In 10 anni la forza lavoro straniera è passata dal 4,4% al 10,8% . Sempre più una realtà da integrare nel nostro sistema paese, con numeri molto diversi nelle diverse regioni. Nonostante questo, i lavoratori stranieri in Italia hanno pagato più di altri il prezzo della crisi.
Nel 2014 in Italia la percentuale di forza lavoro straniera superava il 10% , ben oltre la media Ue (7,07%), e davanti alle altre potenze del vecchio continente: Regno Unito (9,7%), Germania (9,3%) e Francia (5,30%). In soli 10 anni la percentuale di lavoratori non italiani sul totale della forza lavoro è più che raddoppiata, con un dato iniziale nel 2004 che superava di poco il 4%.
Nonostante tutto ciò, in alcune zone del paese i numeri sono molto più bassi. Nel Mezzogiorno gli stranieri sono il 5,26% della forza lavoro, la metà della media nazionale. Numeri record si registrano al Centro, dove si supera il dato medio di ben tre punti percentuali, raggiungendo il 13,67%. Al Nord la percentuale è del 12,83%, con il Nord-est che “batte” di poco il Nord-ovest: 12,99% contro 12,71%.
Storicamente gli stranieri hanno sempre avuto un tasso di occupazione superiore ai locali. Un fenomeno che si presenta nella maggior parte dei paesi Ue, semplicemente per il fatto che gli immigrati arrivano mediamente in età lavorativa.
Nel 2014 per esempio il tasso di occupazione degli italiani era del 55,7%, mentre quello dei cittadini extra-Ue residenti nel bel paese del 57,6%. Un gap di 1,9 punti percentuali, che nasconde però quanto la situazione sia peggiorata per gli immigrati con la crisi economica. Il gap infatti nel 2006 era di 7,6 punti percentuali, con il tasso di occupazione degli stranieri che era al 65,9% e degli italiani al 58,3%.
Per approfondimenti:
- MiniDossier “Immigrazione, il giorno dopo” (italiano)
- MiniDossier “Immigration, the day after” (english)
- MiniDossier, la raccolta degli approfondimenti