Alla quarta votazione, salvo grandi sorprese nellle urne (per esempio una cinquantina di peones che vendichino l'imboscata renziana dei 101 contro Prodi), Mattarella passerà col 50% + 1 dei voti. E poi?
E poi Renzi non riuscirà, in tre anni, a fare uno straccio di riforma costituzionale. OGNI riforma costituzionale richiede - per passare senza referendum confermativo - la maggioranza qualificata dei due terzi in Camera e Senato, con doppia lettura a distanza di tre mesi. E Renzi, sotto l'impatto delle vendette per la rottura del patto del Nazareno, la maggioranza dei due terzi non ce l'avrà neanche a piangere in cinese. E senza la maggioranza qualificata in "quadrupla" lettura, avrà bisogno di un referendum confermativo, senza obbligo di quorum. Non solo non lo vincerebbe, ma forse non ci sarebbe neanche il tempo per indirlo e farlo prima della fine della legislatura (ammesso che ci arrivi). In appendice, un breve articolo che commenta tempi, nodi e trappole delle revisioni costituzionali secondo l'art. 138 della costituzione vigente.
Tafanus
Quirinale, tutte le maggioranze per far salire Mattarella
Nei primi tre scrutini Pd, Forza Italia e Area popolare hanno indicato scheda bianca, quindi l'ipotesi per Mattarella è l'elezione a partire dal quarto scrutinio. A quel punto l'ex ministro parte da 554 voti, 49 voti in più del quorum. Al netto dei franchi tiratori (Fonte - Giovanni Cedrone)
Dopo l'indicazione del premier Renzi il grande favorito sembra essere il giudice della Corte costituzionale Sergio Mattarella, ex ministro Dc. Il condizionale però è d'obbligo perché le incognite restano tante. A cominciare dalla posizione che prenderà Forza Italia, per ora orientata a votare scheda bianca nei primi tre scrutini. Su Mattarella sembra invece ricompattarsi il Pd, come confermato dall'ex segretario dem Pierluigi Bersani. Anche Sel e Scelta Civica e 17 grandi elettori del gruppo misto hanno dato l'ok a Mattarella. Area popolare di Angelino Alfano voterà scheda bianca nelle prime tre votazioni, mentre da Gal (Grandi Autonomie e Libertà) non è arrivata un'indicazione univoca. Gli ex Cinque Stelle voteranno Stefano Rodotà nei primi tre scrutini. Orientato al no il Movimento Cinque Stelle, che ritiene Mattarella un nome "troppo legato alla prima Repubblica". Sicuro invece il voto contrario di Lega nord e Fratelli d'Italia. Ecco tutti gli scenari possibili.
Mattarella eletto nelle prime tre votazioni. Per essere eletto nei primi tre scrutini Mattarella avrà bisogno dei 2/3 dei voti dei grandi elettori, pari a 673 voti su 1008. La combinazione più facile potrebbe essere la convergenza dei voti Pd (446) e dei voti di Forza Italia, qualora l'ex Cav dovesse cambiare idea, ai quali dovrebbero aggiungersi i voti di Scelta Civica, Gruppo delle Autonomie e Area popolare guidata da Alfano. Tale combinazione potrebbe contare su un nucleo di 711 voti, al netto dei franchi tiratori.
L'altra ipotesi è quella che il giudice della Corte costituzionale venga eletto da Pd più ex grillini, Sel, Scelta Civica, gruppo per le Autonomie e Movimento Cinque Stelle. In questo caso Mattarella partirebbe sulla carta da 702 grandi elettori, una cifra superiore al quorum necessario. Questa ipotesi appare allo stato complicata considerando che Mattarella non fa parte della rosa di nomi al vaglio degli iscritti al blog di Beppe Grillo.
Mattarella eletto dopo la quarta votazione. Se non si trova la quadra nei primi tre scrutini, da sabato sarà sufficiente la maggioranza semplice dell'Assemblea, pari a 505 voti. E qui le combinazioni possibili aumentano considerevolmente. Il Pd parte da 446 grandi elettori: a questi vanno aggiunti quelli dei partiti che hanno già dato il loro assenso, cioè Sel, Scelta Civica e Autonomie. Mattarella parte dunque, al netto dei franchi tiratori, da 554 voti, 49 più del quorum.
Più agevole l'elezione se a questi voti si unissero quelli degli ex Cinque Stelle: la quota di partenza arriverebbe così a 589 voti. Altra ipotesi possibile è quella che ai voti di Pd, Scelta Civica e Autonomie si aggiungano quelli di Area popolare: la somma questa volta arriverebbe a 596. Infine l'ultima ipotesi è che Mattarella trovi un'ampia convergenza con il sostegno di Pd, Scelta Civica, Autonomie e Forza Italia: in questo caso si partirebbe da 739 voti.
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Dal Parlamento al referendum - Così si cambia la Costituzione
Cambiare la Costituzione è una procedura complessa, fissata dall'articolo 138 della Carta. In esso si obbliga il Parlamento alla doppia lettura (doppio passaggio alla Camera e al Senato) e, qualora i soggetti previsti ne faccinao richiesta, è previsto un referendum popolare confermativo. Questo è il testo integrale dell'articolo 138
"Le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali sono adottate da ciascuna Camera con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi, e sono approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione.
Le leggi stesse sono sottoposte a referendum popolare quando, entro tre mesi dalla loro pubblicazione, ne facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali. La legge sottoposta a referendum non è promulgata, se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi.
Non si fa luogo a referendum se la legge è stata approvata nella seconda votazione da ciascuna delle Camere a maggioranza di due terzi dei suoi componenti".
Va aggiunto che rispetto al referendum ordinario, quello confermativo sulle leggi di riforma della Costituzione presenta un'importante differenza: per la sua validità non è necessario che vada a votare almeno la metà degli aventi diritto. Il referendum sarà valido anche in caso di bassa affluenza alle urne e i sostenitori della riforma non potranno fare leva sull'astensionismo (come accadde invece, ad esempio, nel referendum sulla procreazione assistita).
Ma quando si svolgerà? Una data ancora non c'è, ma è certo che sarà dopo le elezioni politiche. La scaletta dei tempi tecnici non lascia scampo: tre mesi per raccogliere le firme, un mese per il controllo sulle firme da parte della Cassazione, poi il governo avrà due mesi di tempo per firmare il decreto di indizione; a quel punto il capo dello Stato potrà convocare il referendum in una domenica compresa tra il cinquantesimo e il settantesimo giorno dal decreto di indizione. Insomma, anche andando di corsa ci sono almeno sei mesi di tempo: e le votazioni sul referendum non potranno svolgersi prima della metà di maggio del 2006, cioè più di un mese dopo le elezioni politiche previste per il 9 aprile (Fonte: Repubblica)
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