Silvio Berlusconi torna in campo e si ricandiderà nel 2013 come premier. Il partito tornerà a chiamarsi Forza Italia, il nome più caro al Cavaliere. Un’operazione nostalgia, condita dai ritorni in pompa magna di Martino, Dell’Utri, Scajola e Bonaiuti, i veri fedelissimi che non l’hanno mai tradito.
Un’operazione per ricompattare i moderati, recuperare gli scontenti e dare un’identità precisa al centrodestra che non si è mai riconosciuto appieno nell’accozzaglia del Popolo delle Libertà. Un partito di amici, senza serpi in seno. Non ci sarà Tremonti che lancerà una propria proposta politica, non ci saranno gli ex AN La Russa, Gasparri, Matteoli e probabilmente Alemanno che mal digeriscono l’amarcord. E mancheranno anche tanti attuali pidiellini, sorpresi e delusi dal ritorno di quello che doveva rimanere il padre nobile, padrino dell’ascesa di Angelino Alfano.
Il nuovo-vecchio partito metterà al centro della discussione le questioni economiche e il rilancio dello sviluppo, sfidando direttamente Tremonti e indirettamente il governo dei tecnici sul loro stesso territorio. Una bozza di programma e l’annuncio ufficiale della candidatura dovrebbero uscire dal consesso di economisti previsto oggi a Villa Germetto.
Questo ufficialmente. Ufficiosamente però, il ritorno di Berlusconi è dovuto alla preoccupante situazione economica della Fininvest e dei suoi pezzi più importanti. La situazione post urne, a meno di boom clamorosi, sarà molto simile a quella odierna: un risiko in cui nessuno ha la meglio e spetterà a qualche superpartes governare, trattando norma su norma con i partiti. Il Cavaliere sa che non potrà andare al potere, ma rimanendo al centro dello scacchiere politico potrà curare al meglio gli interessi del suo portafoglio che ora piange.
Mediaset è al centro di una crisi epocale. In un anno le azioni a Piazza Affari sono passate da un valore a 3,22 euro a 1,26, toccando il minimo storico di 1,166 a metà giugno. Una flessione del 60% che non combacia con il calo generale della borsa che si attesta a un meno 30%. Alcuni analisti hanno tagliato le prospettive del titolo: Societé Genérale consiglia di venderlo e non più di tenerlo con un target price di 1,10 euro perché il rischio/rendimento non è sufficientemente attraente, Bofa-Merrill Lynch l’ha indicato come underperform ovvero che farà peggio del mercato, con un prezzo obiettivo di 1,3 euro. Sui bilanci Mediaset pesa la contrazione degli investimenti pubblicitari, anche se la cassaforte rimane solida.
Non sta bene neanche Mediolanum: i bond greci che la società partecipata al 35% dal Biscione ha dovuto rettificare hanno pesato per 30 milioni. Altri 60 milioni di perdita sono arrivati dalla svalutazione di Mediobanca.
Come molti avranno immaginato, il Milan è in cattive acque. Il rosso del bilancio dell’ultima stagione è arrivato di 69 milioni e ha costretto Galliani a vendere i due pezzi più pregiati della squadra, Thiago Silva e Zlatan Ibrahimovic, al Paris Saint German.
Una mazzata non prevista è arrivata l’estate scorsa dal tribunale civile che ha condannato Fininvest a rimborsare Carlo de Benedetti per lo scippo della Mondadori del ’91. Una botta da 546 milioni coperta da fidejussioni bancarie che ha fatto aumentare l’indebitamento da 1,35 miliardi a oltre due.
Per il secondo anno di fila, la famiglia Berlusconi ha dovuto rinunciare ai corposi dividendi che solitamente portavano nelle tasche di Silvio e dei cinque figli tra i 150 e i 200 milioni di euro.
Le ragioni economiche per il ritorno in campo del Cavaliere sembrano molto più ragionevoli e pressanti di quelle politiche.
Fonti: Il Sole 24 Ore, Il Fatto Quotidiano.