Ma la sua rabbia rischia di farle compiere degli errori, o di farle perdere di vista le cose importanti, come gli affetti. La collera ci impedisce di vedere ciò che conta nella nostra vita e alla fi ne non lascia che cenere. Tutti hanno bisogno di qualcuno che li accolga, che sia una persona o un luogo. Dà uno scopo alla nostra esistenza.
“Florence” è il nuovo libro di Stefania Auci e per una serie di fortunate coincidenze e grazie proprio all’autrice è arrivato nelle mie mani. Sono grata alla mia pagina Facebook perché davvero mi da la possibilità di incontrare tantissime persone e mi fornisce gli strumenti per esserci sempre e incontrare persone che altrimenti non avrei modo di incrociare. E sarebbe stato davvero un peccato, perché questo libro mi è piaciuto particolarmente. Un po’ per le atmosfere, un po’ per i temi, un po’ per quella nostalgia che mi ha regalato di un periodo della mia vita che mi rimarrà sempre caro. Un libro che dovrò prendere cartaceo, capite quanto mi è piaciuto?
Ludovico Aldisi, un ambizioso giornalista della «Nazione», conosciuto per le aperte simpatie interventiste, vede nella guerra appena dichiarata un’occasione di prestigio e ascesa sociale. È un uomo affascinante, che ha come amante Claudia, la bella moglie di un ricco avvocato, cui non esita a chiedere soldi e favori. La sua esistenza subisce una svolta quando, durante una manifestazione pacifista, rivede Dante, amico e compagno di università. In quell’occasione conosce anche Irene, una ragazza francese, figlia di un suo ex professore universitario. La giovane lo impressiona per la verve intellettuale e la libertà di pensiero, oltre che per la fede pacifista. L’amicizia tra i due non attecchisce subito. L’uomo, infatti, si reca sulla Marna come inviato di guerra e qui si unisce a un battaglione scozzese. Conoscerà da vicino l’orrore delle battaglie, e questi eventi lo cambieranno profondamente. Al ritorno, Ludovico non è più il giornalista spregiudicato di quando era partito, ma un uomo confuso e tormentato. Mentre il rapporto con Claudia comincia a sfaldarsi, l’unico a dargli una mano è Dante, che lo invita nella sua tenuta nel Chianti, la Torricella. Lì c’è anche Irene. Tra i due si crea un legame che aiuterà Ludovico a far chiarezza dentro di sé e a comprendere cosa ha davvero perduto, proprio quando anche su Firenze e sull’Italia cominciano ad allungarsi le ombre minacciose della prima guerra mondiale.
La Auci che sicuramente sa il fatto suo, regala al lettore una storia complessa e affascinante che non si esaurisce quando si gira l’ultima pagina, ma resta sedimentata nei recessi della mente, ancora penso a Ludovico e mi resterà cara, come un vecchio amico da cui tornare. La narrazione in terza persona, arroccata sulle spalle di Ludovico, ma talvolta scivolata in altri punti di vista, è fluida e avvolgente, e in qualche modo sana le spigolosità di una storia a tratti brutale, a tratti molto tenera, di un verismo quasi cristallino. Questo periodo storico, quello che si affaccia alla Prima Guerra Mondiale, in una Italia divisa tra interventisti, coloro che volevano l’entrata in guerra, e i neutralisti, è molto particolare. C’era stato lo scandalo della Banca Romana, la voglia di terminare il processo di unificazione, mancava l’Istria e il Friuli, e quel vago senso di impotenza che serpeggiava tra intellettuali e socialisti, in un mix a cui bastava poco per esplodere. E la guerra, una delle più brutali di sempre, con quelle trincee in cui hanno perso la vita milioni di giovani senza esperienza, gettati nel baratro delle esplosioni e del fango. L’opinione pubblica divisa, con i giornali che si dibattevano, anche a colpi di vignette satiriche. Ed è qui che si colloca Ludovico Aldisi, un giovane rabbioso e impulsivo, che sogna la gloria e il riscatto sociale rispetto a una società in cui la ricca borghesia la fa da padrone. Con quella rivoluzione industriale che stenta a decollare davvero e la speranza di fare la differenza. Ludovico che si getta nella mischia con lo scopo di primeggiare e che alla fine si ritrova con le speranze infrante, fagocitato da una guerra che non perdona, che lo segna, lo provoca, lo rivolta come un calzino per lasciarlo a dissanguarsi nelle proprie scelte, a riflettere su cosa è giusto e cosa è sbagliato quando ormai è troppo tardi. È un personaggio complesso, perché non è un eroe, è un uomo reale, che sbaglia, con dei difetti, che sfugge a qualsiasi etichetta, ma che offre tantissimi spunti di riflessione, perfettamente caratterizzato e uno di quegli uomini che si vede portar via tutto, ma che in fondo è in grado di ricostruire la propria vita.
Dall’altra parte c’è Irene, quasi diciannovenne, che arriva in una società in cui la donna deve sposarsi e far figli, senza ambizioni e senza personalità. Una donna deve stare al posto suo, in cucina, o a servir the nei salotti, senza azzardarsi ad esprimere la propria opinione. Ma Irene è cresciuta a Parigi, tra gli studenti e i letterati di cui si circonda il padre e la sua sete di conoscenza e la sua voglia di indipendenza, cozzano, drammaticamente con le apparenze di una società in cui la donna conta meno di zero e che neanche a guerra finita potrà godere di un più ampio respiro. La brama per una vita dettata dalle sue preferenze si dibatte, in un tempo che cerca di moderare i suoi toni e i suoi atteggiamenti, incanalarli verso il matrimonio con un buon borghese che possa mantenerla. Irene non lo accetta, e quando Ludovico le mostra che può essere sé stessa, si alza, cercando sempre di rimanere sé stessa, anche quando deve lottare per ricostruire i pezzi del suo cuore, della sua vita, di quella esistenza mangiata dalla guerra e dalla sofferenza.
Sono tanti i temi che si susseguono durante la lettura, tutti con un proprio spazio e una propria identità, lasciando un vago senso di speranza, senza buonismo alcuno, gettando una luce romanzata su un periodo storico, tanto interessante quanto oscuro.
E sullo sfondo si erge una Firenze da fine Belle Epoque, con quella unione di stili e atteggiamenti, le prime Fiat scoppiettanti e i carretti con i cavalli, i vestiti anni dieci e le emozioni di un città che si prepara al peggio, a quel conflitto che non risparmia nessuno, con drammi e morte. La Auci tratteggia sicura, con descrizioni suggestive e molto particolari, di una città che scorre rapida sul Lungarno e Greve, questa campagna, con le sue colline e gli uliveti e una panchina salvifica.
Il particolare da non dimenticare? Un libro di Boudelaire…