In Grecia si sta consumando lo stesso schema che sta coinvolgendo (o meglio...che sta travolgendo) anche l'Italia.
Solo che ad Atene e dintorni sono più avanti nel programma della Troika...
Inoltre l'intensità della spremitura è maggiore e con effetti assai più devastanti, visto che la Grecia non è l'Italia nè come ricchezza accumulata nè come forza industriale...
Dunque noi abbiamo più succo da spremere e ci vorrà più tempo.....
E mentre i Mercati si divertono al rialzo sulla Grecia "virtuale"
ovvero sugli assets finanziari ellenici....
intanto nella Grecia Reale continua la SPREMITURA
La Troika torna ad Atene e chiede nuovi tagliInsomma...greek way per tutti i PIIGS
anche e soprattutto per l'Italia...
Intanto andiamo a leggerci questa preziosa analisi...........
.
visto che ormai in giro di analisi così se ne trovano ben poche...
La VERSIONE UNICA delle Istituzioni&dei Mass-media-a-libro-paga ormai dilaga sempre di più....
Un altro "terremoto" per l’Europa (e l'Italia)
martedì 4 giugno 2013
Per quanto potrà durare ancora il Qe della Bce?
Sì, avete letto bene, il programma di stimolo mascherato dell’Eurotower.
Perché se anche Francoforte non opera apertamente come la Fed, la Bank of Japan o la Bank of England, l’Europa ha il suo quantitative easing in atto e non da oggi.
Non potendo per statuto prestare denaro direttamente ai paesi membri, la Bce si è semplicemente fatta furba e ha bypassato la questione attraverso un tacito accordo di silenzio-assenso.
Le banche spagnole, ad esempio, hanno ottenuto 150 miliardi di euro dalla Bce, attraverso un processo che vede lo Stato garantire il debito degli istituti e le loro cartolarizzazioni, le quali vengono presentate alla Bce come collaterale per ottenere denaro.
E cosa ci fanno le banche con quel denaro: mettono a posto il bilancio?
No, comprano debito pubblico spagnolo, così lo spread cala e nessuno rompe l’anima a Draghi affinché agisca sul mercato secondario: un incesto senza precedenti.
Ed è proprio di due giorni fa la notizia che gli istituti di credito iberici hanno aumentato del 10% le loro detenzioni di debito pubblico governativo nei primi tre mesi di quest’anno, passando da 200 miliardi agli oltre 225 di fine marzo, il 40% del totale.
E per Justin Knight, capo del reddito fisso europeo a Ubs, la scelta non sarebbe dettata da una “manina” politica, bensì da ragioni economiche, ovvero le banche spagnole - le quali come quelle italiane non hanno ancora ripagato pressoché nulla delle due aste Ltro della Bce - ritengono un buon investimento comprare debito iberico, soprattutto a lungo termine, per usufruire ancora del carry trade sui tassi d’interesse.
Insomma, non sono costrette, sono proprio pazze di loro.
E in Grecia cosa è successo?
La stessa cosa.
Non solo l’Ue non conta le liabilities contingenti nel ratio debito/Pil nazionale, ovvero non vengono contabilizzate le garanzie statali sul debito delle banche per le loro continue emissioni obbligazionarie di carta igienica, ma nemmeno il denaro ottenuto dopo che quei titoli sono stati postati presso la Bce come collaterale per ottenere denaro, in operazioni di finanziamento normali o tramite l’Ela.
E gli altri?
Uguale identico.
Quando Dexia è finita nei guai, Belgio, Francia e Lussemburgo hanno salvato la banca prestandole dei soldi.
Pensate che nei bilanci degli Stati quel denaro sia stato contabilizzato come prestito?
No, come investimento, garantendo quindi un aumento degli assets statali e non un aumento del debito pubblico, quindi della ratio debito/Pil.
Scusate, ma, seppur mascherato, questo non è un programma di stimolo, non è un Qe in piena regola?
Tanto più che oggi la Bce detiene l’80% dei suoi assets a valore facciale e con lo status “risk free”, ovvero esente da rischio di credito.
