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Frammenti

Creato il 25 giugno 2012 da Sarettajan @girotrottolando

Mentre i miei piedi fanno la loro vita sparlando di me nella sezione a fianco a questa (ingrati!!!), io rimango qui seduta, a guardare, da una parte, i vestiti sparsi che dovrei mettere in valigia e, dall’altra, la valigia stessa, ancora vuota, triste, o forse solo rilassata, senza il peso di nessun bagaglio. Nessuno shampoo che puntualmente si rompe e inzuppa tutto, nessuna spazzola fastidiosa e nessun’ agenda spigolosa… Gli è concesso di essere semplicemente se stessa per un po’ di tempo, una valigia verde, in attesa di nuovi sogni in cotone, lino o lana da racchiudere… Forse prima che, in aeroporto, qualcuno gli attacchi sopra un’altra etichetta, dovrei staccare tutte le altre che ancora sono lì: Ryan air, CTM, Supratour, Oncf… Sembrano cicatrici di guerra, tutte rovinate, attorcigliate, simboli già sbiaditi di un passato così vicino e così stranamente lontano… E’ interessante come alcuni oggetti inutili divengano per i viaggiatori simboli con una spropositata importanza emotiva: le etichette sulle valigie per l’appunto, i biglietti dell’autobus, le foto scattate per sbaglio, le conchiglie rotte, i calzini spaiati. E’ così che a volte mi sciolgo in copiose lacrime dinanzi a quel piccolo e, a prima vista, insignificante scontrino. Avevo dimenticato quel gelato al caramello comprato quella sera al LIDL di Madrid in occasione di un film drammatico o quel chilo di arachidi comprati nel deserto per sfamare ospiti assetati di thè (e, si sa, un marocchino che beve il thè senza arachidi soffre!!) e invece eccoli là, spuntare da una minuscola tasca quei foglietti ingialliti che riportano tutto alla memoria in un istante…

Quando vivi in un luogo ami gli oggetti che ti circondano ogni giorno perché rappresentano la tua vita, la tua quotidianità, come le calamite sul frigorifero o la spugna sul bordo della vasca… Invece quando vivi in tanti luoghi inizi ad amare quelle cose che ti ricordano dove sei stato, dove chissà un giorno ritornerai o dove invece non metterai più piede, quelle cose che confermano che non è stato solo un sogno, che in quel posto ci sei veramente stato, anche se ora sei lontano anni luce, anche se non ricordi più i nomi delle strade… Quando viaggi sono delle testimonianze  che cerchi, dei frammenti di sogno… Come quando ti svegli dopo una notte troppo alcolica e cerchi in giro qualcosa che ti ricordi dove sei stato e cosa hai fatto. Ecco perché annotiamo le e-mails di tutti coloro che conosciamo anche per pochi minuti, ecco perché rimaniamo qualche secondo a guardare fissa quella cartaccia prima di buttarla o quella cartolina prima di inviarla… Vogliamo muoverci, odiamo stare fermi, eppure perché ci aggrappiamo a qualsiasi cosa ci permetta di dire: sono qui, sono stato qui, tornerò? Perché con facilità regaliamo i nostri vestiti a chi ne ha bisogno e poi siamo incapaci di gettare un anello di plastica fatto con un tappo di bottiglia? Perché anche noi viaggiatori, al contrario di quanto molti pensano, ci leghiamo ad ogni luogo che attraversiamo, ad ogni persona con cui condividiamo un tratto di strada, ad ogni stella a cui ci rivolgiamo e anche se sappiamo che non perderemo mai tutto ciò che viviamo, ne vogliamo la conferma, ne vogliamo la garanzia. Illogico, irrazionale, eppure sembra che se non getto quel biglietto d’aereo non dimenticherò Marrakech, se non cancello quel numero in rubrica non dimenticherò Ramon il pazzo… Amiamo profondamente cose e persone che perdiamo poco dopo e questo ci rende fragili, anche se in apparenza continuiamo decisi e senza tentennamenti il nostro viaggio.

E’ così che adesso andrò in Inghilterra, dritta e senza ripensamenti, ma, nello stesso tempo, dovrò sradicarmi dal Marocco, avere il coraggio di chiudere quel quaderno giallo su cui annotavo gli spostamenti, di riporre nel cassetto quel turbante anti tormenta e di togliere dalla mia bocca la parola shukran

Dovrei fare un respiro bello grande e mettere via questo guscio di lumachina grigio che un giorno, nel deserto, mi regalò una bimba dagli occhi già truccati di cielo, un giorno in cui mi sembrava che di bello non c’era niente e invece c’era tutto… O forse no, forse non sono abbastanza forte, forse metterò anche questo guscio in valigia e lo porterò con me a Nottingham… Un altro sciocco ricordo, un’altra inutilità superflua eppure… Eppure mi sembra che tenendolo nella mano io possa ancora tenere stretto a me il Marocco, il mio Marocco, quello fatto di deserto e sole, quello fatto di polvere e sabbia…

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