Magazine Cultura
Innanzitutto, perdonate la confusione di queste ultime due settimane. Tra Salone del libro e, questa volta, la mia imminente partenza per un lungo weekend di lavoro/vacanza, non riesco a essere più ordinata di così e i miei post si accavallano l'uno sul l'altro per poi essere seguiti dal vuoto cosmico per non so quanti altri giorni. Va così, le mie forze e il mio tempo sono quelle che sono, ma spero dalla settimana prossima di riuscire a organizzarmi meglio (promessa che faccio da mesi, lo so, ma questa volta ho un buon presentimento). Detto questo, il post che state per leggere è forse l'unico post di questa settimana. Per chi partecipa al Gruppo di Lettura di Le osservazioni, rimando al calendario che pubblicai nel primo post dedicato per sapere che capitoli leggere in questa tappa e ci rivediamo la settimana prossima. Per coloro che partecipano a Book Blogger May, è questo il post in cui dovrete linkare il vostro contributo per il tema di questa settimana che è:
Dalla libreria al cinema
Trasposizioni cinematografiche. Si o no?
Possiamo cominciare.
Questa volta il film di cui vi parlo è uno di quelli che attendevo da tempo. Forse da quando due anni fa lessi il libro e, giunta alla fine, pensai:"Mi piacerebbe proprio vedere questa storia al cinema". Scoprii che una versione già esisteva, ma realizzai che non era così che me l'ero immaginato. Poi arrivò il 2013 e arrivò Baz Luhrman. E finalmente Il grande Gatsby mi apparve, ancora una volta dopo la lettura del romanzo, in tutto il suo splendore.
Titolo: Il grande Gatsby (orig. The Great Gatsby)
Regia: Baz LuhrmannAnno: 2013Paese: USACast: Leonardo di Caprio, Tobey Maguire, Carey Mulligan, Elizabeth Debicki, Joel Edgerton, Isla Fisher
La storia immagino ormai la conosciate tutti. Per i meno informati, Il grande Gatsby racconta la storia di Jay Gatsby, un uomo misterioso che fa parte di quella schiera che nella New York degli anni '20 viene chiamata "dei nuovi ricchi" e che è famoso in tutta la città per le sue feste grandiose a cui si partecipa senza alcun invito. Quando Nick Carraway, il narratore della storia, decide di tornare a NY e va a vivere in una casetta accanto alla magione di Gatsby, non sa nulla di lui ma è destinato a essere trascinato nella sua vita e nel suo mondo sfavillante. I due uomini fanno amicizia ed è così che Nick scopre il segreto di Jay Gatsby: è innamorato di Daisy, la cugina di Nick sposata al ricco Tom Buchanan. I due si erano innamorati cinque anni prima, ma Gatsby, preoccupato del suo essere povero, decide di rompere con Daisy che accetta quindi di sposare Tom. Ora che Gatsby è un uomo facoltoso - l'origine delle sue ricchezze è alquanto misteriosa e losca - l'uomo ha intenzione di riconquistare Daisy e le bellissime feste nella sua casa erano un tentativo di portare Daisy a sé. Gatsby chiede aiuto a Tom per incontrare Daisy e Nick accetta. I due si incontrano e la passione pare riaccendersi. Ma quando Daisy è messa davanti al fatto compiuto e alla decisione di abbandonare la sua vita per l'uomo che dice di amare, la donna sceglie di ritornare alla sua vita matrimoniale ipocrita ma comoda. E così che, prima di morire per mano di un poveraccio, Gatsby realizza che il sogno che coltivava da anni per il suo futuro apparteneva, ormai, già al passato e che la sua era vita fatta di pura illusione.
Non saprei da dove iniziare per parlare di questo film. Partiamo dalla frase che si è formata nella mia mente mentre guardavo l'ultima scena del film, con quella luce verde che diveniva sempre più flebile immersa nella nebbia: "Questo film è di una bellezza commovente". E in effetti qualche lacrimuccia l'avevo versata. Perchè in questo film Baz Luhrman è riuscito a riversare l'essenza di tutto il romanzo e lo ha fatto in un modo talmente suggestivo e toccante che è difficile rimanere indifferenti. Eppure, è riuscito a mantenere la sua identità, regalandoci un tripudio di colori, suoni, piume e scintillii. Lo ammetto. Temevo che la componente più "spettacolare" del cinema di Luhrman avesse il sopravvento. Che il film si riducesse a una verisone quasi circense degli anni 20, già così eccentrici di loro, e che quello che ne uscisse fosse solo la superficie, senza che la vera voce di quell'epoca avesse realmente spazio, soffocata dai boa di struzzo. E invece, Baz mi sorprende ancora e sotto una patina luccicante e dorata, il regista riesce a inserire lo spirito dell'epoca ma anche le sue contraddizioni e riesce in modo magistrale a raccontare la storia di un uomo preda delle sue illusioni e come tale destinato al fallimento. Non sarà un caso che di lì a qualche anno, gli USA sarebbero stati oggetto della più grave crisi economica mai vista allora, il crollo della borsa del '29 e da lì la situazione sarebbe degenerata nel giro di un ventennio in una guerra distruttiva e annichilente. E forse, dietro gli eccessi di una società felice di essere uscita da una guerra (la prima mondiale), ci era già il germe di qualcosa che sarebbe successo, un cambiamento irreversibile dell'umanità che Luhrman rappresenta molto bene con quella luce verde nella nebbia e con quella neve nelle scene iniziali che pare bloccare Carraway non solo fisicamente ma anche mentalmente, verso un tempo in cui credeva di essere felice mentre proprio in quel periodo, grazie alla conoscenza con Gatsby, scopre, ancora una volta, che le sue ragioni per sentirsi soddisfatto della propria vita non erano che evanescenti.
