Sondaggi. Vignetta di Vauro
Non so chi vincerà le prossime elezioni siciliane. Ma è bello pensare al futuro prima che le cose ci cadano sulla testa, o precipitino. Sono convinto che la politica oggi sia sia convertita al male, sia degenerata, svuotata di significato e con molti spazi aperti al populismo, o ai soliti millantatori che promettono, assicurano e mettono le loro facce di bronzo al servizio di se stessi, con il pretesto che lo fanno per il ‘popolo’. E so già che il ‘popolo’ darà segnali di insofferenza a un andazzo vessatorio della politica, alla devastazione delle risorse e del sogno di futuro nostro e dei nostri figli. Ma in Sicilia c’è uno zoccolo duro di natura servile, facile agli adescamenti e pronto a cedere alle lusinghe di chi ha sempre vinto con le promesse, facendosi vedere, magari, una volta l’anno o al momento delle elezioni. E’ la massa acquiescente, dei disperati che si fanno acchiappare per la gola, e che i carnefici lasciano poi agli angoli delle strade per non avere rimorsi di aver commesso cattive azioni a casa propria.
Andrò a votare, comunque, con una certa ripugnanza e voterò per il meno peggio, per un volto pulito e onesto che, qualora vincesse, avrebbe più gatti da pelare e viottoli angusti da scalare che autostrade da percorrere. Perché il futuro governo della Sicilia sarà tutto in salita e chi lo dovrà costruire giorno dopo giorno, dovrà sudare sette camicie per ogni punto del suo programma che vorrà realizzare. Supposto che ne abbia la competenza. Per questo non capisco l’allegria e la disinvoltura con le quali molti candidati a governatore o a deputati presentano la loro sicumera in pubblico, e con quali facce da irresponsabili dettano le ragioni della loro spavalderia e della promessa di una comune salvezza.
Voterò per un volto triste che non abbia riso neanche una volta nell’ultimo anno e che non si sia neanche incazzato contro tutto e contro tutti. Perché da che mondo è mondo non si risolvono i problemi con le incazzature, o inveendo contro chi ha sbagliato. Non mi piacciono i Savonarola, o quelli che erano patate e sono diventati carote, gli inquisiti, i condannati, i mascalzoni che non si tolgono dalle palle, quelli che hanno tolto da tempo le divise e le mantengono dentro di loro senza farcene accorgere. Questo è il mio contributo al cambiamento. Uno sforzo che faccio prima di tutto con me stesso.
GC