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Fra Dolcino. Dell'amore e dell'odio.

Creato il 28 maggio 2014 da Il Viaggiatore Ignorante
Fra Dolcino. Dell'amore e dell'odio.
Dolcino nasce, intorno alla metà del 1200, dove la pianura novarese risale dolce verso le Alpi. 
Il luogo esatto è ancora oggi incerto: molti lo credono discendente dell'antica famiglia Tornielli di Novara, altri lo collocano in Valsesia, tra Prato Sesia e Romagnano, pochi si sono spinti a crederlo originario di Trontano, in val d'Ossola, in quanto in quel piccolo paese vi è ancora oggi una torre che porta il suo nome.
Il suo nome...anche su questo ci sono dubbi, Dolcino Tornielli o Torrielli. 
Tutto quello che riguarda Dolcino sino all'agosto del 1300 è dubbio. Ma alla metà di quell'anno la Chiesa capisce che avrà problemi, seri e ripetuti, con gli Apostolici, dei quali Dolcino diviene "caput et magister" dopo il rogo di Geraldo Segarelli, fondatore dell'ordine.
Si presenta al mondo con una prima lettera che crea disordine all'interno della Chiesa. Dolcino chiede che si torni alle origini, alla chiesa umile e senza beni materiali. Profetizza la fine della stessa e del falso papa Bonifacio VIII per mano di Federico III d'Aragona. 
Il Clero non poteva accettare una simile posizione, tonante ed intimidatoria. Inizia la persecuzione degli apostolici, con roghi in diverse città di quello che oggi identifichiamo come Settentrione d'Italia.
Dolcino è instancabile viaggiatore e predicatore. 
Il Nord Italia è terreno di visite apostoliche per tre anni, sino a quando, nel 1303, presso Riva del Garda emana una seconda lettera. La missiva ha carattere meno profetico della precedente. In questo manoscritto si occupa di distinguere il proprio ordine dal Clero indistinto, andando fortemente e con coraggio contro la gerarchia romana della Chiesa. 
Nel suo soggiorno in Trentino conosce Margherita, figlia della contessa di Arco. La donna sarà compagna sino alla fine dei suoi giorni.
L'inquisizione si rimette in moto prepotentemente. Non riuscendo a colpire gli apostolici, a causa della loro clandestinità, decide di colpire i collaborazionisti! Si accanisce sulle popolazioni che danno rifugio e cibo a Dolcino ed i suoi uomini.
1304 inizia la fuga.
Dolcino cerca di portare le sue genti nelle montagne del Vercellese. I seguaci sono armati! Credono in un Dio giusto ma anche nella ribellione terrena! I dolciniani sono braccati non solo dall'inquisizione ma anche dai vescovi di Novara e Vercelli, tutto vogliono catturare Dolcino!
Creano un rifugio nella zona di Parete Calva, dove ritengono di essere al sicuro dalle milizie della Chiesa. I vescovi di Vercelli e Novara assoldano balestrieri genovesi ed altri mercenari per contrastare i ribelli della montagna. La Valsesia è occupata militarmente! 
I montanari sono con Dolcino, quelli che non lo sono subiscono razzie, furti e ruberie di cibo. Nell'intento di realizzare quella comunità lontana dalle gerarchie ecclesiastiche romane, Dolcino ed i suoi seguaci arrivano ad uccidere altre persone! si trasforma in guerrigliero! 
Le fila dei dolciniani crescono di numero, anche grazie alle operazioni di rastrellamento, perquisizione e scorrerie arbitrarie delle milizie vescovili.

« Or di' a fra Dolcin dunque che s'armi,
tu che forse vedra' il sole in breve,
s'ello non vuol qui tosto seguitarmi,

sì di vivanda, che stretta di neve
non rechi la vittoria al Noarese,
ch'altrimenti acquistar non saria leve. »

[ Inferno XXVII, 55-60]

