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Finlandia: gli italiani bambini viziati

Creato il 09 novembre 2012 da Lamiaeconomia
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Finlandia: gli italiani bambini viziati
Finlandia: gli italiani bambini viziati

Puntare solo su cosa si è certi che avrà un ritorno economico. Questo è ciò che ha deciso di fare la Finlandia.
E quindi, via libera alla riduzione degli investimenti nell’eurozona. La fiducia è poca sia in Angela Merkel sia nei Paesi dell’Europa meridionale, considerati, dice un diplomatico, dei «bambini viziati».
Altro che investimenti in Italia. Meglio starne alla larga. E lo stesso dicasi per l’intera eurozona, a differenza dei Paesi scandinavi. Del resto, non si può rischiare il contagio. La Finlandia è questa: prendere o lasciare. I problemi finanziari che affliggono l’eurozona non sembrano esistere a Helsinki. Nella capitale finlandese si è scelto di puntare solo su cosa si è certi che potrà portare un ritorno economico. Piccolo, forse, ma sicuro. È troppa la sfiducia. Non tanto nell’euro come valuta comunitaria, considerata dai più come un traguardo da preservare, quanto nella classe politica che sta guidando l’area euro. La fiducia è poca sia nel cancelliere tedesco Angela Merkel sia nei Paesi dell’Europa meridionale, considerati come dei «bambini viziati», come detto da un diplomatico finnico a Linkiesta. Parole pesanti, che però sono la testimonianza dell’insofferenza della Finlandia nei confronti del resto dell’eurozona. Eppure, guai a parlare dei rumors di alcuni mesi fa, che vedevano Helsinki fuori dall’euro. Oltre a non essere contemplato dall’attuale legislazione europea, solo una minoranza vede questa via come percorribile. Eppure, cresce l’idea che per diverse economie potrebbe funzionare. «Abbiamo studiato diversi scenari durante questa crisi. Fra questi, anche quello di un collasso dell’euro», spiega senza troppi giri di parole Henrik Normann, presidente e amministratore delegato di Nordic investment bank (Nib), l’equivalente in salsa nordica della European investment bank (Eib). Non è un caso che nel portafoglio di Nib non ci siano investimenti denominati in euro. «Abbiamo preferito diversificare, anche guardando a valute emergenti come il dollaro di Singapore», sottolinea Normann. Sono troppi gli squilibri all’interno della zona euro. «Se la Finlandia che torna alla markka (la valuta precedente all’euro, ndr) è semplicemente improbabile, diversi Paesi dovrebbero pensarci», spiega a Linkiesta un analista del Nasdaq OMX Nordic, la piattaforma borsistica di Helsinki. Fra questi, la Grecia e la Spagna. Atene ha un debito insostenibile: nei prossimi anni supererà il 185% del Pil. Le soluzioni per ora sul tavolo non serviranno ad alleviare le sofferenze. Arriverà la proroga di due anni al programma di salvataggio, per permettere il pareggio di bilancio. Ma non basterà. E non servirà nemmeno il riacquisto del debito. «Il debt buy-back potrebbe avvenire solo in un caso: se si decidesse di far uscire la Grecia dall’euro dopo una riforma al Trattato di Lisbona (che non disciplina la secessione, ndr)», spiega l’analista del Nasdaq OMX Nordic. Quello che è sicuro è che che non saranno dati altri soldi, sebbene «due anni in più significa nuovo denaro», continua l’analista. E poi c’è la Spagna. La crisi immobiliare è profonda. Gli asset deteriorati nei bilanci delle banche iberiche aumentano di giorno in giorno. Eppure, oltre al bailout per il sistema creditizio approvato a fine luglio, non è ancora arrivata la richiesta di sostegno sul mercato obbligazionario. La Banca centrale europea (Bce) è pronta. Mario Draghi ha attivato il programma di acquisto di bond governativi Outright monetary transaction (Omt) e attende che Madrid si decida. «Ci attendiamo che lo faccia nelle prossime tre settimane», afferma Normann. Poi, si vedrà se la tutela data dalla sottoscrizione del memorandum of understanding a cui è legato l’accesso alle Omt sarà solida o meno. Parlare di crisi dell’euro a questa latitudine non è facile. La prospettiva che si ha è distorta. «Perché i Paesi del sud europa hanno speso e continuano a spendere soldi che non hanno?», chiedono in tanti, fra banchieri e trader. Il dogmatismo impone loro di non contemplare la possibilità che possano esserci altri squilibri. Prima la Grecia, poi l’Irlanda, il Portogallo, la Spagna (per il settore bancario) e Cipro. «Chi sarà il prossimo si sa già: è l’Italia che dovrà chiedere aiuto alla Bce», spiega Jan von Gerich, chief strategist di Nordea, a Linkiesta. Al contrario di Atene, considerata già fuori dall’eurozona, è Roma la grande paura. Secondo l’economista di Nordea le possibilità che l’Italia esca il prossimo anno dalla recessione è «qualcosa di impossibile». E pure l’obiettivo più importante del governo di Mario Monti, cioè il pareggio di bilancio, sembra lontano. «Non ci attendiamo nulla di questo, perché tutti i calcoli sono stati effettuati sulla base dei moltiplicatori fiscali del Fondo monetario internazionale, che si sono rivelati sbagliati», spiega von Gerich. Nonostante le preoccupazioni, i rapporti fra Italia e Finlandia sono fitti. Come anticipato la scorsa settimana dal YLE, Monti nei prossimi giorni tornerà a Helsinki per incontrare il presidente Sauli Niinistö e il governatore della banca centrale nazionale, Erkki Liikanen. L’obiettivo è quello di consolidare, dopo gli incontri estivi, le indicazioni che sono arrivate dalla Finlandia in merito all’accesso dell’Italia al mercato dei covered bond, obbligazioni garantite da asset. Che siano partecipazioni azionarie o immobili, poco cambia. «Entrambi possono andare bene, è una soluzione che anche la Finlandia ha usato nel corso degli anni Novanta», spiega a Linkiesta un diplomatico finnico. Ma oltre a questo c’è di più. A fine agosto Monti ha ricevuto a Roma il segretario di Stato agli Affari europei Kare Halonen e il sottosegretario alle Finanze Martti Hetemaeki. E stando alle fonti diplomatiche, in quell’occasione si è discusso anche della possibilità che l’Italia chieda il sostegno della Bce, dopo la Spagna. «La Finlandia ha bisogno di garanzie, di un collaterale, perché con quasi 2.000 miliardi di euro di debito pubblico e un’economia in profonda recessione, sarebbe un rischio troppo elevato lasciare che l’Italia venga aiutata dalla Bce senza tutele», spiega un funzionario diplomatico finlandese. Instabilità politica, stagnazione economica, debito elevato, risparmio privato in deterioramento, scomparsa della classe media, mercato del lavoro immobile, mancanza di innovazione, scarsa competitività, corruzione. Sono questi i problemi che, secondo i finlandesi, affliggono l’Italia. Ed è per questo che molti qui ritengono che la prossima vittima della crisi europea dei debiti sovrani sarà Roma. «Eppure, mi pare che siano questioni irrisolte da tempo», chiosa il diplomatico. Da almeno 20 anni, per la precisione. 
Fonte: Linkiesta
http://www.linkiesta.it/finlandia-italia-helsinki
  
Dott. Fabio Troglia 
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