Se è vero che gli anni 70 sono stati interamente dominati dai big della musica rock come i Rolling Stones, i Lez Zeppelin, i The Who e tantissimi altri, è altresì vero che la fama di queste stelle immense ha finito inevitabilmente per offuscare, o comunque limitare, la grandezza di altri artisti relegandoli a ruoli secondari lontani dai riflettori.
Volete un esempio?
Ebbene considerate i Foghat e gli Uriah Heep.
Entrambe le band sono state attive dall’inizio degli anni 70 in poi ma sono davvero in pochi quelli che ne hanno sentito parlare.
Magari ora arriva il fan di turno e mi smentisce, però io penso che se bisogna scavare per trovare il nome di un gruppo allora vuol dire che il gruppo in questione o non ha retto il confronto con i colleghi del periodo o semplicemente ha deciso di rimanere in disparte.
D’altra parte pensate che i famosissimi gruppi citati poc’anzi hanno conosciuto un successo immenso, ogni tipo di vizio ed eccesso e, purtroppo, anche la morte di alcuni membri fondatori; difficile invece trovare delle band, per così dire, di secondo piano i cui componenti siano stati falciati da troppo sesso, troppa droga e troppo alcool, in poche parole da troppo sballo.
Ma torniamo ai protagonisti del post: vale a dire i Foghat e gli Uriah Heep.
Entrambe le band sono britanniche, e forse per questo hanno trovato poco spazio tra i grandissimi e numerosi nomi della scena musicale inglese, ed hanno avuto un rapporto burrascoso con il successo.
I Foghat sono conosciuti grazie ad un solo brano, intitolato Slow Ride, che è una godibile canzone in stile hard blues con connotati molto zeppeliniani, con un riff potente ed un ritornello che rimane in testa (provare per credere).
Grave errore sarebbe però non approfondire la conoscenza del repertorio di questa ottima rock band che vanta altri ottimi brani come Fool For The City, Drivin’ Wheel, I’ll Standing By, Step Outside e Stone Blue solo per citarni alcuni.
Il gruppo subì un devastante declino all’inizio degli anni 80 quando il punk e la musica disco invasero il mondo musicale.
L’ultimo lavoro dei Foghat, Last Train Home, risale all’anno scorso ma è stato accolto abbastanza freddamente dal pubblico e dalla critica poichè lo smalto non è più quello di un tempo; per l’ascolto consiglio caldamente il repertorio degli anni 70.
Ispirandosi ad un personaggio di un romanzo di Charles Dickens, sempre negli anni 70, nascono gli Uriah Heep, band hard & heavy dalle fortissime influenze progressive e psichedeliche.
Nonostante qualche piccolo problemino con l’alcool e numerosi cambiamenti di formazione gli Heep attraversano indenni i decenni che segnano il cambiamento della musica e dei generi musicali, e mi sia consentito dire pure il loro sistematico impoverimento, proponendo diversi brani degni di nota come ad esempio Gipsy, Heasy Livin’, Lady In Black, The Wizard, Look At Yourself e Hold Your Head Up.
Quest’anno è uscito Into The Wild, l’ultimo album della band inglese: un ottimo album rock per un gruppo che ha saputo attraversare gli anni proponendo sempre una musica genuina, con poche sperimentazioni estreme, riuscendo a mantenere in vita quel genere musicale inventato quasi 30 anni fa in uno studio di registrazione americano da un tale chiamato Robert Johnson.
Foghat e Uriah Heep sono stati per me una piacevolissima e inaspettata scoperta che mi ha dimostrato, una volta per tutte, che il panorama musicale di un genere non è un compartimento stagno o un sistema con un input ed un output ma un qualcosa di stratificato e esteso, dannatamente esteso.