E’ in corso, già da ieri, un forte movimento di protesta sulle strade siciliane. Le manifestazioni di protesta sono organizzate dai sindacati degli autotrasportatori e degli agricoltori riuniti sotto la sigla di due movimenti denominati: “Forza d’urto” e “Movimento dei forconi“.
I manifestanti hanno bloccato gli accessi autostradali tra Palermo e Catania e tra Catania e Messina, il porto di Messina, il polo petrolchimico di Priolo, la statale Palermo-Sciacca, la ferrovia tra Palermo e Messina, il porto di Pozzallo.
La protesta dovrebbe proseguire fino a venerdì ed è organizzate contro la “classe dirigente” e “l’ipocrisia dei nostri politici” ma anche contro il caro carburante.
I manifestanti chiedono tra le altre cose la defiscalizzazione dei costi dell’energia elettrica e il blocco delle procedure esecutive di Equitalia.
Le organizzazioni ufficiali di settore non hanno aderito alla protesta, non condividendone modi e forme di lotta.
Comprensibile, nelle motivazioni, e nelle rivendicazioni che ne costituiscono la piattaforma programmatica, tuttavia diverse cose ci fanno ritenere possibile il trattarsi dell’ennesima operazione di marketing tesa a raccogliere, il “residuo politico” che sempre resta dopo tali esasperate, quanto frustanti ed improduttive (in primis per quanti vi partecipano), forme di protesta, da parte di politicanti populisti e privi di scrupoli.
Interessante a tal proposito èsarà riverdire la conoscenza del cosidetto “Poujadismo“, movimento politico francese, che prese nome da Pierre Poujade, sindacalista e politico francese nato a Saint-Céré il 1º dicembre 1920.
Eccellente oratore Pierre Poujade parlava a tutti coloro che si sentivano minacciati da un mondo che stava cambiando.
Egli si erse a loro difensore nel nome dei “piccoli” cittadini.
Così denunciava con forza lo “Stato vampiro” e i suoi “forchettoni” (nella situazione frabcese dell’epoca, i grandi funzionari che “mangiano”), le “eminenze” e i “senza patria” (gli immigrati francesi) che occupano la “casa Francia”.
Il suo movimento era fortemente antiparlamentare, antipolitico si direbbe oggi e alla luvce del movimento italiano di Giannini “qualunquista“.
Sostenuto agli inizi dai comunisti che speravano di inglobare le spinte antistatali del movimento, questi ultimi non mancheranno in seguito, per screditarlo, di soprannominarlo “Poujadolf” accostandolo al defuntoleader nazista ed in riferimento alle sue affollatissime manifestazioni politiche, ma anche ai suoi proclami xenofobi e antisemiti.
Il suo movimento sindacale, l’unione della Difesa dei Commercianti e Artigiani (UDCA), conobbe il suo massimo successo verso la fine della Quarta Repubblica e così anche nella sua versione elettorale l’Unione e Fraternità Francese (UFF) che gli permise di conquistare 52 deputati (2,4 milioni di voti con l’11,6% dei suffragi) per l’Assemblea nazionale nel 1956.
Questi movimenti rivendicavano la difesa dei commercianti e degli artigiani e criticavano l’inefficacia della politica parlamentare così com’era praticata durante la Quarta Repubblica. Essi rappresentavano la difesa d’una parte dell’elettorato francese stanco dell’instabilità politica e dell’impotenza della Quarta Repubblica.
Il movimento di Pierre Poujade riteneva di poter superare la divisione tra destra e sinistra riprendendo in ciò il tema del Partito popolare francese di Jacques Doriot, un movimento apertamente filo nazista inventore dello slogan “né destra, né sinistra”.
Spesso le manifestazioni dei poujadisti sfociavano nella violenza ed il movimento era attrezzato con un servizio d’ordine che non esitava ad usare la forza.
Per estensione il termine “poujadismo” è stato usato per qualificare un atteggiamento demagogico in favore dei “piccoli” commercianti, artigiani, operai, contadini, opposti alle multinazionali, o anche per significare l’antiparlamentarismo delle corporazioni, esprimendo così una tendenza ad identificarsi con l’estrema destra assumendo le caratteristiche di un populismo reazionario.
Sarà l’avvento della Quinta Repubblica a segnare la fase discendente di Pierre Poujade.
Superfluo dire che il “poujadismo” non fermò i cambiamenti in atto nella società francese.