Magazine Diario personale

Cosa farò da grande

Da Mizaar

Cosa_fare_da_grande1Nel pomeriggio una collega, docente nella scuola pubblica come me, ha veicolato uno di quei messaggi terroristici che girano, solitamente, tramite gli abituali canali di comunicazione di mo’ – cose che voi umani eccetera eccetera. In sintesi il riferimento era la riforma della scuola prossima ventura e l’assunto era quello che, nel prossimo triennio, si finisce tutti in una sorta di calderone provinciale da dove il dirigente scolastico di turno attingerà per comporre il team dei docenti della scuola, una accozzaglia di persone messe insieme per presunti inciuci con lo chef/dirigente. Ho immaginato uno scenario apocalittico: il primo settembre il boss, solo come un disgraziato in una landa sconfinata, si siede al tavolo della dirigenza – senza neppure il conforto del vice capo e dei collaboratori di dirigenza – e comincia a scorrere le graduatorie provinciali per scegliere l’organico che comporrà la sua “ squadra “, nella vana speranza di ricordare le persone che si celano dietro ai nomi in elenco. E, come nelle raccolte di figurine, ci saranno “ campi “ specifici da riempire, dodici docenti di italiano, otto docenti di matematica, quindici di sostegno e via enumerando e il boss che, in un delirio pericoloso di onnipotenza ormai parla da sé solo: Ce l’ho, ce l’ho, ce l’ho… mi manca, questo è un doppione e lo scambio con quello della Baldassarre, poi gli telefono. Ti sembra possibile? mi sono detta. Sicché ho scaricato il testo del DDL e ho cominciato a leggerlo. In effetti si parla di piani triennali di programmazione scolastica, si parla di promozione culturale e umana dei discenti, si parla di graduatorie provinciali dalle quali il dirigente dovrà attingere le ulteriori risorse umane – leggasi i vecchi supplenti annuali, da quello che ho capito – per “ riempire “ i campi nell’album delle figurine che, al completo, farà la sua bella figura sul tavolo del boss. Quindi niente di nuovo sul fronte occidentale. La cosa che non ho assolutamente capito è sulla base di quali criteri il dirigente sceglierà il personale “ integrativo “. Conoscenza diretta? Curriculum? Colloquio face to face? Inciucio? I presidi andranno a Milanello per la scuola mercato? E i docenti “ scarto “ che fine faranno? Andranno in trasferta? Giocheranno nelle squadre “ Primavera “, anche se hanno ormai un’età non più verde? – l’età dei precari della scuola in Italia si attesta intorno ai quaranta in crescendo. Andranno a sostituire i collaboratori nella pulizia delle aule? – che ce n’è di bisogno, vi assicuro! Insomma andrebbe fatta un po’ di chiarezza, visto che la fumosità è una forma di comunicazione congeniale a questo governo. Ritornando alla possibilità che tutti si diventi un minestrone Findus nella pancia capiente della scuola pubblica, mi sono fatta due conti “ alla femminile “. Sulla base dell’esperienza maturata e degli incarichi sostenuti negli ultimi anni, mettiamo in conto che venga pescata come personale docente dal boss di turno. Quindi svolgo la mia abituale professione di docente di sostegno. Per tre anni. Poi, magari, superati i sessanta nessun preside crederà più alle mie capacità connettive e di insegnamento quindi, se tutto va bene, andrò ad insegnare in una remota scuola di campagna, lontanissima da casa. Sicché ogni mattina prenderò un trenino scarrupatissimo dove, nel vano tentativo di stare seduta per tutta la durata del viaggio, contenderò il posto a ragazzacci maleducati indisponibili a cedere lo strapuntino di legno ad un’anziana signora e professoressa. Gli ultimi tre anni prima della pensione, mi vedranno chiedere la carità per qualche ora di supplenza davanti ad una qualsiasi scuola della provincia, tra la ressa degli alunni in entrata e in uscita, gli spintoni e gli sguardi sprezzanti dei colleghi più fortunati, quelli che il dirigente ha eletto a far parte della squadra alla destra del Padre. Renzi mi senti? Vergognati la faccia almeno un po’, ridurre così fior di insegnanti! E poi ci hai mai pensato? Metti che tua figlia da grande vuol fare la ’soressa? E so’ cavoletti di Bruxelles, credimi, proprio!


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