
Da sempre isole di miti, le Eolie fanno parte dell'immaginario letterario, dove l'anima greca riappare dalle viscere di quelle terre vulcaniche affiorate nella notte dei tempi. Paolo Chicco, avvocato penalista torinese, è approdato a Filicudi negli anni Settanta e ne è rimasto profonamente affascinato. In quest'opera prima, che si snoda in forma di sette racconti con un comune filo conduttore, l'autore ha saputo cogliere e interpretare con fine ironia momenti di vita isolana, passioni, perdite e tradimenti di un pugno di uomini che, gettati lì dal caso o dal destino, affrontano il dramma della vita. Le storie si dipanano nella prima metà del secolo scorso, quando l'isola da fiorente divenne sempre più desolata a causa dell'emigrazione. Ma il libro racconta anche un mondo ancestrale, in cui aspetti magici e misteriosi della vita, quali il senso del destino, l'invidia degli dei e l'incantamento magico, servono a spiegare situazioni ed eventi che altrimenti sfuggirebbero a una spiegazione razionale. Molti di questi personaggi sembrano schiacciati dal peso di una maledizione, prima fra tutte quella di doversi affidare al mare, nella vita e nella morte. Terra di emigrazione, coste dalle quali ci si imbarca per non tornare, o al contrario si approda in un confino forzato, con identità nascoste come i mafiosi che si fingono turisti, case un tempo "vive" e ora abbandonate, uomini e donne che recitano il loro ruolo di maschi e di "fimmine". E su tutto, regna quel mare calmo o furioso, acque misteriose davanti alle quali avvolgersi in un amplesso amoroso o gorghi minacciosi che allontanano l'unica certezza di un'isola, l'approdo della nave – speranza –disperazione, la nave che tutto conduce e tutto porta via.
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