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Creato il 14 luglio 2014 da Federbernardini53 @FedeBernardini

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Di Sonia Maioli   Sfoglio la home di Facebook, quante foto!

Senza paura di essere smentita, credo che mai tante ne siano state scattate e pubblicate.

Piatti di tagliatelle ai crostacei, in più e diverse riprese, gatti, cani, vasi di e da fiori, fasciature di ferite, bicchieri rotti, risate e pianti, bambini di tutte le età, fidanzati, vivi, morti, riempiono pagine e pagine.

Certo sarebbe stato improbabile se ancora si fossero dovute sviluppare e stampare.

Avevo un gatto grigio, quasi blu, tigrato, bellissimo.

Era stato chiamato Teo ma, arrivato a casa mia, fu ribattezzato Ciotto, diminutivo di miciotto.

Mio padre, in quel periodo, si lamentava che nessuno di noi gli avrebbe mai dato un nipote, la vedeva lunga!

Aveva ragione, mai nessuno di noi tre è diventato genitore.

Un po’ per sfinimento, un po’ perché Teo era l’ultimo di una genia di gatti grigio/blu tigrati, sterminati dai cacciatori che temevano, a ragione, che avrebbero distrutto nidiate di fagiani e pernici, lo accettai.

Dono di Roberta, amica e sorella carissima.

Inutile dire che diventò il beniamino di mio padre, amante sfegatato di tutti i gatti, specialmente i randagi.

Stette molto male, lui, fu ricoverato a lungo e, in un quasi coma, chiedeva continuamente di Ciotto.

Nessuno ebbe il coraggio e la scelleratezza di dirgli che il micio aveva avuto un tremendo incidente.

Lo aveva trovato mio fratello, nelle prime ore di una mattina fredda, vicino a un marciapiede, ferito a tutte e due le zampe posteriori. Ebbe il coraggio di fare le fusa mentre Marco lo raccoglieva.

Improvvisammo una barella con una vecchia asse per lavare, quelle dei vecchi lavatoi, foderata di asciugamani e federa bianca.

Arrivammo in Viale Europa dal veterinario in poco tempo, fu curato, ricucito, accudito.

Guarì più tardi, insieme a mio padre, dopo una lunga convalescenza che li tenne ancora più vicini.

Per Ciotto ritornammo a lasciare aperta la porta di casa, giorno e notte, per permettergli di andare e venire con comodo.

Lavoravo allora in una emittente privata, di ritorno da una permanenza abbastanza lunga a Parigi, libera e serena, senza controllo, accettavo mal volentieri orari e restrizioni.

Molte volte rientravo in punta di piedi, senza bisogno di aprire la porta con la chiave e, più che altro, richiuderla.

Ciotto era complice, gatto bellissimo, elegante e regale, modello di molte delle mie foto.

Il proprietario del negozio dove le  portavo a sviluppare, rise molto dell’intero rotolino che avevo scattato a un solo gatto.

Trentasei foto, tutte per lui, una spesa non indifferente!

Altro che le mille e mille di oggi!



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