Peccato che così facendo le banche ottengano soldi al tasso “risk free” del 100% del prestito, anche se hanno postato come collaterale qualsiasi cosa, anche il menù di una gyreria di Atene e che ora quell’immondizia stia nel bilancio della Bce a valore facciale e non di mercato.
Oltretutto, contabilizzata come “risk free”.
Questi sono dei pazzi senza redenzione.
Solo che il meccanismo si sta interrompendo, nel mondo opaco del finanziamento repo ci sono già oggi necessità di collaterale eligibile e di qualità per 11 triliardi di dollari e i nuovi prestiti della Bce serviranno solo a pagare quelli vecchi, un enorme schema Ponzi che non serve assolutamente a nulla a livello di crescita.
Serve solo a mantenere in vita un sistema bancario marcio ed esorbitante.
Direte voi, le banche vanno salvate.
Benissimo, allora mi spiegate la schizofrenia da ricovero immediato dell’ultima pensata dell’Unione europea?
La quale starebbe pensando di fatto di vietare alle banche e ai brokers di utilizzare gli assets dei loro clienti come collaterale per le proprie operazioni di trading.
Il draft è datato 15 maggio, è stato visionato da Bloomberg e nelle intenzioni dei regolatori ci sarebbe la volontà di migliorare la stabilità del mercato e arginare il sistema bancario ombra.
Benissimo in linea di principio, sacrosanto, ma farlo ora, nelle condizioni attuali, significa disintegrare tutto: da un lato si fa il gioco delle tre carte per dare soldi alle banche accettando come collaterale le carte delle caramelle e dall’altro si vietano, di fatto, le operazioni repo.
È come regalare la bicicletta a tuo figlio e poi togliergli le ruote!
La Commissione europea, invece, vuole intervenire e subito: banche e broker dovranno avere il consenso formale e scritto del cliente affinché i suoi assets possano essere usati come collaterale in altre operazioni, un accordo contrattuale in piena regola.
E secondo voi, oggi come oggi, chi darebbe l’ok a quel consenso? Esatto, solo un pazzo o qualcuno talmente con l’acqua alla gola da non avere alternativa.
Certo, il mercato repo nel sistema bancario ombra è un enorme e rischioso casinò tutto basato sull’equilibrio di controparte, visto che se chi detiene la security in quel momento va in bancarotta salta tutta la catena.
E infatti la Commissione scrive che «l’incertezza su chi detiene un asset può innescare il panico in tempi di mercato sotto stress».
Di più, «le complesse catene di collaterale possono rendere difficile per chi investe identificare chi detiene cosa, dove è concentrato il rischio e chi è esposto allo stesso. Questo ha conseguenze sulla trasparenza e la stabilità finanziaria».
Bene, il Financial Stability Board ci dice che il sistema bancario ombra a livello globale pesa per qualcosa come 67 triliardi di dollari, 31 dei quali relativi ad attività europee.
Se però la Commissione Ue è così folle da far evaporare con il suo provvedimento la fiducia nel sistema finanziario, la catena del collaterale crolla da sola, non ha bisogno di alcun evento di credito.
Quindi, chi presta soldi a pioggia alle banche accettando biglietti del tram (usati) come collaterale, ora sta di fatto creando le condizioni affinché il mercato imponga una marginazione più alta e una più alta richiesta di collaterale.
Quale, se collaterale buono non ce né più e la prima a saperlo è la Bce stessa?
Insomma, forse sarà la stessa Commissione europea a schiacciare il tasto del detonatore.
D’altronde, certa schizofrenia non dovrebbe più destare stupore in questa Europa di matti.
Ricordate i controlli sui capitali imposti dalla Banca centrale di Nicosia, ancora oggi in vigore dopo oltre due mesi (dovevano durare un paio di settimane), dopo il furto con destrezza dai conti correnti per salvare le banche del Paese?
Bene, non sono serviti a nulla!
Lo dimostra questo grafico, basato su dati resi noti proprio la scorsa settimana dalla Banca centrale di Cipro.
Nel mese di marzo sono spariti dai conti degli istituti ciprioti 3,8 miliardi di euro, mentre in aprile siamo a quota 6,4 miliardi, 10% dell’intera base del deposito bancario in un solo mese.
