Ci sono delle giornate che sono così pregne da non poter essere raccontate in una seduta sola.
Ci sono delle giornate che sono come una caduta nel buco di Alice nel paese delle meraviglie, dove tutto è al contrario etu non puoi far altro che sgranare gli occhi.
Ci sono delle giornate in cui sei immobile in una classe colorata, con la maestra Florinda che ti racconta Matilde nella realtà (perché i figli sono esseri misteriosi e a volte estranei, anche a tre anni).
E ci sono delle giornate in cui dopo un aperitivo con l’Amica E. (che per la sua capacità di sopportazione storica merita la maiuscola e non solo) ti ritrovi un una stanza con i vinili attaccati al pavimenti.
Ci sono delle giornate che ti piace raccontare per lo straordinario concatenarsi di eventi, e che vuoi tenere ben in mente come un baluardo a cui aggrapparsi quando la routine prende il sopravvento.
Insomma in queste giornate ti capita di incontrare marziani che come te proiettano film su uno schermo mentre cullano dei marmocchi moccolosi, sorseggiando una peroni preziosa.
Andiamo con ordine per obbligo di cronaca.
Affidiamo le ragazze alla nonna, con una scusa più che valida: l’incontro genitori-maestri, che per me sono delle vere e proprie sedute psicoanalitiche (ma questa è un’altra storia e merita il suo spazio). Approfittando della libertà condizionata concessa, ci sbranchiamo al Perditempo, che ha un nome che è un programma, a far finta di essere ancora adolescenti.
Capitiamo alla presentazione del secondo lungometraggio di un GianniBanni (perché tutti dovrebbero avere un GianniBanni) in un luogo sconosciuto e misterioso si chiama Frammenti ed è un’associazione culturale, a noi fino a quel momento sconosciuta.
In cima alle scale strette, una luce soffusa illumina il volto di una ragazza dai modi gentili che ci sventola sotto al naso una tessera associativa. In questi casi, si palesa l’animo più traseticcio del torrese che è nel mio Squinzio, che subito racconta delle nostre due pupe (lui è uno di quei padri che appena nota in minimo interesse da parte dell’interlocutore, caccia dalla tasca un album fotografico integrale della sua progenie).
-Anche io ho un bambino. Di due anni. E sono anche incinta di tre mesi.- fa la donna, stupendoci.
Scopriamo che l’associazione è nata principalmente dal bisogno vitale di continua a coltivare i propri interessi, senza avere la possibilità di andare a zonzo per la città. Siamo rimasti folgorati.
Per tre anni ci siamo sentiti sempre estranei, sia tra i giovani hipster di piazza Bellini, che hanno i pantaloni troppo stretti e troppo tempo da dedicare al delirio bacchico (e per questo li invidio molto) e i gruppi di mamme alienate che aspettano la domenica mattina per stordire i figli con il caos dei centri commerciali (forse invidio anche loro, non so). Stasera, alieni, abbiamo incontrati gente della nostra specie, che non ci guarda con compassione perché dobbiamo ritirarci presto a casa (perché sennò le figlie ci sgridano e si incazzano pure un po’), né con riprovazione perché ogni tanto ci piace cullarci nella spensieratezza di una serata per soli adulti.
Ci sono delle giornate in cui ti ricordi di amare come sei e dove sei.
Aggiornamento: l'indomani mattina di buon ora, stipati nella macchina rosso pomodoro, abbiamo incontrato in un vicolo il giovane padre che, placido, accompagnava il bambino a scuola. Non abbiamo potuto evitare di strombazzare il clacson, sbracciarci per farci notare, mostrare i nostri migliori sorrisi mattutini e poi fuggire via entusiasti, riflettendo sulla significativa casualità con cui è avventuto l'incontro. Dopo di che ci siamo beccati una denuncia per stalking.
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