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Fingerless gloves by Nick Orsini

Creato il 22 dicembre 2013 da Anncleire @anncleire

Fingerless gloves by Nick Orsini

We are choices, just one after another, that eventually land us, ideally, on a weird rung of the middle class.

“Fingerless gloves” è arrivato nelle cose grazie a questa casa editrice che mi ha contattato per recensire il libro. Devo dire che inizialmente ero molto scettica, anche se si trattava di un giovane nuovo autore Nick Orsini e tendo sempre a dare chance a chi appare per la prima volta sulla scena, anche se poi tendo a sedimentarmi su scrittori che conosco e che amo, senza stare troppo a vincolarmi, anzi cercando sempre di sfruttare al meglio le occasioni che mi vengono offerte. Come in questo caso, una lettura molto interessante.

 

Questa notte sarà la più difficile della vita del venticinquenne Anton Duchamp.

Quando il suo migliore amico James Squire viene misteriosamente portato in ospedale, Anton inizia un viaggio lungo una notte che lo porta dal suo appartamento ombroso e pieno del fumo della marijuana alla camera da letto della sua ex ragazza e eventualmente indietro fino alla casa della sua infanzia. Mentre la notte si rivela, così fanno le nuove rivelazioni sull’uso delle droghe leggere di Anton e i suoi fallimenti passati. E mentre la notte del venerdì diventa sabato mattina, scopre la salute in bilico di James. In un universo che sembra averlo lasciato senza una specifica funzione, ad Anton basta una sola notte per rendersi conto che nessuno gli passerà un significato o uno scopo. Questa è una storia su due migliori amici e gli errori che non sappiamo mai che stiamo commettendo. È una storia sul ricordo – che è sempre necessario.

 

Niente in questo libro è dato per scontato e di certo non è una romance. scordatevi occhiatine ammiccanti, attrazione che scoppia come una bomba o sentimenti amorosi. Questa è prima di tutto una storia di amicizia tra Anton Duchamp e James Squire e poi è una confessione, una liberazione, una storia anche di redenzione. Anche se la fine è inaspettata quasi quanto un pugno allo stomaco, pure allo stesso tempo se ne resta incantati e non si riesce a dimenticarla, nel bene o nel male. Ho letto il libro mesi fa e mi rammarico di non aver trovato il tempo di recensirlo prima. Ammetto che uno dei motivi è anche la crudezza della storia che di facile non ha nulla. Il classico volume di quella categoria che ho definito “dealing with shit” e cioè un libro in cui si ha a che fare con problemi che di certo non sono quelli degli equivoci, ma problemi di grande rilevanza sociale. In questo caso, il protagonista e io narrante, Anton Duchamp è un ragazzo che vive in una piccola cittadina di provincia e non ha grandi prospettive né di crescita personale né di superamento della vita che i genitori sembrano aver tracciato per lui. Pur se tenta disperatamente di staccarsi da un certo senso da una vita che non sente sua, ma in cui è nato, pure in un certo qual modo Anton è un perdente, la vittima ideale del suo tempo. Un giovane che cerca in tutti i modi di sfuggire a sé stesso e ai suoi pensieri eppure non fa niente per staccarsene davvero. Anton resta il ragazzino che fuma erba dietro casa, che passa le serate a giocare ai video giochi e che continua a pensare alla sua vecchia fiamma Beth. Non c’è redenzione, non c’è cambiamento, ma una certa staticità che disegna un quadro amaro di tipica sconfitta da provincia. Anton è rimasto a studiare nel college pubblico vicino casa, ha rimediato un lavoro e paga un affitto spropositato per un appartamento che non lo merita pur di non vivere con i genitori. Eppure Anton è lo stesso. James, il suo migliore amico, almeno può dire di essere andato via per il college, ma questo invece che modificare il suo status quo e renderlo in qualche modo diverso dal suo amico, in qualche modo lo riduce ad un fallimento ancora maggiore, perché anche lui rimedia un lavoro da quattro soldi e continua a vivere al piano terra della casa in cui è cresciuto. Orsini disegna una realtà amara e disperata, in cui sono poche le possibilità di scapparne e dove i personaggi sono delle vittime inesistenti di un macabro destino che sembra giocare con loro come tanti pezzi di una scacchiera che non li rende più liberi, ma solo bloccati in un universo atroce e senza speranza. Le scelte che potrebbero salvarli o perlomeno fornire loro un modo per scappare pure sono marginali e scarsamente efficaci, riducendo la loro vita ad un mero passaggio di testimone. E allora ecco che l’unica speranza, o presunta tale è proprio quel senso di famigliarità che arriva dall’amicizia e dal coraggio di Beth, che in qualche modo sembra scrollare Anton dal suo stato di semi incoscienza. Beth è l’unico personaggio positivo in una serie di personaggi statici.

Lo sfondo su cui si muovono è quello di  Fallow Streets che d’altronde è una semplice strada, una strada su cui Anton ripassa più volte in una sola notte. La scelta di narrare la vicenda in una sola notte, senza tregua, usando molto spesso il flashback è geniale e assolutamente atroce. Mano a mano che si legge, si disegna un quadro che non avremmo mai voluto scoprire e Anton si ritrova solo, ma con in mano la chance di poter cambiare le cose.

Il particolare da non dimenticare? Una bottiglia di vodka.

Un libro che lascia il segno, che fa riflettere, una lettura difficile e amara che non lascia spazio al riso, se non per le bravate di James e Anton, e che allo stesso tempo apre gli occhi su una vita che non dovrebbe mai e poi mai essere vissuta a metà.

Buona lettura guys!

Ringrazio Apostrophe Books per avermi concesso la possibilità di leggere questo libro in anteprima in cambio della mia opinione.

Fingerless gloves by Nick Orsini


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