La fontana in P.zza S. Maria in Trastevere è considerata la fontana più antica tra quelle monumentali di Roma, dato che una tradizione non molto attendibile la farebbe risalire al secolo VII, sotto il pontificato di Adriano I, Colonna (772-795). Ma risulta effettivamente documentata nella iconografia come realizzata solo nellla seconda metà del XV secolo (pianta di Roma di Pietro del Massaio del 1471).
Il primo resaturo venne eseguito dal Bramante verso il 1498, dietro incarico affidatogli dal cardinale spagnolo Giovanni Lopez creato due anni prima da Alessandro VI, Borgia (1492-1503), con il titolo di S. Maria in Trastevere. Il quale cardinale scherzando sul proprio cognome, fece apporre su uno degli angoli della fontana una lapide con i seguenti eleganti distici latini:
<<Quod blando facilem producit murmure somnum uae cadit et tremulos efficit unda lacus quod sumis puros haustus nitideque lavaris instauratori gratia habenda lupo res anonimunque suum spectans dic romule verum: an minus hic pater est quam lupa mater erat?>>
<<Se l’acqua che cade col blando mormorio ti concilia il sonno e forma tremuli laghetti; se bevi limpidi sorsi e ti lavi, devi ringraziare il Lupo che ha rifatto la fonte. Considerando quindi il suo interessamento, o Romolo, dimmi la verità: questo Lupo ti è forse meno padre di quanto non ti fu madre la lupa?>>Successivamente la fontana venne restaurata da Girolamo Rainaldi, Gian Lorenzo Bernini e Carlo Fontana. Il Bernini in modo particolare nel 1658 ne curò la ricostruzione spostandola nella posizione originaria, che era nella parte opposta della facciata dellla chiesa al centro della piazza. In quella occasione l’artista ne cambiò anche l’alimentazione sostituendo l’Acqua Felice con l’Acqua Paola e aumentandone la dotazione da 15 a 36 once.
Vi aggiunse inoltre quattro doppie conchiglie con le valve rivolte all’interno e all’esterno della vasca; ma esse furono eliminate nel restauro successivo curato nel 1694 da Carlo Fontana, il quale, ispirandosi alla berniniana fontana delle Alpi, le sostituì con altre quattro doppie e grosse conchiglie <<fastidiosamente elaborate>>;
aventi il coperchio rovesciato con lo scopo di mettere in evidenza le quattro targhe di travertino ornate di festoni , entro le quali si legge, in monotona ripetizione, la sigla del Comune di Roma.
Nelle specchiature laterali minori della vasca, sottostanti alle targhe, si leggono altrettanti epigrafi (rifacimenti o trascrizioni ottocentesche di lapidi preesistenti ) che riassumono, in sostanza, la storia della fontana. La quale così come è pervenuta ai giorni nostri, si eleva su una gradinata ottagonale di sette gradini di travertino (in origine erano tre, gli altri quattro furono probabilmente aggiunti nel restauro di fine secolo).
Su questo basamento poggia l’ampia vasca di marmo bardiglio (rifacimento di quella originale in travertino) a pianta quadrata, ma con angoli smussati e leggermente aggettanti in maniera da farla apparire ottagonale con lati più lunghi e pià brevi.
Al centro, una base di forma quadrata ad angoli smussati sostiene una tazza rotonda di marmo bardiglio (l’orginale era di granito) da cui si innalza uno zampillo d’acqua che ricadendo scorre attraverso le bocche di quattro bronzee teste di lupo e va a gettarsi entro altrettante conchiglie dalle quali ricade poi nella vasca centrale.
L’ultimo restauro, testimoniato da una breve descrizione, risale al 1930, quando vi furono eseguiti nuovi lavori di rifacimento e consolidamento. Ma nonostante i vari interventi subiti attraverso i secoli, la fontana ha sostanzialmente conservato l’originaria architettura quattrocentesca.