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Da Scorretoblog
Fra un default e l’altro, una finanziaria contestata ed una ennesima richiesta di dimissioni del premier i media ed i politici italioti hanno trascurato di darvi un paio di info di poco conto: stavolta semplicemente si tratta di una possibile rivoluzione per l’economia italiana. Probabilmente non ve ne frega un cazzo, tanto ora è agosto e si va tutti al mare, ma, magari...potrebbe interessarvi se lo stato italiano decidesse di trattenervi dallo stipendio il 60% dei soldi per cui tanto avete sudato? Per cui avete dovuto sgobbare?
Quanto segue è una storia di pura fantasia.
Dalle parti di Bruxelles il 15 marzo s’è deciso di rendere operativi un paio di numerini previsti dal Trattato di Maastricht che dal 1992 al 15 marzo erano sempre strati trascurati:
- (Il Sole 24 Ore) – Bruxelles, 15 mar – Per la prima volta viene reso operativo il parametro del debito pubblico che mai finora ha fatto scattare una procedura per deficit eccessivo. In futuro (la norma del debito entrerà in vigore tre anni dopo la fine delle procedure in corso per deficit eccessivo) un paese potrà essere posto sotto stretta sorveglianza europea se il debito/pil non scende a un ritmo soddisfacente verso il 60% e questo anche se il deficit pubblico e’ inferiore al 3%. –
Magari questo inciso vi sembra insignificante, ma permettetemi un piccolo flashback:
Correva l’anno 1980, la DC dominava la scena e due illustri politici quali Cossiga e Forlanistavano per fottersi l’italia con grande finezza. Infatti dal dopoguerra all’80-81, in italia, il tasso di crescita reale (ovvero il pil nazionale dell’anno in corso rispetto a quello dell’anno precedente) è sempre stato maggiore del tasso di crescita del debito pubblico, per cui l’applicazione di politiche in disavanzo (ossia di gestione del saldo negativo fra le entrate e le uscite dello stato) potevano sostenere il debito pubblico.
Ma dal 1980 in poi la situazione si è invertita (il costo del debito diviene maggiore della crescita del pil), e il governo avrebbe dovuto applicare all'istante tagli e tagli e tagli sulle uscite ingiustificate della spesa pubblica, creando un avanzo primario (saldo positivo fra entrate e spese pubbliche).
Nulla, invece, è stato fatto sino (in maniera ridicola) al ’92 (ovvero 12 anni dopo) e ad ora, nel 2011 (ovvero 31 anni dopo).
Ciò semplicemente si è tradotto in questo:
Dall’80 ad oggi il debito italiano è passato dal 60% al 120%, ed è quantificabile in 970 miliardi.
Ma torniamo al 15 marzo… A Bruxelles han deciso di rendere operativi i parametri dal 2015, permettendo peraltro di ottenere tali obbiettivi di riduzione del debito pubblico-pil in un ventennio a “ritmo soddisfacente”.
La rivoluzione economica che ci sta per investire dunque è abbastanza evidente: far scendere il rapporto debito pubblico-pil del 60% (dal 120% attuale al 60% richiesto) in 20 anni.
Ma come raggiungere tale obbiettivo? È qui il bello e l’aspetto più preoccupante: secondo gli analisti, infatti, da qui a 20 anni, saranno necessari circa 550 miliardi di euro complessivi per raggiungere una percentuale debito/pil del 70% (anziché del 60% richiesto, che comunque sarebbe un risultato fenomenale).
Gli scenari ipotetici che si presentano a soluzione del dilemma sono numerosi: -far finta di niente -dichiarare in mondo visione: “quale debito???” (con stupore, però) -ammettere che su, abbiam fatto una bischerata, cancelliamo tutto e ripartiamo da zero, e chi s’è visto s’è visto
Oppure…
Oppure, in questa storia, la soluzione più appetibile al dilemma è rappresentata dall’azione congiunta di grossi tagli alla spesa pubblica e aumento prepotente delle entrate. Ma, dunque, come si taglia la spesa pubblica e si aumentano le entrate? Ma è semplice: risparmiando sullo stato sociale ed aumentando le tasse! È sufficiente una riduzione della spesa pubblica in rapporto al pil del 25% (dato impensabile) ed una pressione fiscale attorno al 50% (dato pensabile purtroppo, attualmente è al 43% reale 52%).
Inutile dire come poi l’azione congiunta di tagli al welfare e aumento della pressione fiscale portino ad una pressione reale ben superiore: un conto è guadagnare 100 e trovarsene in tasca 60, un conto è guadagnare 100 e trovarsene in tasca 50 e doverne spendere poi, ad esempio, 10 per un paio di visite in ospedale che prima venivano pagate dallo stato (per mezzo delle tue tasse).
Ma, poiché una storia senza lieto fine non sussiste, ecco il gran finale: le prossime finanziare, che dovranno fare i conti con i limiti imposti il 15 marzo (preventivati nel trattato di Maastricht vent’anni fa e mai imposti), andranno a colpire quasi esclusivamente le ricchezze ed i risparmi privati (finanziarie patrimoniali, tipo quella attuale): entro il 2015 molto probabilmente verrà introdotta una qualsiasi tassa patrimoniale che però non andrà a riscuotere una tantum, ma sarà ricorrente. O magari più d’una, perché no?
In fondo, se ricordate, nel '92 hanno soltanto prelevato forzatamente il sei per mille dai conti correnti bancari italiani e varato una finanziaria denominata “lacrime e sangue” che, mi pare, abbia brillantemente risolto ogni problema economico italiano. (vedi grafico sopra dal 92 in poi)
E, dulcis in fundo, tutto ciò potrebbe (potrebbe?!) funzionare, solo e soltanto, a patto che vi sia una crescita media del pil del 1%, altrimenti comunque il sistema, divenuto insostenibile, crollerebbe su se stesso. E senza nemmeno il bisogno che lupo Ezechiele si metta a soffiare.

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