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Fondi comuni, la scelta di un fondo tra le diverse categorie. I fondi flessibili. (Quarta e ultima parte)

Da Mrinvest

Fondi comuni, la scelta di un fondo tra le diverse categorie. I fondi flessibili. (Quarta e ultima parte)> Fondi flessibili. Non rientrano in alcuna delle precedenti categorie e, rispetto agli altri, sono fondi che investono liberamente in liquidità, obbligazionario, azionario, valute, a seconda di come il gestore interpreta il mercato e delle sue scelte. I loro regolamenti non vincolano più di tanto e, a differenza di tutti gli altri fondi, non hanno l’obbligo di confronto con il parametro di riferimento (benchmark).
Anche se hanno una certa libertà gestionale, i fondi flessibili sono comunque fondi relative return, cioè fondi a gestione passiva, in quanto seguono l’andamento del mercato, ma lo fanno in modo parziale, e la capacità del gestore rimane molto alta, perchè, come dicevamo sopra, ha libertà di scelte e di strategie, comunque sempre dentro i limiti del regolamento del fondo.  In particolare, non hanno vincoli di asset allocation, e possono investire anche il 100% in azioni (difficilmente succede, ma è possibile).
Di norma i gestori applicano una strategia di bilanciamento tra azioni e obbligazioni, e, se

sono bravi e riescono a prevedere il mercato, sono capaci di aumentare la componente azionaria nei momenti di mercato positivi, come possono ridurla al minimo, o azzerarla, nei momenti di mercato negativi. In questo modo la performance dovrebbe essere migliore di quella dei fondi totalmente passivi.

Facciamo un esempio. Se il mercato azionario perde il 15%, un fondo passivo a benchmark fa più o meno lo stesso (può perdere il 12% o anche il 18%), ma un fondo flessibile gestito bene può perdere il 7-8%. Per quanto bravo che sia, il gestore però non potrà mai annullare l’andamento del mercato. Dunque, i fondi flessibili, anche se non hanno un benchmark, sono parzialmente passivi e la bravura del gestore è molto importante.

E se il gestore non si rivela poi così bravo? Ecco individuato il rischio, perchè l’investitore affida a lui i propri risparmi con una delega molto ampia. Di conseguenza, il profilo di rischio dell’investitore dovrà essere molto alto.
In sostanza possiamo affermare che i fondi flessibili rappresentano una forma di investimento molto interessante per incrementare il capitale nel lungo termine, ma sono adatti a chi ha già un portafoglio ben diversificato.
Purtroppo bisogna dire che la maggioranza dei fondi flessibili si sono rivelati inadeguati nei momenti di crollo dei mercati azionari, perchè molti gestori sono stati incapaci di prevedere l’andamento delle borse e hanno attuato una gestione troppo passiva. Insomma è venuta meno la loro funzione, che è quella di difendere il patrimonio dei risparmiatori dalle tempeste di borsa. E i risultati negativi ottenuti durante la crisi economica iniziata nel 2008 ne sono la riprova.

Per quanto riguarda le commissioni, è chiaro che i fondi flessibili costano più dei fondi a benchmark. Infatti, grazie alla libertà di gestione, i flessibili hanno un ritorno (teorico), in termini di performance, maggiore rispetto agli altri fondi passivi, perchè la loro gestione è (o dovrebbe essere) più attiva, più attenta e quindi più di qualità.
Ma se ad alte commissioni corrispondono performance deludenti, che fare?

Raccomandiamo sempre, prima di sottoscrivere un fondo flessibile, di leggere bene il prospetto informativo, di confrontare i fondi per le performance ottenute in passato nei momenti di crisi borsistiche (cioè individuare chi ha perso di meno), e di controllare se i gestori di questi fondi sono cambiati nel tempo (seguire e affidarsi al gestore migliore). Il tutto con un occhio alle commissioni di sottoscrizione e di gestione applicati al fondo.


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