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«Quella sporca vicenda amianto»
Eravamo agli inizi degli anni Settanta, allorquando il Dott. Vincenzo Montenegro, fondatore del Movimento dei Finanzieri Democratici ed allora dipendente della Guardia di Finanza, si fece intervistare di spalle dalla sede di un sindacato confederale, per il timore di ritorsioni (pratiche disciplinari, trasferimenti indesiderati ed altro) da parte delle gerarchie militari. Da allora, a quanto pare, non è cambiato proprio nulla, siamo nel 2015 ed un elicotterista viene intervistato, nell’ambito della trasmissione televisiva Report, non solo di spalle ma con un cappuccio in testa e con la voce volutamente distorta per impedire il riconoscimento della persona.
La vicenda amianto ha assunto, nell’arco degli ultimi decenni, dei connotati molto insoliti, gravi ed indecifrabili, c’è poca chiarezza e trasparenza, tant’è che più di qualcuno l’ha definita «quella sporca vicenda amianto». Se fosse scoppiata una epidemia di ebola o di qualunque altra malattia infettiva all’interno di una caserma – ipotizziamo – questa sarebbe stata sicuramente isolata ed il Comando della Guardia di Finanza unitamente all’Azienda Sanitaria si sarebbero immediatamente adoperati, prodigati, per inviare medici ed esperti, per curare e bonificare; un po’ come si dice accadde a Napoli, nella prima parte degli anni Settanta, all’epoca del colera, e solo per un caso sospetto. Come mai tutto questo non è tempestivamente successo con l’amianto? Come mai sull’argomento è calata una cortina di silenzio? Perché i finanzieri non sono stati resi edotti dei pericoli che correvano, ancora prima dell’esposizione?
Se analizziamo attentamente il comportamento – che noi comprendiamo – posto in essere dal sottufficiale incappucciato, notiamo che egli ha il timore di essere identificato non perché abbia commesso dei reati oppure abbia qualcosa da nascondere, il paradosso è che il dipendente della Guardia di Finanza ha avuto paura di dire la verità, ha temuto di essere punito per aver detto la sacrosanta verità. Questo è l’aspetto grave che emerge da questa brutta storia e sul quale la magistratura dovrebbe indagare a fondo: perché i dipendenti della Guardia di Finanza, un Corpo armato dello Stato, temono che i superiori in grado, le alte gerarchie del Corpo, possano risentirsi perché un proprio dipendente abbia detto la verità? In uno Stato normale ed in un Corpo dove nessuno ha nulla da nascondere quel finanziere verrebbe premiato per essersi accorto di un qualcosa che altri non avevano visto o non sapevano. Eppure, quando scoppiò – negli anni Novanta – lo scandalo della Tangentopoli milanese, che vide coinvolto l’allora generale Cerciello, pare – ma speriamo che così non sia – che qualcuno abbia additato il brigadiere che denunciò quello stato di cose con l’appellativo di “spione”. E’ una paura immotivata quella del sottufficiale elicotterista oppure, ancora oggi, ci potrebbe essere qualcuno all’interno o all’esterno del Corpo che potrebbe definire “spione” chi fa solo il proprio dovere? Noi vogliamo sperare che si sia trattato di un eccesso di prudenza da parte dell’elicotterista e del regista della trasmissione Report, altrimenti dovremmo pensare: che clima c’è all’interno della Guardia di Finanza? Un clima di paura, di terrore?
Lorenzo Lorusso – Finanzieri Democratici
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