La naturopatia scientifica e energetica ci fa conoscere la floriterapia sotto una visuale molto più ampia, in un modo interamente rivoluzionario dell’ avvalerci delle essenze floreali, cioè come strumento utile per favorire la crescita della consapevolezza di sé.
Il terapeuta indubbiamente deve conoscere tutti i rimedi floreali, ma cosa più complessa è capire fulmineamente (che solo l’esperienza sul campo può dargli) che bouquet di fiori gli porta il cliente in quel momento della sua esistenza; fiori che spesso rischiano di mimetizzarsi, di nascondersi o confondersi con altri solo apparentemente simili.
Un altro aspetto fondamentale è quello di fare conoscere al cliente il significato dei rimedi che dovrà assumere, ciò perché questo tipo di terapia è di accompagnamento ad un lavoro molto più impegnativo fondato sulla consapevolezza di ciò che è necessario modificare per ri-armonizzarsi con se stessi e con il contesto in cui si vive.
E’ il ruolo che assume il fiore che fà la differenza, esso non è l’informazione in sé ma il veicolo dell’informazione, non è il rimedio che riporta il benessere, ma è il cliente che seguendo le indicazioni di assunzione, porta l’attenzione su di sé, sulla ragione per cui compie quell’azione, sul suo impegno a ristabilire in sé armonia e equilibrio, secondo una visione analogica e simbolica attribuita ai rimedi energetici.
I fiori fungono da supporto agli strumenti, alle strategie e ai comportamenti che adotterà il cliente per migliorare la sua vita, con l’assistenza del counselor.
Il terapeuta, creando un clima empatico e di complicità con il cliente, dovrebbe coinvolgerlo nella ricerca dell’armonia parlandogli delle caratteristiche dei fiori che ritiene più adatti per lui, e, perfino solo questo potrebbe essere sufficiente per rispolverare quel pulsante di accensione che permette al cliente di riattivare il suo armonico sistema; spesso però psicologicamente, si sente il bisogno di un qualcosa di materiale che da protezione e sostegno psicologico e di compiere un’azione fisica, come prendere la confezione, contare le gocce, ecc….
Se il rimedio venisse assunto senza aver sostenuto un colloquio con il terapeuta, il fiore avrebbe il significato di essere un informazione e potrebbe produrre solo un momentaneo e breve effetto placebo.
Nelle medicine alternative e quindi anche nell’utilizzo dei fiori di E. Bach, predomina il pensiero magico rivelando un atteggiamento mentale infantile nell’affrontare l’insicurezza esistenziale, così terapeuti alternativi da una parte e le persone che a loro si affidano dall’altra, si mettono nelle mani del potere sovra naturale, dell’energia racchiusa nei fiori come dono del divino. Il paziente e il terapeuta sono sottomessi al volere del divino, infatti se la floriterapia non ottiene i risultati sperati è perché il divino così ha voluto e non ci si pone il problema di studiarne le cause dell’insuccesso. Il potere di guarigione è quindi delegato al divino, ci si deresponsabilizza ancora una volta, terapeuta e paziente restano in attesa della grazia divina, e se questa non arriva vorrà dire che si meritano di soffrire, tanto si parte dal presupposto che per la religione la vita è sofferenza, e non si può fare altro che chinare il capo e sperare nel paradiso dopo la morte terrena.
Personalmente trovo che questa ultima visione, alquanto limitante e quasi paralizzante vada a contrastare anche con i principi su cui si fondava la teoria del Dottor E.Bach, egli infatti affermò:
“Sappiamo ora che la nostra vittoria sulla malattia dipende principalmente dai seguenti fattori:
- essere consapevoli della divinità che è in noi, e di conseguenza il nostro potere sul male;
- sapere che la causa primaria della malattia è dovuta a una disarmonia tra personalità e spirito;
- avere la volontà e la capacità di scoprire il difetto che ci sta causando un conflitto simile;
- eliminare questo difetto sviluppando la virtù opposta.”
Egli affermava di seguire il nostro “io” in ciò che realmente vorrebbe essere per quanto gli è possibile nel contesto in cui vive; di sviluppare la nostra consapevolezza, il nostro potere, di ricercare dentro di noi le cause del nostro stato e sviluppare la virtù opposta al difetto.
Perciò aldilà di tutte le considerazioni che si potrebbero fare riguardo la veridicità dell’efficacia della scoperta dei 38 rimedi del Dottor Bach, anche per chi si affida completamente con i paraocchi ai suoi insegnamenti e rimedi dovrebbe essere lampante che nella cura di sé stessi si ha sempre un ruolo attivo, consapevole e responsabile.
Ma quanto l’uomo occidentale avvezzo all’uso di rimedi esterni e dall’effetto immediato è disposto a fermarsi e concedersi il tempo di conoscersi? Quanto ha voglia di riconoscere i propri atteggiamenti? E’ pronto a confidarsi con il proprio terapeuta? Si vuole mettere in gioco? Ha voglia di lavorare su se stesso?…
Il terapeuta ha un compito importante e impegnativo , per primo lavora su di sé; come potrebbe altrimenti sviluppare quella comprensione, empatia, complicità e avere quegli atteggiamenti che appoggiano e incoraggiano i cambiamenti? Egli dovrebbe porre l’accento sempre sullo sviluppo delle virtù, con una visione sempre positiva e propositiva.
Gaobi