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Finzioni: il potere è già dei lettori

Creato il 15 settembre 2011 da Autodafe

di Cristiano Abbadessa

Ho letto il Libretto Rosa di Finzioni, documento che in questi giorni si è conquistato un ampio spazio nei dibattiti letterari sulla rete.
L’ho letto, dico subito, con qualche difficoltà e qualche disagio. Perché le prime cose che mi saltano all’occhio sono il tono arrogante e il linguaggio sprezzante che trasudano da ogni riga. Non mi stupisce, perché deve essere l’ennesimo effetto della grillizzazione dei blog: quel fenomeno per cui, sulla scia del guru del vaffanculo, si ritiene che il diritto all’ascolto vada conquistato a suon di incazzature, strepiti e disprezzo. È una forma espressiva, o forse un modo di essere e di porsi, che ho già notato in moltissimi blog, anche tra i blog letterari e nelle community che vanno per la maggiore in questo campo. Pur non essendo una novità, ciò non toglie che tale modo di esprimersi mi urti e mi metta in stato di diffidenza: perché è difficile ipotizzare un dialogo con chi, a premessa, tratta gli editori come gaglioffi, gli autori come frustrati, i critici come vecchi rimbambiti invidiosi e, in generale, tutti gli “altri” come persone che poco valgono o che agiscono per secondi e inconfessabili fini. (A proposito, e per dare un’idea dell’estremismo verbale e concettuale, suggerisco un confronto tra quanto da me scritto su autori e opere, ovviamente discutibile ma credo argomentato, con le trancianti conclusioni sullo stesso tema esposte al punto 5 del Nonalogo di Finzioni.)
Oltretutto, trovo che questi toni inutilmente alti e acrimoniosi, in un dibattito che potrebbe essere sobrio e pacato, finiscano anche per svilire quella sana indignazione civile che, a volte, va effettivamente spesa e che giustifica un linguaggio conseguentemente aspro. Perché sappiamo tutti che il cazzo! gridato dal mite esasperato ha un valore comunicativo forte, mentre la stessa parola perde ogni significato quando diventa un semplice intercalare volgare o modaiolo.
Superato questo scoglio iniziale, cerco di entrare nel merito dei contenuti proposti dalla redazione di Finzioni. Ma, onestamente, non ci riesco. Perché il Nonalogo, ripulito dalle intemperanze, si fonda su un affastellare concetti spesso contraddittori: alcuni condivisibili e altri no, soggettivamente parlando, come è normale che sia; ma troppo spesso con una debolezza nella visione d’insieme che non consente di articolare un discorso consequenzialmente logico e realistico, che non chieda tutto e il suo contrario.

boicottaggio

Ma, soprattutto, a non essere infine comprensibile è lo scopo, il fine ultimo dell’operazione. Perché, nel suo apparente rivolgersi ai lettori, la redazione di Finzioni non si capisce se si erga a organo dirigente della massa lettorale, se si proponga come sindacato di consumatori di parole, se solleciti dei comportamenti ai propri seguaci o chieda invece risposte adeguate a degli interlocutori (gli editori, la filiera produttiva… i critici no, perché li irride e basta). Manca, al dunque, la chiarezza su chi debba considerarsi l’emittente del messaggio, e manca l’individuazione del destinatario.
In tutto questo, però, manca soprattutto una constatazione basilare e mancano, ovviamente, le scelte conseguenti. Perché nel Libretto si finge di ignorare che il potere è già oggi in mano ai lettori, e che già dentro questo sistema, vituperato e inadeguato, a decretare successi e fallimenti, prosperità o estinzione di autori e editori sono pur sempre le scelte compiute dai lettori. Principalmente, è bene ribadirlo per fare una bella immersione di realismo, attraverso gli acquisti: al momento cioè di scegliere non solo un titolo piuttosto che un altro, ma anche dove comprarlo, privilegiando quale tipo di punto vendita e quale filiera produttiva.
Se, come sostiene, Finzioni parla a nome di una repubblica dei Lettori, potrebbe forse allora fare uno sforzo di vero coraggio. Uscire dal labirinto del dileggio gratuito sparso a piene mani, in realtà poco o nulla incisivo, e compiere delle scelte dichiarate. Che significa, in soldoni, non avere paura di promuovere e, soprattutto, di boicottare. Perché questo è l’unico vero modo di incidere. E anche, peraltro, l’unica cartina di tornasole che ti dice se stai veramente parlando a nome di qualcuno, se hai perlomeno un seguito e una capacità di incidere, o se invece sei soltanto l’avanguardia di te stesso.


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