Firenze, Villa Strozzi.
La location è quella suggestiva della Limonaia, edificio situato nel complesso di Villa Strozzi e parco del Boschetto. Qui, nel 1987, Luciano Berio stesso decise di situare il suo piccolo “luogo di culto” musicale Tempo Reale, un centro per le ricerche tuttora all’avanguardia nel campo delle sperimentazioni elettroniche (ma non solo). Corsi, workshop, eventi e, come in questo caso, l’annuale festival fatto di concerti, installazioni sonore e iniziative di sensibilizzazione all’ascolto. La sesta edizione (in svolgimento) di Tempo Reale Festival riguarda i suoni e il loro modo di interfacciarsi con il mondo del lavoro. Due appuntamenti agganciati a questo tema di fondo hanno caratterizzato la giornata di sabato 5 ottobre: il primo è stato un percorso attraverso suoni dalle botteghe artigiane, un tentativo di riappropriarsi di quella simbiosi intima tra uomo e oggetto, in contrasto netto con il lavoro “omologatore” subordinato alle macchine. Il secondo, invece, sempre in cammino lungo un ideale filo conduttore, è stato con i frastuoni tra le macerie industriali di F.M. Einheit, un live essenziale per qualsiasi amante delle sonorità senza compromessi e per chiunque non abbia mai avuto modo di vedere in azione il fondatore degli Einstürzende Neubauten.
La vita antica fu tutta silenzio. Nel diciannovesimo secolo, coll’invenzione delle macchine, nacque il Rumore. Oggi, il Rumore trionfa e domina sovrano sulla sensibilità degli uomini.
Luigi Russolo
Una civiltà invasa dai rumori del ferro e dal cemento, per la quale l’uomo si adopera senza pause fino al collasso inevitabile. In questo scenario, rappresentato da grosse molle penzoloni, pioggia di detriti nei quali rimescolarsi, lastre di metallo e mattoni tumefatti, prende vita l’esibizione dello scalzo Frank Martin Strauß, in arte F.M. Einheit, corredata da una serie di video: su tutti gli estratti da “Die Narbe” (“The Scar”), un docu-film sui segni ancora palpabili e tangibili lasciati dal muro di Berlino sull’omonima città, per il quale lo stesso musicista tedesco ha curato insieme a Klaus Wiese (Popol Vuh) la colonna sonora parzialmente riproposta per quest’occasione.
Basi di beat machine ottuse, synth e sonorità sparse ancora fedeli al retaggio neubauteniano accompagnano un rumorismo concrète, che assieme a una componente live quasi drammaturgica, diventa il personale trait d’union tra post e industrial in una visione idiosincratica dello sviluppo inteso come simulacro di progresso.
Un concerto, insomma, dal forte impatto visivo e simbolico, durante il quale F.M. Einheit dimostra, con un bagaglio creativo ultra-trentennale, perché ha saputo essere tra i più significativi fautori della fusione in musica tra strumenti e oggetti (immancabili trapani e martelli). L’importanza della manifestazione, dalla quale comunque sono passati altri importanti musicisti esteri come Ryoji Ikeda, dimostra a sua volta come la scommessa del tedesco sia stata vinta, di nuovo.
email print