Magazine Diario personale

Filologia del Marròfolo

Creato il 28 febbraio 2016 da Zioscriba
"Il blu si è nascosto dietro la pera"
«Dov’è andata quella signora?»«Quale signora?»«Quella senza barba».
Lo confesso: a volte invidio un po’ quei divertenti e teneri post di mamme e papà che parlano dei simpatici strafalcioni linguistici dei loro figli piccoli. Chissà cosa potrebbe uscire dalla bocca dei pargoli di uno scrittore matòc come me, mi dico a volte. (Altro che quell’insulso “petaloso” che sta rimbalzando un po’ stucchevolmente tra sorcial network e Accademia della Crusca, con gente che ci si appassiona pure, fingendo di non capire che invenzioni così dai bambini ne provengono a migliaia, e che la sola differenza, lì, è stata l’esagerata intraprendenza di una maestra, assurdamente amplificata, poi, nientemeno che dallo sceriffo di Renzingham, vero radar vivente per la banalità moderna - e dico questo chiedendo scusa al bambino, che è, come sempre, l'unico innocente.)Tranquilli: non ho nessuna intenzione di RAMMOGLIRMI.Però, essendo Zio non solo di nome d’arte ma anche di fatto, voglio proporvi qualche stralcio di quando la mia prima nipotina era molto piccola. Non vado solo a memoria: ho ritrovato un prezioso file in cui ne segnavo alcuni (anche se poi la maggior parte sono presenti e indelebili dentro il mio cuore).
Alice è stata una delle poche bambine ad avere, fra i tanti nomignoli e soprannomi che sempre si appioppano agli infanti, una parola inventata da lei. Quella parola è Marròfolo. Scaturì da uno dei suoi tanti disegni. Aveva disegnato degli strani piccoli cosi, non si capiva se animati o no.“Sono dei marròfoli”, aveva spiegato. “Quelli che camminano… animaletti che vivono nei cespugli e che si mangiano”.Forse aveva fatto confusione fra i Ricci (che però nun se magnano) e gli altri ricci, quelli delle castagne: quei “marròfoli” somigliavano tanto a dei marron glacées, che aveva assaggiato giusto la sera prima… E così, oltre a Passerotto, Frugolo, Frugolpassero ecc, lei per me divenne anche “Marròfolo”. Quando, dopo la morte della nonna, il martedì sera veniva a cenare da noi e a guardare Pippi Calzelunghe, per stare con me e col nonno e per continuare a sentirsi “di casa” nella casa in cui era di fatto cresciuta (e facendo in bicicletta i pochi metri che allora separavano la sua abitazione dalla nostra, perché questo la faceva sentire una persona grande che va “a trovare” qualcuno) quella del martedì divenne ufficialmente “la serata Marròfolo”.

Filologia del Marròfolo

Un marrofoletto, fiore tra i fiori


Altra sua particolarità, fu il cominciare a imparare le parole sempre dal fondo. Io, per esempio, passato l’infantilissimo periodo in cui fui “Dada”, divenni dapprima “Ola”. Dopodiché “Cola”. In seguito, per un breve momento di passaggio, perfino “Icòla”. E poi finalmente “Nicola”.
Una volta, dopo che ebbe chiesto il motivo di certe macchie sulla pelle delle mani della nonna, e dopo che le fu spiegato che quelle macchie venivano alle persone anziane, disegnò una balena tutta maculata, con colori simili a quelli di un leopardo. A domanda rispose che si trattava, ovviamente, di “una balena anziana”.Accanto a lei, un delizioso pesciolino di un giallo sgargiante. Disse che era “un pesce limone”.
Ma dicevamo della invenzioni linguistiche. Eccone alcune:
La barcalena (una sorta di nave spaziale costruita col lego, forse una fusione della parola “barca” e della parola “altalena”).
Il funestiere, o fonestiero, “che suona il piffero per far scappare i topi” (forse la fiaba del pifferaio magico un po’ modificata, per non dire capovolta), capace di unire le suggestioni di “fono”, “funesto” e “forestiero”.
Il gerinòfolo (uomo in costume folkloristico visto sul giornale)
Altri animaletti (che lei chiamava “gli aimaletti”) saltati fuori disegnando:
Un altro marròfolo?No, questo è un dentipacchio che cammina piano.E quest’altro?Questo è un cerròfano, perché ha le gambe più corte.E quello sulla lavagnetta in cucina?Ho disegnato un corn flecco con cinque gambe.
Altre cose sparse:
Mi ha morsicata un cervello di muscolo.
Il coniglietto crocchia la carotina.
Ho sognato un mostro che mi mangiava di traverso… aiuto!… e poi un cacciatore brutto tagliava la pancia del fantasma
Gianni è nato in gennaio febbraio
Un bambino piccolo, appena nato. Appenanatissimo.
Guardo il cartone che mi ha imprestato Broccobaster.
La magnonese e i gurstel.
Questo si chiama il “simiciotto”: quando tutti i mostri vanno sotto le coperte e si sente il solletico.
Gli elefanti vivono nei negretti.
Ho sentito un cinghiale sul tetto.
Gli appendini [parapendii]
La rorecchia, la lorecchia

Filologia del Marròfolo

Momenti felici con la nonna Lidia


E le parolacce? Quanto ci inteneriscono le prime parolacce dei bambini? Alice era una bimba molto fine, non ne aveva mai detta mezza se non per sbaglio (una volta mi uscì di bocca l’imprecazione scherzosa “Perdindirindina Poffarbacco Cristo!”, ma lei la rielaborò al volo in un più innocuo “Dindibacco”). Quindi immaginare la scompisciosa sorpresa quando, un pomeriggio dopo i primissimi giorni all’asilo (guarda caso) nel giocare a palla con me nel nostro praticello si bloccò, rimase un po’ pensierosa, e poi, a tradimento, con una luce monella negli occhi, prese a inseguirmi dicendo: “Te la caccio in culo!”  
Qualcosa di più poetico (dalla prima favoletta inventata da lei, per ricambiare le mie "Storie di Gianni", le sue preferite):“Il blu si è nascosto dietro la pera”
Da piccolissima, in gelateria: “Vuiiiii…[voglio] fragolina e… gusto tonno!”
A due anni e mezzo, in un paese vicino, volle a tutti i costi entrare a messa trascinandovi i genitori, salvo poi annoiarsi e tirare un pupazzetto addosso a un tizio, mancandolo d’un soffio.Che si stesse già manifestando l’anticlericalismo… dello zio?
Dimenticavo: ti voglio bene, Marròfolo!

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