E cosa ci dice chiaramente ancora questo grafico?
Basandoci sui colori: i cittadini ciprioti hanno fatto sparire 3 miliardi di euro, i depositari europei (leggi francesi e tedeschi) circa 300 milioni e quelli non residenti nell’eurozona, ovvero gli oligarchi russi che la Merkel pensava di aver fregato, qualcosa come 3,1 miliardi di euro, in un botto il 16% del totale del denaro russo sull’isola.
Quindi, o Cipro mette in campo dei controlli che funzionino davvero o a questo ritmo in meno di un anno l’intera base di deposito delle sue banche sarà prosciugata.
Quindi, fallimenti o nuovi salvataggi.
E con quali soldi, se l’Ue già al primo giro ha imposto i prelievi forzosi per non pagare l’intero ammontare?
Certo, con i depositi a quasi zero, nemmeno un prelievo del 100% salverà Cipro dal default totale e dall’uscita dall’eurozona.
Forse ora trova una risposta il quarto mese di fila di acquisti di oro fisico da parte della Banca centrale greca (con soldi Ue, ovvero nostri, straordinario!): visto che già la Bce ha imposto a Cipro di vendere riserve auree per 400 milioni per ripagare gli interessi sui finanziamenti d’emergenza Ela, Atene potrebbe cercare di andare in soccorso dell’isola protetta e garantirle ancora qualche mese di vita nell’eurozona.
Anche perché, se uscirà dalla moneta unica, temo che Nicosia finirà sotto influenza russa (magari gli oligarchi sono stati facilitati nello svuotare i loro depositi, in cambio di garanzie da Mosca sul futuro), vista anche la tensione che sta aumentando nel Mediterraneo a causa della vicenda siriana, con la flotta ex-sovietica che ha attraversato due settimane fa il canale di Suez per la prima volta da decenni.
Dunque, Cipro entro tre mesi dovrà di nuovo battere cassa (alla Russia, stavolta) o sarà finita e la Grecia entro fine anno dovrà ricapitalizzare le sue banche: l’Europa è salva, tranquilli.
P.S. Come la penso sulle varie primavere eterodirette lo sapete dai tempi della Libia e dell’Egitto, quindi non penso vi scandalizzerete se anche la rivolta in atto in Turchia - formalmente per salvare qualche centinaio di alberi nel centro di Istanbul - mi puzza lontano un miglio di argomento da geofinanza.
Fino alla scorsa settimana, la Borsa turca aveva guadagnato il 90% dall’inizio del 2012 e il 19,5% da inizio anno, mentre ieri si è toccato il -17% dai massimi di mercoledì scorso.
In tre giorni di guerriglia, sono stati bruciati i guadagni dei primi cinque mesi dell’anno.
Ieri Istanbul ha chiuso a -10,47%, il peggior calo dal marzo 2003.
E le obbligazioni? Il rendimento del decennale ha preso 71 punti in tre giorni, attestandosi ora al 6,78%.
Ora, sicuramente qualche pazzo in cerca di rendimenti alti in cui collocare la liquidità a pioggia delle banche centrali ci sarà, peccato che tra i principali acquirenti netti di assets turchi (insieme a quelli messicani e brasiliani) ci fossero gli investitori giapponesi, in fuga dal Nikkei ma anche dai bond sovrani nipponici.
Sarà un caso che proprio ora in Turchia si rendano conto che Erdogan non è esattamente un campione dei diritti e delle libertà, usando come alibi l’abbattimento di qualche albero?
Oppure destabilizzare una delle economie più vitali del pianeta e con essa il piano giapponese di stimolo, sgradito al dollaro, è strumentale a qualche interesse?
Mauro Bottarelli
.
CLICCA SULL'ICONA DELLA MOSCA TZE-TZE E VOTA PER QUESTO POST!
.
Se trovate questo post interessante, siete invitati a condividerlo con i tasti "social" (Facebook, Twitter etc) che trovate subito dopo la fine del testo.
Sostieni l'informazione indipendente e di qualità