Stadio Flaminio
L’OPINIONE (Roma). Al momento del suo insediamento come tecnico all’Assessorato per gli Stili di Vita, Luca Pancalli, vice presidente del Coni dal 2004 al 2012 e, soprattutto, presidente del Comitato Italiano Paralimpico aveva idee chiare sulla svolta da dare alla situazione degli impianti sportivi della Capitale e sul futuro dello Stadio Flaminio, “Qualsiasi impianto deve essere sfruttabile al 100% e sta a noi trovare il modo per renderli massimamente funzionali”. E delle ultime ore la notizia, rilanciata oggi da Repubblica, che il topolino partorito sarebbe quello di trasformare l’impianto costruito da Antonio e Pier Luigi Nervi a Casa del Calcio azzurro con tanto di concessione alla Federcalcio con vincoli, posti dalla Fondazione Nervi, che ne impediscono modifiche strutturali. Il massimo che si possa immaginare di fronte ad un impianto da 30.000 posti è che sia trasformato in un Museo.
Qualche riflessione diventa necessaria. Iniziamo dal fatto che a Roma lo Stadio Olimpico fa pienamente il suo dovere e si sta discutendo del piano giallorosso a stelle e strisce per un impianto di proprietà. E’ molto probabile che di qui a cinque anni si possano contare due stadi per il calcio di alto livello e, quindi, un impianto di mediobassa dimensione non ospiterebbe mai eventi azzurri che, peraltro, per felice scelta della Federcalcio, a differenza di altre nazioni, non hanno uno stadio di elezione ma girano la penisola per andare a casa degli italiani. Sarebbero, certamente, altri gli sport che potrebbero meglio beneficiare, e quindi essere funzionali, da una riqualificazione del Flaminio. E’ vero che negli anni scorsi il piano per farlo diventare la casa del Rugby è fallito tant’è che oggi la nazionale gioca costantemente all’Olimpico gli impegni del Sei Nazioni, ma proprio in questi giorni nella Capitale vi è il problema del conteso campo delle Tre Fontane tra le formazioni locali. Da sei anni, lo stesso Pancalli si sta adoperando per costruire nella Capitale una cittadella dello sport paralimpico. Sono solo un paio di esempi di situazioni che una adeguata riqualificazione del Flaminio potrebbe indirizzare in modo funzionale alle necessità della città.
E, invece, con il calcio azzurro che continuerà a lavorare a Coverciano e giocare, quando a Roma, all’Olimpico, un impianto sportivo rischia di trasformarsi in un Museo, una destinazione che, per quanto meritoria (ma il Museo del Calcio non è già collocato proprio a Coverciano), non rende merito alle potenzialità che un luogo deputato alla pratica sportiva deve esprimere. La concessione alla Federcalcio sgraverà probabilmente una parte dei costi attualmente in capo al Comune di Roma ma non è questo il punto se, parole di qualche mese fa dello stesso Pancalli, “la cosa più importante è dare vita ad un’impiantistica capace di incidere a livello sociale”.
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