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Formazione e sviluppo delle risorse umane

Creato il 01 aprile 2012 da Pps @ppsposato
Lo spunto per questo articolo mi é venuto leggendo il programma di formazione manageriale, proposto dalla Federmanager Academy che, tra le varie proposte formative ha inserito una giornata intitolata "Far crescere e non solo guidare, quando il manager é anche coach"L'esigenza proposta dal titolo del corso, fa sorgere la domanda su come un'azienda dovrebbe, oggi, organizzare la formazione e sviluppo delle risorse umane; é ovvio che il modello dovrebbe tenere presente le esigenze delle aziende, emerse con i significativi cambiamenti, venutisi a creare negli ultimi anni, nella gestione della Risorsa Umana.
Ho identificato diversi aspetti che, in linea di massima, tendono a riprodursi in quasi tutte le realtà aziendali:
  1. Il minor accento dato oggi alla fidelizzazione del dipendente ed i continui processi di fusione, acquisizione e riorganizzazione, fanno si che una popolazione aziendale in uno stesso ruolo sia continuativamente molto poco omogenea. Se analizziamo questa popolazione in funzione della anzianità di ruolo e della anzianità di azienda, troviamo una notevole dispersione in quattro sottotipi: a) dipendenti con breve anzianità sia di ruolo che di azienda, b) dipendenti con breve anzianità di ruolo ma lunga anzianità aziendale, c)dipendenti con lunga anzianità sia di ruolo che di azienda, d) dipendenti con lunga anzianità di ruolo e breve di azienda
  2. I responsabili della formazione sviluppo delle risorse umane  sono sempre meno disposti ad organizzare progetti di formazione e/o corsi che prevedano il coinvolgimento, in uno stesso momento, di tutta la popolazione appartenente al medesimo ruolo; in parte essi sono costretti ad agire con investimenti decisamente inferiori rispetto al passato ma in parte, ed a ragione, non ritengono giusto realizzare lo stesso tipo di intervento formativo su una popolazione che si presenta con capacità, competenze e motivazioni molto diverse.
  3. La Direzione delle Aziende e le Funzioni Risorse Umane sono, generalmente parlando, convinte ed interessate a far crescere il più rapidamente possibile Supervisori e/o Manager, quando questi debbano gestire gruppi formati da un numero significativo di dipendenti. Questa volontà si scontra spesso con le disponibilità temporali degli interessati, chiamati a gestire routine aziendali, che sempre più frequentemente si trasformano in gestione di crisi temporanee.
I modelli d'intervento formativo, che dovrebbero emergere da queste considerazioni devono tenere conto che le figure del Supervisore e/o dei Manager di prima linea costituiscono la “ Spina dorsale “ dell’Organizzazione. Le nuove sfide del mercato globale presuppongono la disponibilità di capitale umano di alto livello, che possieda elevate conoscenze e che sia in grado di mantenerle, anche in presenza di fenomeni accelerati di cambiamento. Inquadrato in questo contesto il Supervisore ed il Manager di prima linea , seppure con sfumature e pesi diversi a seconda del tipo di Azienda, deve diventare un professionista Gestore di risorse umane.
Medici, Ingegneri, Architetti, Avvocati, Insegnanti ecc., per esercitare brillantemente la loro professione, devono per prima cosa possedere un adeguato titolo di studio e, secondariamente, mantenersi costantemente aggiornati, correndo altrimenti il rischio di perdere conoscenze, prestigio e clientela e di conseguenza diventare dei mediocri professionisti.
Questa impostazione deve valere anche per chi, in azienda, è chiamato a gestire le risorse umane in modo professionale; sappiamo tutti che, fatte salve rare eccezioni, la stragrande maggioranza dei Supervisori e Manager, operanti nelle aziende, non possiede master in materia e normalmente arriva (almeno è auspicabile) ad una posizione di prima linea di supervisione essenzialmente per due motivi:
  • ha ben operato nella posizione immediatamente inferiore
  • ha dimostrato di possedere potenzialmente delle capacità tali da permettergli di assumere responsabilità crescenti.
Esistono teorie che, usate in passato nelle aziende con scarsa propensione ad investire nella formazione e sviluppo delle risorse umane,  hanno prodotto mediocri professionisti con pesanti ripercussioni sull’intera gestione delle aziende e con risultati sotto gli occhi di tutti. Ci riferiamo ai così detti miti sulla non possibilità di ottenere cambiamenti nei dipendenti, del tipo:
  • il management è solamente una questione di buon senso;
  • le prestazioni efficaci sono facili da riconoscere;
  • ognuno nasce con abilità o le sviluppa solamente in età molto precoce;
  • le prestazioni si possono migliorare, migliorando solo le conoscenze;
  • solo l’esperienza può insegnare cosa è importante nel gestire un ruolo.
E’ per contro dimostrabile che Capi non si nasce ma ci si diventa, così come altri professionisti, attraverso un’adeguata preparazione ed un successivo aggiornamento, teso allo sviluppo delle capacità potenzialmente già possedute, in funzione delle responsabilità e dei ruoli che si è chiamati a svolgere.
Tutti gli interventi, progettati, devono trarre origine dall’applicazione di quelle teorie manageriali che identificano nella Risorsa Umana la così detta differenza competitiva di ogni organizzazione e i partecipanti dovranno essere sensibilizzati a considerare come , nelle quotidiane relazioni aziendali, il comportamento dei singoli sia grandemente influenzato dal rapporto che ognuno caratterialmente possiede tra l’orientamento al compito e l’orientamento alle relazioni interpersonali,
I Capi, che dovessero sottovalutare o non conoscere tale basilare elemento della leadership, non saranno mai in grado di gestire efficacemente i propri dipendenti, ed interagire altrettanto efficacemente con pari livello e superiori.

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