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Francesco GariboldiPoesie

Da Ennioabate

carnevalescaBaci che tonde odalische

Baci che tonde odalische -la luna, pallida nei suoi larghi calzoni-
sdraiate su bluastri sofà -la notte-
si scambiano col sultano
salgono e volano nel cielo -nuvole rosse-.

Direttori d’orchestra osservano dritti su ponti azzurri
-la schiena inarcata di balene che saltano-
le loro folli fanfare arrabbiate -mari in tempesta-.
S’odono tonfi -le note basse dei violoncellisti -onde-
seduti su scogli -scomodi sgabelli-, si alzano.
Sulle loro teste s’agita il fulmine -le bacchette dei direttori a redarguirli-.
E si siedono. S’ode il tamburo -il tuono!-
Si spaventano i trombettisti -gabbiani- corrono in cerchio urlando!
Violoncellisti si alzano.
Sulle loro teste s’agita il fulmine -le bacchette dei direttori a redarguirli-.
E si siedono. S’ode il tamburo -il tuono!-
Le mogli dei marinai disperate sventolano fazzoletti -tamburelli- dalla banchina del porto
dove s’odono sinfonie di violinisti che calmi e monotoni -onde entro la diga-
stringono dritti fasci di luce (i riflessi dei lampioni) -archetti-
con cui accarezzano le pance sinuose delle barche -dei violini-.
Mentre fuori corre il pianista (con lo sparito sotto la camicia bianca) nella pioggia -il vento- a spettinare e a increspare i capelli delle sirene -soprani-.
Violoncellisti si alzano.
Sulle loro teste s’agita il fulmine -le bacchette dei direttori a redarguirli-.
E si siedono. E s’ode il tamburo -il tuono!-

Nelle campagne

Nelle campagne sui fili del treno -pentagrammi- (alte svettano le chiavi di violino -i pali, disegnati dalla frettolosa mano del compositore-). Vi si posano sagome d’uccelli. Anonime e bianche le colombe -fa- guardano dall’alto i minuti mi -rondini-. Il do nero e virtuoso -il gallo- guarda i fili dal basso (non riesce a salire!). Altezzoso e cinerino l’airone -il si!- vola alto nel cielo.

All’alba le sirene aprirono gli occhi, l’iride splende sulle gru . -che fanno ombra agli operai (i tritoni) cha affollano i cantieri! . mentre nel becco stringono ramoscelli -travi- . (o forse nuvole lunghe).
Giovani massaie . (uno sciabattio lontano!) . -le sirene- in mare vanno a stendere biancheria di pizzo! e un pantalone bianco (dei tritoni) -flutti- . sul filo -la linea dell’orizzonte-.
Quando a sera i tritoni tornarono a casa . li accolse un caldo tremolio negli occhi delle sirene -le luci del tramonto riflesse nelle acque,
mentre le gru sui loro trespoli dorati (i cantieri!)
becchettano sciami di mosche -il fumo delle ciminiere delle navi- . (o forse grosse nuvole).

Nelle calde sere, rondini, indossati gli eleganti vestiti, si recarono ai nidi -teatri-. I sipari -nuvole- si aprirono, la pioggia -danze di storni- cadde. -Temporali estivi.

Gabbiani volano sul tempio -un’alba bianca- . (e lasciano le loro ombre sul fregio! -metope-), uno si separa dallo stormo e si posa sulla trabeazione -una statua. Sulla spiaggia pescatori d’ostriche trovarono zufoli -le ossa cave dei gabbiani- tra le conchiglie lasciate dalle maree -nereidi- la notte prima.

Un giudizio universale. Neri diavoli dalle code biforcute e dai grossi nasi rossi e arcuati -il becco, sono uccelli!- con tridenti -zampe- tra gli stridori rapiscono insetti. Mentre angeli dalle ali variopinte -farfalle- suonano le loro lunghe trombe, in un vortice, per i verdi universi.

