Per gli ultimi otto anni, e fino a pochi mesi fa, questo blog è stato la valvola di sfogo della mia grafomania inarrestabile, del bisogno di mettere nero su bianco i miei pensieri pubblicabili e, contestualmente, di fare costante esercizio di scrittura, perché l’uso delle parole va praticato con la stessa regolarità che gli sportivi dedicano all’allenamento dei muscoli.
Poi, d’improvviso, sono comparsi i crampi alla tastiera, ho iniziato ad avvertire l’atrofia davanti al foglio bianco, e una pigrizia crescente che mi faceva pensare a me stesso come a un atleta dilettante mai arrivato a nessun traguardo se non a quello della sopraggiunta ora di appendere le scarpe al chiodo.
Rispetto a quel 2005 in cui decisi di aprire il blog, e trovai in esso un territorio di inesauribile fertilità creativa, il web ha subito trasformazioni impercettibili ma stravolgenti, cambiamenti evolutivi che l’hanno portato ad essere ambiente diversissimo rispetto a quello in cui il mio blog aveva trovato un habitat naturale.
Non sono una di quelle persone che riescono a concentrarsi meglio in mezzo al disordine, al rumore assordante, al vociare generalizzato. Mi è più congeniale il silenzio, il tempo lungo, la decantazione dei pensieri. E tutto questo su Internet, è diventato impossibile, anacronistico, fuori contesto. Nessuna valutazione di merito, nessuna nostalgia per una stagione ormai giunta alla fine; solo la constatazione di essere rimasto semplicemente me stesso in un contesto che, invece, mi si è trasformato attorno. Continuo a pretendere di ascoltare nelle mie cuffiette da walkman la musica di John Coltrane seduto al tavolo di un vecchio jazz club che però, nel frattempo, è stato convertito in una megadiscoteca. E, per quanto il viaggio su “Blue Train” resti un’esperienza che vale la pena di per sé, anche immersi in una folla sudata che sta ballando Avicii, non posso fare a meno di sentirmi solo, dedito ad attività prive di senso e, a dirla, tutta pure un po’ sfigato.
Se visito i blog altrui tanto per tentar di risvegliare la voglia e l’ispirazione, mi sembra che, chi più chi meno, siamo tutti nella stessa situazione: fermi immobili a metà cammino tra la vecchia scrittura di una volta – quella che richiedeva tempo, concentrazione, approfondimento – e l’immediatezza indispensabile al linguaggio attuale. Non siamo scrittori e non siamo guru dei 140 caratteri. Siamo solo blogger. E ho la netta sensazione che tutto ciò, oramai, significhi non essere più qualcosa di interessante.