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Fotografia ibrida

Da Marcoscataglini
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Io me li ricordo gli anni '90. Dal punto di vista fotografico, almeno. C'erano due sole possibilità, anzi tre: la fotografia su negativo (bianco e nero o colori) e le diapositive. Poi, volendo, c'era la Polaroid, ma era tutto un discorso a parte. Comunque, sta di fatto che con le diapositive si poteva fare ben poco: se venivano ben esposte e ben composte, allora si aveva in mano una bella foto, altrimenti c'era il cestino. Con i negativi a colori, si poteva solo passare per il laboratorio di stampa: ne provavi dieci e ti davano dieci risultati diversi, mediamente insoddisfacenti. Qualcosa in più, se avevi una camera oscura come me, potevi ottenere con le foto in bianco e nero, che infatti sono sempre state le mie preferite. Ma bisognava trascorrere lunghe ore al buio, respirando robaccia chimica e sprecando un sacco di materiale, per ottenere risultati degni. Io ho sempre avuto il pallino della sperimentazione, ma le prove fatte allora con i fori stenopeici, gli obiettivi autocostruiti, l'infrarosso, si rivelavano raramente accettabili, e la delusione mi induceva -a intervalli regolari- a interrompere gli esperimenti e tornare alla fotografia "normale", quella che mi dava (e in parte mi dà ancora) da mangiare. Tutt'al più ricorrevo a tecniche estreme come scoloriture di stampe con varecchina o acidi vari, bruciature, esposizioni multiple, sandwiches di diapositive... Poi è arrivato il digitale. All'inizio l'ho avvicinato con diffidenza, poi è stato amore senza tentennamenti. Finalmente potevo sperimentare quanto volevo senza sporcare indelebilmente gli abiti! Dopo 7 anni di digitale quasi assoluto, oggi sto riscoprendo la pellicola. Corsi e ricorsi della storia! Su Internet è comparsa un'intervista ad un responsabile della Kodak che rivela: la crisi dell'analogico è finita, la pellicola sta tornando! Ovviamente, niente a che vedere con i numeri di un tempo, ma la caduta libera nei consumi della pellicola si è fermata, e ci sono chiari segni di ripresa. Insomma, un sacco di fotografi -anche grazie alla Lomografia, alle Toy Cameras e alla fotografia stenopeica- sta tornando ad utilizzare il classico supporto chimico; alcuni stanno addirittura tornando in camera oscura, almeno per lo sviluppo dei rulli bianco e nero (mi colloco tra loro). Questo non significa certo che ci sia un abbandono del digitale, tutt'altro. Io credo invece che stia nascendo una interessante fotografia ibrida. Il limite delle tecniche Lo-Fi che utilizzavo un tempo, era che di rado il risultato, in prima battuta, si poteva definire soddisfacente. Ma ora, dopo aver realizzato lo scatto su pellicola, si può passare in digitale, correggere la foto controllando il contrasto, i colori, il tono, aggiustando i dettagli. Non si tratta di stravolgere il negativo, ma solo di fare quello che si sarebbe comunque dovuto fare in camera oscura -con più costo, più tempo e più difficoltà- oltre  a qualcosa che allora non era possibile, come l'aggiustamento fine dell'esposizione, che nelle immagini stenopeiche -un tempo- era davvero un problema, visto che di rado si azzeccava in pieno, su un intero rullo, i tempi corretti. Si può invece, oggi, scansire un negativo tre volte (sottoesposto, esposto corretamente, sovraesposto) e poi montare il tutto come HDR, tirando fuori dal negativo stesso ogni più piccola sfumatura. Neanche Ansel Adams avrebbe potuto fare lo stesso!  Perciò parlo di fotografia ibrida: una fotografia né solo analogica, né solo digitale, ma che sfrutta le caratteristiche di entrambe le tecnologie per ottenere risultati di grande rilevanza. D'altra parte, non mi stancherò mai di dirlo, col digitale ci si può avvicinare all'effetto pellicola, ma comunque una foto nata analogica si vede e ha caratteristiche uniche. Possono piacere o meno, ma bisogna essere consapevoli che solo passando attraverso il supporto chimico si possono ottenere certi risultati...

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