Un’annunciazione. Angeli dai neri mantelli -calabroni- e dalle enormi ali -nuvole- volando si piegarono a baciare le sue rosse gote -fiori- e le sussurrarono il miracolo! -ronzii-. Primavera imminente.

Cavallette -foglie secche- che saltano nel vento.

Hanno ali di farfalle! -i rombi delle casacche- . posatesi sopra tristi e pallidi arlecchini . -i fiori ! sulla tomba dell’acrobata morto su un ascensore rosso (salì per riposarsi sulla sua banda da circo -le nuvole-) la mattina il bavero -corolle di petali bianchi- è umido di rugiada -lacrime.

Fetonte (o un tramonto). Il suo bianco cocchio scese -nuvole- e i cavalli -vasti corpi bianchi (chiazze di luce sul mare, filtra in fasci -lunghe briglie bianche- . dalle nuvole -il bianco cocchio-)- . si dissetarono (il crine increspato -onde-) -uno si imbizzarrisce, il riverbero! e col suo cocchio cadde.

Le stelle -cerchi infuocati in cui superbe le tigri saltano-.

Giunsero lunghe nuvole

Giunsero lunghe nuvole -tendoni-.
Negli erbai formiche si arrampicarono su alti gladioli -scale d’equilibristi-.
Cavallette saltavano di stelo in stelo -erculei trapezisti-.
Ronzii di calabroni -tromboni- annunciarono l’arrivo di gatti neri -fiere terribili-.
Questi si assopirono all’ombra di cipressi -proboscidi degli elefanti nei circhi-.
Sciami di moscerini -pargoli in festa- li infastidivano.
La sera danzarono le lucciole -fiaccole dei giocolieri-.

Sulle passeggiate in riviera filari di inutili parasole -garofani rossi-
fanno ombra a farfalle, una si stacca e volteggia.
Più in alto ci sono ragnatele -consunti tendaggi di terrazze-.
Su queste, bianche lenzuola -gabbiani- asciugano al sole.

Indigeni dai copricapi squadrati al seguito di cacciatori dai baffi imperiali,
attraverso praterie vuote -cieli!-, si incamminarono verso i bianchi elefanti – nuvole all’orizzonte-.
La battaglia fu feroce.
Al tramonto i cieli si tinsero di rosso -il sangue dei baldanzosi pachidermi!-.
Al falò e negli ospedali da campo (avvolti da zanzariere a baldacchino -le mai della notte-
Guardavano la luna calante -zanne d’avorio-.

Nei prati direttori d’orchestra -mucche nere-
hanno bianche camicie inamidate -le chiazze-
tengono il tempo con lunghe bacchette -le code-.
A lato, sui tronchi delle betulle file di formiche tracciano linee nere (sono infinite!) -pianoforti-.
I grilli -ordinati coristi- si accompagnano al tenore -il tronfio calabrone-,
fa loro ombra la digitale -un concerto di trombe!-.

Pescatori

I
Nelle mattine limpide il cielo era sgombro di nuvole
-barche tirate in secco (la sera prima, per il temporale!)-.
Le basse case sono parallelepipedi colorati -aquiloni nelle mani dei bambini sulla spiaggia-.

II
A mezzogiorno nei villaggi, lunghi si srotolano i cieli da una casa all’altra -i fili del bucato!-.
Le nuvole -lenzuola- abbracciano la biancheria stesa
-gabbiani riposano sulle ferme mollette -le zampe palmate- i
loro corpi bagnati (da cui cadono gocce sulle teste dei passanti!)-
che asciuga al sole.

III
Dopo che tramonti ebbero reso rosee le pance dei gabbiani -nuvole-,
pescatori di polpi calarono le reti -ombre-.
La lampara splendeva sulle barche.

-fiori d’inverno.
tondi fiori bianchi. È la luna!.
e sopra vi crescono
spogli si allungano nella notte
i rami.


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