Magazine Cultura
2011
Siamo nella merda, lo dice pure Napolitano. La crisi del 2008 non solo non è finita ma pare stia peggiorando di brutto. La recessione morde e il sogno di un'economia in grado di crescere all'infinito sta (finalmente?) morendo. I combustibili fossili si stanno esaurendo e non siamo ancora riusciti a integrare buone alternative ecologiche; in compenso abbiamo ridotto il pianeta a una porcilaia. Fra un po' probabilmente dovremmo dire addio ai viaggetti aerei low-cost e ai finesettimana a Parigi e a tante cosine materiali che un tempo ci sembravano quasi dovute.Siamo nella merda, lo dicono pure i Flogging Molly.Non mi ha mai fatto impazzire il folk irlandese (a parte i Pogues, che comunque sono un discorso a parte) ma questo disco è davvero bello e impegnato e loro li ho visti allo Sziget e quasi mi veniva da piangere per la passione che ci mettevano. I Flogging Molly vengono da Los Angeles e sono un gruppo di amici con la fissa per "la Sardegna della Gran Bretagna" (sparatemi - anche perché sono pure indipendenti, nord a parte - ma questa definizione mi faceva ridere), tant'è che il cantante cinquantenne Dave King è proprio irlandese. E nella band suona anche la moglie, violinista. Questo disco parla della crisi, di chi ha perso il lavoro, della nebbia che copre l'orizzonte del nostro futuro e della voglia di non sottostare alle ingiustizie dei potenti ma lo fa in modo serio, realista e ateo, e senza iperboli stucchevoli: una roba che raramente gli americani sanno fare. È un disco valido anche perché tenta di variegare l'offerta senza essere ortodossamente irish, con ballate al piano, alternanze di voci e hard-rockate gustose.Un disco sindacalista che accompagnerà le proteste di domani. Un disco che non ha soluzioni pronte ma alimenta la rabbia e la speranza nei confronti dell'umanità e la coscienza che con la disciplina, il buon senso, la generosità e la dignità è possibile non mandare totalmente a puttane questo mondo.
"We don't want your pity we just want a job, yeah"
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