Guidare nella notte un fuoristrada rugginoso anni ’80 nel West End di Brisbane. Guida a destra, infradito ai piedi, la terza che non ingrana. Il profumo dei tropici, salotti hippy in case di legno, lavatrice in giardino.
In decappottabile verso la Gold Coast, il cielo alto il doppio, il sole largo il doppio, le onde grandi il doppio. Un’atmosfera da vacanza che non sembra finire mai, anche se non sei in vacanza e lunedi si torna al lavoro.
Fortitude Valley, un locale dietro l’altro. La domenica pomeriggio morta di Brisbane. Il viaggio occasionale a Melbourne, la city che vive e pulsa nel freddo dei grattacieli.
Stivali sporchi di terra rossa nell’outback, topi in casa. 47 gradi all’alba, 56 a mezzogiorno. La nuvola di vapore quando apri il rubinetto dell’acqua fredda, otto condizionatori accesi allo stesso tempo in casa. Vasca da bagno colma d’acqua perche’ il ciclone sta arrivando.
Zig-zag nel traffico di Kuala Lumpur. Raggiungere l’ufficio attraversando a piedi l’autostrada. Il pub del dopo lavoro, l’indiano di turno che cerca di dare un perche’ all’esistenza delle caste.
Namboku Line, uscita Roppongi san-choume. Concessionario Audi all’angolo, giu’ per la strada fino al Muse. A destra per Roppongi Hills. Le foglie dell’autunno che cadono dagli alberi, e le strade di Tokyo che magicamente restano pulite lo stesso.
Izakaya piena di gente, boccali di birra, nuvole di fumo. Orde di salaryman tutti uguali, camicia bianca maniche corte, pantalone nero d’ordinanza. Risate, l’occasionale sumimasen urlato alla cameriera.
Cena di lavoro, dopocena al bar di turno. Gente che canta al karaoke. Canzoni, whisky, combini, treno del ritorno, domani un altro giorno.
Guardare i vecchi amici su facebook 8 anni dopo che sei partito, sempre fermi nello stesso posto. Mentre affiorano frammenti e fotogrammi, e l’odore dell’aria che si respira agli angoli del mondo.