Un itinerario fra ville e giardini. Solo impressioni e riflessioni suggerite da quanto visto e che ho voluto riportare qui, senza particolari approfondimenti . Roba da vacanze,certo, ma sempre con unpodichimica (poca davvero questa volta!)
Castello e giardino
Gressoney Saint Jean. In questo paesino della Valle d’Aosta, tra il 1899 e il 1904, è stato costruito un castello divenuto residenza estiva della regina Margherita di Savoia, moglie di Umberto I e madre di Vittorio Emanuele III. Guardando quelle torri , che danno alla costruzione l’aspetto di un castello fuggito da un libro di favole, la prima cosa che colpisce il visitatore è il fatto che ci siano voluti solo cinque anni per realizzare un edificio di quelle dimensioni per di più costruito non in mattoni ma in pietra (estratta nelle cave valdostane).
Si sono viste opere ben meno ciclopiche languire tristemente per anni e già vecchie alla loro inaugurazione. A memoria d’uomo, solo il Mac Donald di Castel Maggiore, sorto in quattro mesi e subito funzionante, può eguagliare tanta efficienza e velocità.
Certo questo castello, un regalo del re Umberto I alla moglie Margherita non ha dovuto soffrire lungaggini dovute a finanziamenti insufficienti, ad appalti concessi a ditte scalcagnate e in odor di mafia anzi! Il visitatore, o meglio, la visitatrice rimane incantata di fronte alla perizia con cui sono realizzati gli interni. Soffitti e pavimenti perfetti e con colori ancora incredibilmente vivaci per non parlare delle tappezzerie ( in seta e lino) mantenutesi intatte (anche perché non incollate alla parete). Ed è di fronte all’angolo preferito della regina di cui porta il nome che la visitatrice incomincia a sentire un certo disagio: un davanzale in legno massello che si trasforma in una seggiola dall’aria estremamente comoda, su cui Margherita amava riposare leggendo . Nessuno spiffero. La mente della visitatrice va subito ai suoi infissi, pagati a caro prezzo e montati in modo che anche la più lieve brezza possa liberamente circolare per la casa. Ed ecco che un pensiero si insinua fastidioso .
Sono passati solo 110 anni dalla realizzazione di quel castello: che ne è stato della manualità e perizia degli artigiani? Esiste, se pur a carissimo prezzo, o è scomparsa con carrozze e crinoline allo scoccare dell’era moderna? Che ne è stato della QUALITA’?
Rimossa la riflessione che porterebbe a conclusioni spiacevoli e poco vacanziere, la visitatrice si concentra sulla visita e questa volta a colpirla è la presenza di termosifoni in ghisa accanto ai tradizionali e sontuosi caminetti. Anacronismo suggerito alla famiglia Moretti (proprietaria della villa dopo i Savoia e prima della regione Val d’Aosta) dai rigidi inverni alpini? A ben guardare, però, anche i radiatori hanno decorative zampe di leone e sì, sono proprio originali, conferma la guida. Considerato che l’invenzione dei termosifoni è attribuita a Franz San Galli (1824-1906) intorno al 1850, che la prima fonderia italiana a produrre radiatori fu impiantata nel 1900 dall’ industriale Ambrogio Necchi (il figlio poi si specializzò in macchine da cucire) è evidente come l’ingegnere /architetto Emilio Stramucci, che progettò questo Castello, fosse molto attento alle innovazioni tecnologiche. Il Castello ha anche un impianto elettrico originale; non si dimentichi che Aosta, nel 1885, fu la prima città d’ Italia ad avere la luce elettrica! (Abbé Henry – Histoire de la valle d’Aoste-1929)
Altra cosa interessante è che le cucine sono esterne al palazzo ( la regina non voleva sentirne gli odori) e sono collegate da una ferrovia sotterranea (Decauville) con la quale arrivavano i piatti caldi (conservati in recipienti termici). Inoltre, acqua calda corrente nel confortevole bagno della regina!
La visitatrice dopo aver dato un ultimo sguardo alla spettacolare scala in legno e alle elaborate iniziali della regina (che se non fosse per un’ inutile A di Augusta coinciderebbero con le sue) esce dal castello per visitare il piccolo giardino roccioso,
inaugurato nel 1990, che raccoglie le specie più decorative di fiori alpini locali e provenienti da diverse parti del mondo. Profumi e colori sono davvero indimenticabili. Eccone l’immagine ma le fotografie non possono ricreare l’atmosfere di aromi, sfumature e trasparenze che un giardino può regalare
.
