31 marzo 2013 Lascia un commento
"Flags of America" racconta di una nazione, della sua terra e dei suoi abitanti, offre uno spaccato sociale ed artistico grazie allo sguardo attento di ventidue grandi autori statunitensi e i loro scatti che grossomodo spaziano tra gli anni ’40 e ’70.
I nomi sono illustri, non c’e’ che dire ed oltre i gia’ citati Adams e Weston, e’ possibile vedere Diane Arbus, Robert Frank, Minor White, Walter Chappell, Irving Penn, tra gli altri.
L’America s’intende e’ un pretesto, uno sfondo, quasi mai un punto d’arrivo, talvolta un punto di partenza, molto piu’ spesso un gioco o un tramite per un’immagine da non prendersi mai in modo letterale.
Forme che evocano altre forme per Weston, fragili confini tra materia e pensiero come Meatyard, Bullock o White, la sottile ironia colma d’interrogativi di Winogrand e Airbus, l’altra verita’ di Frank e Friedlander o l’onirico cosmo di Coke e Misrach.
Mostra notevole col solo difetto di non essere troppo omogenea nel contenuto dal momento in cui l’unico filo rosso che lega i protagonisti e’ la nazionalita’, pochino per stili, tecniche e intenti tanto diversi.
Se e’ vero che in genere e’ lo straight photography a farla da padrone, movimento evidentemente caro ai curatori, non si puo’ certo dire che tutti gli artisti rappresentati ne siano fedeli testimoni.
Ciononostante l’esposizione e’ d’indubbio valore, pregiandosi di grandi protagonisti della fotografia mondiale, questo si.
Giurista piemontese nato nel 1882, fotografo pittorialista per diletto, lego’ la sua produzione fotografica alle stampe al bromolio, tecnica con la quale ritratti e paesaggi si trasformano in opere pittoriche laddove anche il bucolico declina in esaltazione dello spirito e della grazia.
Come congelate nel tempo, le fotografie rappresentano un mondo antico tracimato nella leggenda, volti di epoche solo apparentemente remote che evocano figure di favole dimenticate, archetipi di un immaginario che il tempo affievolisce ma non cancella.
Peretti Griva trasformo’ la tecnica in arte e vi rimase fedele fino all’ultimo, quando ormai negli anni ’50 la fotografia si erano gia’ evoluta largamente, senza andare di pari passo con la poetica dello strumento, prerogativa riservata ai davvero grandi. Anch’egli in qualche modo appartenente al movimento della straight photography, in realta’ e’ nel contrasto con la mostra precedente che si rafforza la consapevolezza di essere di fronte un grande interprete della realta’ capace di farsi arte.
Ottima iniziativa, speciale nel far conoscere uno straordinario poeta dell’immagine
Fondazione Fotografia: Flags of America
Fondazione Fotografia: Domenico Riccardo Peretti Griva