Dolcino anche Dante ti ammonisce!! L'inverno nelle Alpi è terribile! Ricorda di armarti di cibo, sarai bloccato dalla neve! Dolcino ricordalo, altrimenti raggiungerai tutti gli eretici che bruciano all'inferno! 
Vivono nelle balme, nelle grotte messe a disposizione dalla comunità montanara.
Per il momento l'inquisizione è stata giocata!
Dolcino è un ribelle asserragliato sulle montagne e deve resistere.  Il freddo arriva, con esso la neve ed il gelo, che tutto blocca e tutto distrugge! Distrugge il morale degli uomini ancora prima che la loro resistenza fisica.
Si scende a valle, si deve razziare il cibo ed anche il denaro, si devono prendere ostaggi! 
Si deve arrivare ad uccidere!
La guerra è iniziata.
Le milizie devono combattere sullo stesso terreno dei rivoltosi, effettuando agguati quando questi scendono dalle montagne.
La guerra è dispendiosa, servono risorse. Dolcino in persona decide di scendere a Varallo e catturare il podestà per chiederne il riscatto.
L'inverno avanza e con esso il gelo che ghiaccia i torrenti e distrugge i ponti di collegamento tra le valli. Il cibo manca e la neve ha coperto il tutto che li circonda.
Si deve prendere una decisione! troppe persone sono salite al "forte della speranza" e molti sono donne e bambini, inabili alla guerra.
La mattina del 9 marzo 1306 la decisione è presa! Il rifugio di Parete Calva viene abbandonato e con esso anche i cadaveri di coloro che non hanno resistito al lungo inverno. La direzione di questo pellegrinaggio della speranza sono le montagne del Biellese. Un cronista del tempo definisce impensabili le vie battute dai fuggitivi, tra ghiaccio, freddo e neve.
La carità umana viene abbandonata! 
Il 10 di marzo si insediano al Monte Rubello.
Dolcino ringhia nella valle sottostante disprezzo ed odio.
Saccheggia Trivero ed i paesi limitrofi. Hanno bisogno di cibo per resistere.
L'esercito della Chiesa è stato giocato e gli apostolici sono fuggiti un'altra volta, sarà l'ultima.
Il conflitto si trasforma da guerriglia in guerra a viso aperto.
Dolcino, ringhiante, attende le milizie vescovili.
Monte Rubello si trasforma. Le grotte e le balme divengono case, vengono scavati un pozzo ed una galleria sotterranea. Le vette limitrofe vengono dotate di piccoli fortilizi di difesa ma soprattutto di guardia.
La Chiesa ha bisogno di un personaggio forte ed intelligente che possa catturare Dolcino. Appare sulla scena Raniero Avogadro, vescovo di Vercelli. 
Se fosse possibile definirlo in poche parole...odio puro contro l'eresia. 
Guida personalmente le milizie vescovili, inquisitoriali e comunali. 
Ma non basta. Avogadro chiede l'aiuto del Papa, degli inquisitori Lombardi, del duca di Savoia e dell'arcivescovo di Milano.
La battaglia inizia.
Dolcino ed i suoi si muovono come cani rabbiosi. 
Il primo scontro avviene presso Mosso, dove l'esercito di Avogadro viene sconfitto e catturato. 
Ma giunge un'altro inverno.
Il freddo bussa, i denti battono.
Gli uomini di Dolcino arrivano ad un tale livello di miseria che una volta morto qualcuno gli prendevano le carni, le mettevano a bollire e le mangiavano a causa della penuria di cibo. Malgrado questo ennesimo disperato tentativo di salvezza i ribelli cedono nella mente prima ancora che nel corpo. Tra il dicembre del 1306 ed il marzo del 1307 si consuma l'ultima tragedia. L'esercito dell'Avogadro parte all'attacco. Sono molto organizzati e ben nutriti. Dolcino ed i suoi sono disperati e scendono nella valle come bestie selvatiche affamate di sangue. 
23 marzo 1307, l'ultimo giorno da uomo libero.
Una sola giornata di guerra, la Chiesa vince. 
Catturano vivi oltre 140 apostolici tra cui Dolcino e Margherita.
Vengono tradotti nelle carceri vescovili di Biella.
Vanno processati. Il loro processo, ed il quasi sicuro rogo, devono essere d'insegnamento per tutti coloro che si allontanano dalla strada segnata da Dio.
Hanno devastato il corpo della Chiesa, ora la Chiesa devasterà il loro corpo.
L'inquisizione e la Giustizia vescovile si contendono i prigionieri. Tutti vogliono gloria. Tutti vogliono il corpo di Dolcino.
Il processo è breve. La sentenza, chiaramente, di condanna al rogo.
Dolcino e Margherita verranno arsi vivi, insieme, a Vercelli il 1 giugno del 1307.
Prima del rogo accade quello che, personalmente, ritengo il più grande errore della Chiesa in tutta questa la vicenda.
Nel passaggio dalla carceri alla piazza del rogo Dolcino e Margherita vengono torturati dinanzi al pubblico. 
Le torture sono tremende!
A Dolcino vengono straziate le carni! gli viene torto il naso e strappati i genitali!
La folla è inorridita! 
Quella stessa folla che prima aveva amato questo Novarese ribelle, per poi arrivare ad odiarlo a causa  delle razzie e dei furti, ora prova compassione, tristezza nel vederlo soffrire in silenzio, nel vederlo devastato nel corpo fare forza alla sua compagna! 
Arriva il rogo, liberatorio.
Dolcino in pochi istanti passa da ribelle a martire.
Dolcino non verrà ricordato come un eretico giustamente punito, ma come un precursore, un martire ingiustamente mutilato ed ucciso!
La Chiesa ha perso! 

Fabio Casalini

Bibliografia:

- Libro nero dell'inquisizione, Benazzi e D'Amico, Edizioni Piemme 1998.

- Enciclopedia Treccani.
- Fra Dolcino e gli apostolici, Mornese e Buratti, Derive approdi, 2000

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