-
rivista Margherita
abiti ispirati alla regina
-
rivista di moda Margherita
rivista di moda Margherita dedicata alla regina e omaggio alla sua eleganza
unpodigossip.In questo castello Carducci incontrò la regina Margherita e ne rimase affascinato. Ecco la famosa ode che compare nelle Odi Barbare
ALLA REGINA D’ITALIA
XX NOV. MDCCCLXXVIII
Onde venisti? Quali a noi secoli
sí mite e bella ti tramandarono?
fra i canti de’ sacri poeti
dove un giorno, o regina, ti vidi?
Ne le ardue rocche, quando tingeasi
a i latin’ soli la fulva e cerula
Germania, e cozzavan nel verso
nuovo l’armi tra lampi d’amore?
Seguiano il cupo ritmo monotono
trascolorando le bionde vergini,
e al ciel co’ neri umidi occhi
impetravan mercé per la forza.
O ver ne i brevi dí che l’Italia
fu tutta un maggio, che tutto il popolo
era cavaliere? Il trionfo
d’Amor gía tra le case merlate
in su le piazze liete di candidi
marmi, di fiori, di sole; e “O nuvola
che in ombra d’amore trapassi, -
l’Alighieri cantava – sorridi!”
Come la bianca stella di Venere
ne l’april novo surge da’ vertici
de l’alpi, ed il placido raggio
su le nevi dorate frangendo
ride a la sola capanna povera,
ride a le valli d’ubertà floride,
e a l’ombra de’ pioppi risveglia
li usignoli e i colloqui d’amore:
fulgida e bionda ne l’adamàntina
luce del serto tu passi, e il popolo
superbo di te si compiace
qual di figlia che vada a l’altare;
con un sorriso misto di lacrime
la verginetta ti guarda, e trepida
le braccia porgendo ti dice
come a suora maggior “Margherita!”
E a te volando la strofe alcaica,
nata ne’ fieri tumulti libera,
tre volte ti gira la chioma
con la penna che sa le tempeste:
e, Salve, dice cantando, o inclita
a cui le Grazie corona cinsero,
a cui sí soave favella
la pietà ne la voce gentile!
Salve, o tu buona, sin che i fantasimi
di Raffaello ne’ puri vesperi
trasvolin d’Italia e tra’ lauri
la canzon del Petrarca sospiri!
Parco e villa
Montegrotto Terme. L’dea era quella di visitare il piccolo museo del vetro ma in attesa della sua apertura pomeridiana, un piccolo ingresso accanto a un cancello monumentale, invita all’esplorazione.Ed ecco un magnifico percorso all’ombra di grandi alberi. Un vero e proprio bosco che conduce a una villa ( villa Draghi) in una fantastica posizione panoramica. La villa in stile neogotico, è chiusa e viene utilizzata per eventi e spettacoli ma non ha importanza: la passeggiata per raggiungerla è la vera attrazione: una stradina che attraversa un parco di 32 ettari.
Lungo il percorso si incontrano castagni e, fra questi, i resti di un castagno monumentale (
castagno monumentale
descritto nel cartello quasi illeggibile “in stato vegetativo” ma non si direbbe) e querce gigantesche. Intorno si intravvedono viottoli, sentieri misteriosi e magici che invogliano all’esplorazione. C’è però un’ aria di abbandono, mitigata dallo splendore della natura, che mi dà cattive sensazioni. Un altro posto incantevole destinato alla morte per incuria e abbandono? Questo è un pensiero pungente e molto, molto fastidioso che mi è veramente difficile accantonare e neppure gli splendori dei vetri del piccolo museo riescono a togliermi quella strana malinconia poco vacanziera che mi ha colto.
Porto Caleri. Questo è un luogo davvero speciale. Ve ne parlo, anche se sottovoce, solo perché mi fido dei lettori di questo blog. La stagione che preferisco per visitarlo è l’estate perché con il caldo, i profumi sono più intensi e anche a occhi chiusi si percepisce il passaggio attraverso i tre ecosistemi: le odorose resine della pineta, il profumo intenso dell’ elicriso vicino al mare e della salsedine lungo la laguna. Anche i colori non scherzano: i verdi del bosco, il gialli del’ambiente marino, il viola della laguna. E il silenzio, interrotto da canti uccelli, fragore d’onde e solo lontano, molto lontano qualche voce deformata dal vento.
Qui è tutto molto curato: i percorsi, le indicazioni dei nomi delle piante, i cartelloni didattici con indicazioni su fauna e flora. Così si può intravedere la rana agile che si riposa nel laghetto palustre, scorgere la coda di un biacco che corre a nascondersi, riconoscere un caprifoglio etrusco o scoprire che cos’è un carletto.
E provare un forte senso di pace e di appartenenza al pianeta Terra.
porto Caleri Giardino botanico