Piano piano, con l'exploit clamoroso di Braccialetti rossi ma non solo, sembra sgretolarsi in tv soprattutto e anche al cinema un tabù: la rappresentazione della malattia, del dolore, del cancro, della disabilita'. Esempi passati ci sono, un intero filone quello della cosiddetta-famigerata tv del dolore, ma il tema va aggiornato perche' un cambiamento si avverte e decisamente positivo. La fiction, nel caso dei Braccialetti rossi di cui si sta preparando la seconda serie (e' un format spagnolo e che anche Spielberg ha acquistato), ha smesso di rappresentarlo in modo esclusivamente lacrimoso e, considerando che i malati sono dei giovani, trattasi di un piccolo miracolo.
Ma non e' l'unico esempio: quando mai si sono aperte le porte di una onlus importante come Peter Pan per far entrare le telecamere a raccontare quei Bambini guerrieri che lottano per la vita contro il tumore? E quando mai la prima tv italiana ha dedicato loro un posto in palinsesto - su Rai1 oggi 14.30 - senza magari mandarlo in onda in quarta serata? Il documentario, di Daniele Cini e Claudia Pampinella, prodotto da Palomar, va giù pesante con cinque storie che per pudore definiamo forti, esemplari del lavoro di quella associazione autofinanziata che a Trastevere conta 33 unita' abitative, aiutando fino a 600 famiglie a non disperdere in momenti così duri quell'amore che scorre disperato quando la vita va giù veloce e forse non ce la fai.
Segnali di liberazione nella rappresentazione della malattia che si colgono in sala nel nuovo film di Ferzan Ozpetek, Allacciate le cinture, un'altalena di pianto e di riso, ma con la variante 'grave' del cancro che colpisce una donna giovane e bella come Kasia Smutniak che il regista filma nella poltrona della chemioterapia o quando pelata sceglie la parrucca. Un tema tenuto nascosto fino all'uscita del film perche', ammette Ozpetek all'ANSA, «nessuno aveva il coraggio, invece mostro che non bisogna vergognarsi della malattia, faccio vedere la mia protagonista con i capelli finti, la terapia e anche il sesso in ospedale perche' l'equipe del professor Veronesi che ci ha seguito per il film ci ha aiutati a rendere tutto plausibile e in quella privacy tra la donna malata e il marito disperato c'e' tutto l'attaccamento alla vita». Il pubblico, magari disorientato all'inizio, per un tema così forte, invece gradisce e le sale sono arrivate a 500.
E mentre e' un caso in libreria la chemioterapia raccontata in chiave ironica da Francesca del Rosso, Wondy, pubblicata da Rizzoli, una wonder woman in parrucca a lottare con il riso, su Real Time, il canale dei factual e delle scuole di cucina, gruppo Discovery, arriva una serie che rompe il tabù dei tabù l'affettivita' dei disabili: i documentari inglesi di Channel 4 «The Undateables: l'amore non ha barriere», in onda dal 23 marzo ogni domenica alle 23, in cui si mostrano gli incontri per trovare l'anima gemella di nove single affetti da varie patologie di disabilita', dalla sindrome di Asperger a quella di Tourette. «Credo che la trasmissione avra' successo», ha commentato lo psichiatra Gustavo Pietropolli Charmet, «perche' la gente non vede l'ora di sentirsi coinvolta in questioni importanti come la famiglia, i figli e il desiderio e il bisogno di poter conoscere l'altro, anche si e' affetti da disabilita'».
Non c'entra il dolore, ma un altro tabù televisivo, la sindrome di Down, in un altro programma, ispirato alla trasmissione svedese Service with a smile e adattato per l'Italia con la sensibilita' di Claudio Canepari: Hotel 6 stelle, in onda su Rai3, sull'esperienza lavorativa di 6 ragazzi down, impegnati in un tirocinio in un grande hotel della capitale. Un esordiente friulano, Carlo Zoratti, ha filmato invece The Special Need che, dopo vari festival, distribuito dalla coraggiosa Tucker Film (gli stessi che hanno portato prodotto Tir che ha vinto al Festival di Roma) racconta, in un bel documentario che uscira' il 1 aprile, la storia di una persona speciale Enea, che ha 30 anni, e' autistico, ma vuole sentirsi come tutti gli altri, sessualita' inclusa. Un altro bel tabù da infrangere. Più che un problema il giovane ha una necessita': fare (finalmente) l'amore e i suoi due amici, Carlo e Alex, sono decisi ad aiutarlo. «Il film - spiega il regista - racconta la normalita' della diversita' senza mai salire in cattedra». Stiamo crescendo? parlare di diversita' e malattia e' un passo verso una societa' più inclusiva possibile.