Fior di Loto (Nelumbo nucifera)
Ha foglie grandi e cerose, impermeabili all'acqua; i fiori rosa, appariscenti, con un ricettacolo centrale rigonfio e spugnoso. Molte civiltà del passato lo ritenevano un fiore sacro, simbolo di purezza. In India rappresenta ancora oggi i centri energetici del corpo umano, i chakra. In generale, però, ha perso il suo alone "spirituale", benché continui ad affascinare chiunque per le sue caratteristiche uniche. Il riferimento è a una delle più belle piante acquatiche italiane: il fiore di loto (Nelumbo nucifera). Il vegetale cresce soprattutto fra le acque del Mincio, fiume settentrionale del Belpaese che, in corrispondenza di Mantova, forma tre piccoli laghi: Superiore, di Mezzo, Inferiore. Presente in Italia da nemmeno cento anni (è stato introdotto nel lago Superiore nel 1921 da una giovane studentessa di scienze naturali, Maria Pellegreffi), la specie proviene dal sud-est asiatico e dall'Australia, dove è coltivata da millenni. Viene dunque detta alloctona (o aliena), per differenziarla dalle piante autoctone che crescono nelle nostre regioni da sempre. Altre specie che arrivano da lontano sono per esempio il pino strobo (Pinus strobus), introdotto in Italia dal Nord America nei primi anni dell'Ottocento; il gelso di carta (Broussonetia papyrifera), arrivato in Italia dall'Asia verso la fine del Settecento; il platano comune (Platanus hispanica), osservato per la prima volta in Spagna nel XVII secolo. Ma sono solo una minuscola parte delle tante specie che stanno ormai colonizzando il nostro territorio.
Ailanto (Ailanthus altissima)
Come arrivano da noi le specie aliene? Molte vengono deliberatamente introdotte sul territorio, coltivate nei giardini o negli orti botanici. Poi inselvatichiscono. Altre arrivano accidentalmente, in seguito agli scambi commerciali. L'ailanto (Ailanthus altissima) – un albero di 25 metri di altezza, con radici lunghe più di 30 metri - è giunto in Italia dalla Cina per nutrire i bachi da seta. La robinia (Robinia pseudoacacia) – che caratterizza soprattutto le aree verdi settentrionali (i boschi di robinia in Piemonte coprono una superficie pari a 85mila ettari) - è approdata in Italia dagli USA, per consolidare i terreni e prevenire frane e smottamenti; in pochi anni s'è diffusa ovunque, offrendo grandi quantità di legna da ardere, ma favorendo anche lo sviluppo di roveti che creano barriere naturali all'uomo e agli animali. La caulerpa (Caulerpa taxifolia) - un'alga che ha invaso tutto il Mediterraneo con stoloni lunghi quasi tre metri - è arrivata in Italia perché utilizzata come decorazione per gli acquari; ma il vegetale è compreso nell'elenco delle 100 specie aliene più dannose del mondo. Altrettanto dannose sono l'ambrosia (Ambrosia artemisiifolia) che provoca pesanti allergie e crisi d'asma, e le varietà inselvatichite di riso coltivato (Oryza sativa) che arrecano seri danni alle risaie con grandi ripercussioni economiche. Tutte le specie aliene, comunque, compromettono l'esistenza di quelle autoctone. Il rapporto annuale pubblicato da Diversity and distribution nel 2009 sottolinea il grave danno arrecato da piante come la yucca comune (Yucca gloriosa) originaria del Messico, Caraibi e California, e lo zenzero (Zingiber officinale), proveniente dal Nepal e dall'India. La prima appartiene alla famiglia delle agavacee ed è una delle piante di appartamento più conosciute, rappresentata da vegetali con le foglie appuntite prive di spine, di colore verde lucido; la seconda fa parte delle zingiberacee ed è tipicamente rappresentata da specie erbacee provviste di un rizoma carnoso e da foglie lanceolate. Il rapporto analizza 52mila località urbane e agricole in Europa. Risultato: in Italia ci sono circa mille nuove specie, il 10% del totale, provenienti da un paese lontano, un esercito di nuove erbe, arbusti e alberi d'alto fusto, pronto a invadere ogni nicchia ecologica. La regione con il maggior numero di piante esotiche è la Lombardia. Ce ne sono più di 600: il Museo di Milano ne ha contate esattamente 619, 250 solo a Milano. Alcune sono qui da molti anni. La robinia e l'uva turca (Phytolaca amaerican) vengono citate anche da Alessandro Manzoni: a Brusuglio, l'autore dei Promessi Sposi, amava dedicarsi al giardinaggio, e probabilmente contribuì attivamente alla diffusione della cosiddetta gaggia. Alla luce di ciò si comprende il motivo per cui gli esperti dell'Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (UICN) lanciano l'allarme: circa 2300 specie vegetali locali sono a rischio di estinzione. 64 sono già scomparse. Sulle Alpi l'invasione di specie aliene è ancora più severa, poiché l'habitat montano è molto suscettibile ai cambiamenti climatici. A livello mondiale sono circa mille le specie esotiche che hanno conquistato le alte quote. Secondo uno studio condotto da CIPRA (Commissione Internazionale per la Protezione delle Alpi) il 45% delle specie montane è a rischio e potrebbe scomparire entro il 2100. «Le piante di montagna sono strette da due fuochi» rivelano i botanici del CIPRA «da una parte sono in fuga verso altitudini maggiori, dall'altra queste piante vedono il loro ecosistema invaso da specie provenienti dalle quote più basse».
