi la cultura come primo nemico di uno stato totalitario, il sapere al servizio della libertà, e primo bersaglio di un dittatore. Non solo, ma viene reiterata fino alla nausea e a prova di deficiente che il messaggio finale è: le idee che sopravvivono agli uomini (ma non per questo gli uomini vanno dimenticati). Per cui non a caso noi non vediamo il volto di V. E non ne conosciamo il nome. Perché – con le sue parole – lui non è quel volto più di quanto non sia i muscoli che lo compongono. Ne consegue: noi siamo le nostre idee, non il nostro aspetto. E ancora: un’idea non ha volto. Allargando: lui è tutti noi, tutti noi siamo lui. Lo dice pressoché esplicitamente, nella scena finale – che regala il suo piccolo momento di commozione – in cui sotto le innumerevoli maschere ci sono i volti, tra gli altri, di tutte le vittime innocenti. La vendetta, dunque, che attraverso un’intricata evoluzione psicologica diventa giustizia. Non a caso il paragone con Edmond Dantes: un uomo che si è lasciato sopraffare dal desiderio di vendetta e dalla rabbia. V è quell’uomo, lo è per tutto il film. Ma evolve anche lui, e anche lui capisce. Ed è inevitabilmente di questo che si tratta, in fondo: di un film d’evoluzione. Evolve Evey, il poliziotto buono, V stesso. Nulla è come prima, ed è proprio questo il punto: il film inizia con una fine, e da una fine inizia tutto. REGIA 7,5 Un signorissimo lavoro, che non fa dubitare della sobrietà del produttore al momento della scelta del regista. Non si può dire di tutti i film, ahimè. SCENEGGIATURA 10/10 pochi WTF qua e là, e sono una che si fregia di trovarne continuamente. Tra l’altro ho il fumetto da un po’, ma lo devo ancora leggere (tesi, maledetta tesi) quindi non posso fare un discorso di coerenza. Ma queste sono stronzate che impallidiscono al confronto di un testo talmente solido dal punto di vista intellettuale che boh, piangi disperatamente maledicendo il destino avverso che porta a non avere tutti film di questo spessore. FOTOGRAFIA E MONTAGGIO 9/10 E ci mancherebbe altro, in un film tratto da un fumetto. Qualche esagerazione qua e là, amen. Sembra che tutto sia consentito quando si prende qualcosa da una graphic novel. E in effetti, o le fai in quel frangente cose del genere, o non le fai mai. CAST 10/10 e lode. La MMeravigliaH. Weaving e la Portman semplicemente grandiosi, un corpus di personaggi secondari – peraltro numerosissimi – da fare invidia ai protagonisti, e un cattivo cattivo cattivo che ♥ cosa vuoi di più dalla vita? L’elemento ha passato la censura: Liutprando ha letto e approvato questo elemento.