di Gianluca Bonazzi
Follia della normalità: che fare?
Guy Debord (da Wikipedia)
Il titolo sembra un paradosso, un ossimoro, un controsenso, ma nella società dello spettacolo nella quale viviamo – come aveva sapientemente teorizzato Guy Debord negli anni ’60 –, che ha assunto come modello non la vita, ma la rappresentazione della vita, esso indica quello che spesso ci accade di provare nei confronti di luoghi, persone, emozioni e cose, quando ci sembrano normalmente folli, se non addirittura alieni.
O forse siamo noi gli “ufo”, i veri alieni, quando non sappiamo adeguarci alla falsa quiescenza circostante, alla rassegnazione mascherata da finti sorrisi, all’incoerenza destabilizzante tra pensieri, parole e comportamenti.
Quante parole e significati richiamano oggi il concetto di normalità e di positività!
Ma cosa sono e chi definisce tutto ciò e, soprattutto, esiste in Natura la normalità?
Più ci si allontana dall’idea di Natura e più vengono coniate espressioni normalmente e democraticamente disumane.
Non ci sono istituzioni, persone e modi prefissati, operanti in tal senso, ci mancherebbe! Altrimenti l’assurdità che vi si cela dietro sarebbe molto più manifesta e contrastabile.
Viene culturalmente fissata una linea sottile tra due mondi, tra norma ed eccezione, tra forza e debolezza: spesso chi vive nel primo si ritrova nel secondo, senza accorgersene.
Ciò accade di frequente oggi, con la crisi di una società sempre più competitiva, smargiassa e fiera della sua stupidità neroniana e delle conseguenze create volutamente.
Si può quasi dire che è uno dei modi subdoli che ha per espellere ed emarginare qualcuno, soprattutto quelli più ribelli e disubbidienti ai suoi regolamenti, proclamati come un mantra indiscutibile.
Se deve poi esercitare tale atto di esclusione verso un gruppo di persone in modo violento, lo fa servendosi anche della televisione, per rassicurare gli spettatori che tutto è avvenuto in piena democrazia, per il rispetto delle regole e del progresso, come per il caso del movimento contro la TAV ed ancor prima per i fatti di Genova.
foto da http://inciclopedia.wikia.com
La normalità è come un rigagnolo invisibile e inquinato, sparso dall’alto con la società industriale e fatto poi crescere pure dal basso, perché facesse buona presa tra la gente.
Infatti ognuno di noi, poi, è in grado di stabilire per se stesso di essere la norma, di giudicare l’altro come l’eccezione e di trarne le dovute conseguenze, spesso in modo cruento, come avviene verso donne, anziani e bambini.
La lotta condotta da Franco Basaglia contro i manicomi e un certo concetto di pazzia aveva reso, per un po’, apparentemente possibile l’idea di una vera crescita spirituale e intellettiva dell’umanità. In realtà, tale problematica, uscita dalla porta principale, è rientrata dalla porta di servizio, quindi in modo nascosto, come se di fatto non esistesse, e fosse un “non problema” che devono affrontare, sbrigandosela da soli, tutti quelli che, per un motivo o per l’altro, passano da uno stato vincente a uno perdente, sotto pena di una sconfinata, inascoltata solitudine.
Premesso che non sono favorevole alla riapertura dei manicomi, bisogna anche aggiungere, però, che la situazione è addirittura peggiorata, perché non ci sono più, o per lo meno raramente, i cosiddetti paracadute sociali in grado di attutire la caduta e la discesa da uno stato all’altro di ognuno di noi.
Il filo invisibile, cardine della società rurale, che teneva assieme luoghi, persone, cose, stati d’animo, misteri della vita, della morte e della natura, era sempre presente a se stesso grazie all’educazione, alla cortesia, alla gentilezza, al rispetto, a una sorta di educazione morale e civile che connotava ogni momento della vita e della morte umana.
Sdoganato questo filo, una sorta di limite, tutto è diventato possibile, e ognuno ha potuto inventare e decidere un nuovo gioco nella roulette della vita.
Non ci sono soluzioni pronte, definite e salutari per ciò che io chiamo cancro dell’anima.
Però potremmo cominciare ascoltando noi stessi e l’altro che ci circonda, per restituire senso al Tempo, che è sempre un buon depurativo, l’inizio di ogni cosa autentica.
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