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Francesco svela il segreto dell’eternità secondo la dottrina della Chiesa

Creato il 18 febbraio 2015 da Retrò Online Magazine @retr_online

Nell’ultima messa officiata da Papa Francesco di fronte ai cardinali neoeletti, e in vista del Sinodo che si terrà prossimamente intorno all’immagine sacra della famiglia, il pontefice ha parlato di come Cristo desideri “salvare i lontani e reintegrare tutti nella famiglia di Dio“. In questo senso, Francesco ha invitato i cristiani a non rigettare gli emarginati, ma ad avvicinarli, consapevoli che un simile gesto li accosterà a sua volta all’amore di Dio. “E’ intorno agli emarginati che si rivela la nostra credibilità dinanzi alla Parola di Dio“.

L’omelia di Papa Francesco ha preso l’avvio dall’episodio evangelico della guarigione del lebbroso. L’antica legge mosaica l’avrebbe isolato ed emarginato, mentre l’amore di Cristo l’ha avvicinato e salvato. Una salvezza, questa, che non vuol essere solo di matrice umana e carnale, ma che essa stessa simboleggia una più profonda salvezza dell’anima. In questo senso, ha sottolineato Francesco, “la Chiesa non condanna eternamente nessuno“.

La figura di Cristo è dunque quella di un “Mosé neotestamentario”, che ha rivoluzionato l’antica legge, sostituendo l’emarginazione con l’inclusione, la lontananza con l’essere vicini. E’ allora una sconfitta significativa all’esperienza del pregiudizio. