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Frances Ha

Creato il 03 dicembre 2014 da Jeanjacques
Frances Ha
Ci ritroviamo sempre a desiderare quello che non abbiamo. Infatti quando andavo alla superiori il mio desiderio maggiore era quello di finire i tanto odiati studi per iniziare a lavorare, potendo avere così una certa indipendenza economica e una maggiore possibilità di seguire le mie passioni, senza che ci fossero stati di mezzo studi e compiti vari. Ora che in qualche maniera lavoro, però, mi tocca ammettere che il tempo è sempre meno, vuoi perché devi portare via delle carte o perché gli orari del lavoro ti occupano i momenti clou della giornata, senza contare che quello che adoravi dare da adolescente non sembra più così fantasticissimo una volta superati i vent'anni. La morale è che alla fine ci si lamenta sempre per gli stessi motivi e, anche se in contesti diversi, le cose che ti bloccano sono sempre le stesse ad ogni età. O almeno, ogni arco della vita ha il suo bloccante. Ma affrontare e, soprattutto, accettare tutto questo, significa in parte anche crescere. Insomma, una pappardella allucinante per dire che una serie di impegni mi hanno tenuto lontano dalla visione dei film, facendomi rimanere indietro con le novità e permettendomi di recuperarle solo in ultimissima analisi. Un po' come è successo con questo Frances Ha, passato sulla bacheca di tutti i colleghi blogger, facendo il più delle volte razzia di complimenti.

Frances Halladay è una giovane ventisettenne newyorkese, molto indecisa sulla sua vita. Non è proprio una ballerina ma non è nemmeno null'altro. La sua unica certezza è la sua amica Sophie, un'altra se stessa, solo con capelli diversi. Quando però Sophie lascia il loro appartamento per potersi sposare col proprio ragazzo, la cara Frances dovrà imparare ad arrangiarsi...

Quello della cresciuta credo sia uno dei temi più usati dalla narrativa tutta. Peter Parker, per diventare Spider-man, ha dovuto attraversato un percorso di crescita non indifferente; Cosimo Piovasco di Rondò passa tutta la sua vita sugli alberi, e infatti Il barone rampante di Italo Calvino diventa così il diario di una crescita, sia quella dell'arrampicatore che del fratello narratore; pure Il Signore degli Anelli di Tolkien parla di quello, e quel "Sono a casa" finale detto da Samvise Gamgee diventa simulacro di tutto quello che un viaggio ci ha fatto apprendere e, di conseguenza, maturare; anche il Vangelo parla della crescita di un profeta, Gesù, e pur nascendo onnisciente in quanto figlio di una divinità, attraversa delle prove che gli permettono di divenire il simbolo che è, di fare in modo che quel suo essere crocefisso possa avere un tale peso sulla cultura e sulla storia - ricordo, non sono credente, ma non ammetto che su questi post si parli male in qualunque modo della religione. A ben ripensarci, possiamo dire che gli stessi miti, siano essi cristiani, norreni o greci, sono serviti a dei popoli per poter spiegare quello che all'epoca era ancora inspiegabile, facendoli in qualche maniera crescere, senza contare che l'apprenderli fa crescere culturalmente ogni persona. Ma bisogna dire anche che ogni epoca ha il suo modo di raccontare le cose, che forse è stato il loro essere simbolo di un periodo ad averli resi così belli, mentre la grandezza gliel'ha conferita il loro restare attuali nonostante il passare del tempo. Libri come Fiesta o Il grande Gatsby sarebbero stati così efficaci se fossero stati scritti in tempi più recenti? Non credo. E' così quindi che quest'ultima fatica di Noah Baumbauch, tizio alquanto attivo nel mercato delle commedie indie americane, racconta questa leggera storia di crescita a modo suo: con un bianco e nero imperante, prendendo delle canzoni piuttosto misconosciute e mettendo nei punti giusti una certa ruffianaggine. Potrebbe sembrare un'hipsterata colossale, e per certi versi lo è, invece a tratti diventa anche un racconto davvero piacevole e che riesce anche a coinvolgere per via dei temi universali che utilizza. Quello della crescita, appunto. Ma qui come avviene la crescita? In una maniera naturale e non innovativa, cosa altamente secondaria, però anche abbastanza irritante, facendo pesare quella ruffianaggine di cui sopra. Frances (interpretata da una Greta Gerwig davvero molto brava, pure co-sceneggiatrice) è un peperino, magari una di quelle ragazze che ai primi tempi delle superiori avrebbero potuto davvero rapirmi, ma è anche abbastanza inconcludente. Sempre al verde, mai totalmente realizzata e incapace di gestire una vita che con l'avvicinarsi dei trent'anni diventa sempre più complessa e sfaccettata. Mi ha ricordato per certi versi quello che ho dovuto fare io, l'abbandonare quelle passioni e quelle persone che mi erano solo d'intralcio, focalizzandomi solo su quello che volevo realmente e facendo tutto il possibile (cosa che faccio pure ora) per raggiungerli. Ma a differenza di Frances e dei suoi amici artistoidi, volutamente sbeffeggiati all'interno del film anche se in maniera vagamente velata, io non avevo dei genitori così carichi di soldi, anche perché ho sempre voluto gestirmi una sorta di piccola indipendenza economica. Qui invece non si hanno i soldi per l'affitto, però tutti hanno il tempo e la pecunia per andare al bar a ordinare cocktail, di fare viaggi in Francia o di smanettare con il cellulare di ultima generazione. La crescita avviene, ma si tratta di un qualcosa di artefatto, perché in situazioni e personaggi 'normali' avvenimenti simili non sarebbero potuti accadere di certo. 

Ma quel che è peggio, il film non ha i tempi narrativi giusti, ogni cosa passa sempre col medesimo peso e, nonostante la scena finale sia davvero molto bella, appare decisamente smorzata in potenza narrativa.Voto: ★★½
Frances Ha
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