Luhrman mette tutto questo e anche di più in questo film e lo fa con minuzia e precisione nei particolari. Realizza una pellicola dalle mille luci ma anche dagli anfratti bui, dosando in parti uguali luce e tenebre. Ho amato alla follia la rivisitazione di quei tempi, la regia dinamiva e vivace, le scene veloci, scattanti, i colori brillanti e forti, così rappresentativi di quell'atmosfera. Cosa non ci può fare, ormai, nell'era del digitale, e il film è una ricostruzione dalle fondamenta di un mondo che a noi del 2000 appare sì lontano, ma anche così affascinante, caparbio e coraggioso, ottimista e illusorio, giovane come forse neanche noi, con tutte le nostre diavolerie tecnologiche, ci siamo mai sentiti. Tutto ti conquista nella New York di Luhrman. E tutto ti spaventa in un certo qual modo.Fantastiche le musiche. Utilizzare, nell'epoca del bebop e del jazz, la musica rap, r&b, indie è stata una mossa vincente, checchè ne dicano i detrattori. Attualizzare una storia vecchia di quasi un secolo parte anche dalla scelta di una musica e del valore che essa ha in quel periodo storico: se negli anni 20 il jazz la faceva di padrone nel panorama musicale, scegliere oggi il rap e la musica indie significa riconoscerne la portata odierna e quindi non tradire il significato intriseco e legato al contesto della storia raccontata. Non vedo anacronismi, ma una reale comprensione del vero significato che oggi come negli anni 20 aveva questo o quel genere musicale. La colonna sonora del Grande Gatsby è un lavoro magistrale - prodotta da Jay Z e a cui hanno contribuito artisti del caliboro di Jack White, Kanye West, Lana del Rey, Florence + The Machine - che sa essere estremamente coinvolgente e agigiunge altro mordente alla storia, calando lo spettatore, strano ma vero, nelle atmosfere del film.
E infine, ultimi ma di certo non ultimi per quanto sono stati bravi, gli attori. Una roba impressionante. Leonardo Di Caprio è Jay Gatsby. Di Caprio, vecchio mio, si conferma un attore di grandissimo livello, un artista capace di calarsi perfettamente nei panni del personaggio principale di questa storia, panni che gli stanno come una muta o una seconda pelle. Quando appare lui nel film la prima volta e fa quel sorriso sghembo a Tobey Maguire, verrebbe voglia di dire "ok, anche se la pellicola si bruciasse in questo preciso momento, morirei contenta!". Non avrebbero potuto scegliere di meglio per un ruolo del genere e, dopo anni, sono risaliti in superficie tutti gli entusiasmi della pubertà che mi procurai guardando Titanic. Anche se, a dire la verità, mi piace più ora che prima, perché finalmente posso apprezzarne anche il grande talento.Bravissimo anche Tobey Maguire, anche lui perfetto nella parte di Nick Carraway che me l'ero, in effetti, sempre immaginato con quella faccià lì, a metà tra lo stordito e l'affascinato, il giovane che scopre cosa significa davvero amore e quale sia spesso il suo prezzo, che cresce e diventa adulto (Nick compie trent'anni proprio durante gli eventi che coinvolgono Daisy e Gatsby) e apprende l'importante lezione che la vità gli dà, una lezione amara, forse crudele, ma essenziale. Maguire convince tanto, mi convince qui molto più di quando si arrampicava sui vetri a specchio mentre giocava a fare Spiderman.Ottima nella parte di Daisy Buchanan l'attrice Carey Mulligan (Drive, Shame) che con la sua grazia conferisce al personaggio di Daisy quella frivolezza e quella leggerezza che nel romanzo, forse, trapelavano meno, ma con le quali ce la siamo sempre immaginata.
Ci sarebbero, probabilmente, molte altre cose da dire, ma incensare questo film ancor di più potrebbe farvi perdere la curiosità e spingervi a non vederlo. E invece dovete vederlo. Perché non sempre la macchina patinata di Hollywood riesce a realizzare prodotti di un tale qualità in un formato di questo genere, enorme e spettacolre nella realizzazione quanto nelle aspettative. Invece Luhrman ci riesce e dimostra a tutti la sua bravura nella regia di una storia che è una vera sfida. Infatti, dopo la sua uscita, non tutti si sono mostrati entusiasti come me e come al solito ci sono i denigratori. Allora io dico che questo è uno dei motivi principali per vederlo. Per poterne parlare con cognizione di causa. E magari dire a chi lo critica aspramente, che forse dovrebbero andarsi a leggere Fitzgerald e poi tornare sul film. E allora si che tutto potrebbe apparire diverso. Più chiaro.
Non sono una fan delle trasposizioni letterarie. Non amo i film che stravolgono le storie di carta che ho amato e mi hanno fatto passare delle ore piacevoli in loro compagnia. Non mi riconosco quasi mai negli attori che interpretano i miei amati personaggi o nelle scene rappresentate. E quindi per me è molto strano consigliare una trasposizione. Ma Luhrman ha trasformato la mia idea del romanzo in immagini, suoni e colori. Ha reso gli attori i personaggi che ricordavo, dandogli addirittura un risvolto nuovo e una dimensione più profonda di quella che ricordavo. Il grande Gatsby di Luhrman arricchisce senza tradire Fitgerald. E per questo risulta vincente su tutta la linea.
VOTO: 9 (ho pianto)
E ora la parola a voi. Rispondete al tema di questa settimana di Book Blogger May e lasciate il link nel form qui sotto.
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