Ginestra (Ginestra scoparius)
La conquista degli habitat italiani da parte di specie vegetali alloctone inizia nel Neolitico, ultimo periodo dell'età della Pietra: le cosiddette “archeofite” giungono nelle nostre regioni in un periodo compreso fra 10mila anni fa e la scoperta dell'America; le “neofite” arrivano dal 1492 in poi (e sono la stragrande maggioranza). Il sopraggiungere di nuovi vegetali in Italia è favorito dai cambiamenti sociali, come la nascita dell'agricoltura e lo sviluppo dei primi insediamenti fissi. L’esportazione di frumento e orzo dalla Mezzaluna fertile trascina con sé numerose specie “opportuniste”, alcune delle quali estremamente dannose: è il caso di fiordaliso (Cyanus segetum), papavero (Papaver rhoeas), camomilla (Matricaria chamomilla) e zizzania (Lolium temulentum), tutte di probabile, antichissima origine anatolica. «Da allora ha preso l'avvio un fenomeno esponenziale, che ai nostri giorni ha raggiunto livelli inimmaginabili, creando grossi problemi», raccontano gli esperti del Museo di Storia Naturale di Milano. Queste specie, infatti, stanno progressivamente alterando gli ecosistemi italiani, interferendo con i delicati equilibri ecologici coinvolgenti tutte le specie viventi, diffondendosi a grande velocità e dando vita ad ecosistemi atipici: «A un'avanguardia di vegetazione autoctona ormai disorganizzata, indebolita e compromessa, le aliene rispondono espandendosi e conquistando passo a passo il territorio», precisano i botanici milanesi. A questo punto, però, sorge un interrogativo: così come molte specie invadono l'Italia, è possibile che anche alcune delle nostre piante finiscano per “contaminare” altri territori? Assolutamente sì. «Si tratta, infatti, di un fenomeno reciproco, analogo a quello della globalizzazione in ambito culturale», spiegano i ricercatori del Museo di Storia Naturale di Milano. «Sono numerose le piante italiane che creano problemi, anche economici, in altre parti del mondo». Per esempio ci sono il finocchio (Foeniculum vulgare), la salcerella (Lythrum salicaria), i cappellini comuni (Agrostis stolonifera) e le ginestre (Cytisus scoparius e Spartium junceum); quest'ultima, in particolare, è fortemente invasiva sulle Ande, dove colonizza "a tappeto" tutti i bordi stradali superando i 3mila metri di altitudine. Ma non tutte le specie italiane riescono ad avere successo “all'estero”. Dipende dalla natura dei semi, e dalle differenze climatiche che caratterizzano i vari habitat terrestri. In Italia giungono semi di numerosissime specie, ma soltanto pochi riescono a germinare, e ancora meno sono quelli che riescono ad “ambientarsi”. «La loro strada sulla via dell'integrazione e della "scalata sociale" è in salita», dicono i ricercatori milanesi, «come nel caso degli immigrati, e per giungere sino all'ultimo gradino (invasività) devono superare ben sei barriere ecologiche, da quella geografica a quelle climatica, riproduttiva e ambientale; fortunatamente, la maggior parte dei nuovi arrivati è destinata a non avere successo. Ovviamente il limite climatico è fondamentale: piante originarie di paesi nordici o tropicali, come il baobab, non si ambienteranno mai in Italia, a meno di profondi cambiamenti climatici; quelle nordamericane o cinesi, invece, sono numerosissime». Spesso la conquista vegetale di nuovi areali avviene in compagnia di animali, anch'essi responsabili di gravi problemi ambientali. Sono numerosi gli insetti che giungono sul nostro territorio assieme alle piante. Emblematici i casi della farfallina dei gerani coltivati (Pelargonium spp.), Cacyreus marshallii, che crea infestazioni nelle serre o sui balconi, o i temibilissimi punteruolo rosso (Rhynchophorus ferrugineus) e tarlo asiatico (Anoplophora chinensis), che, rispettivamente, stanno minacciando e distruggendo quasi tutte le palme delle nostre coste e i boschi e parchi della Lombardia nordoccidentale.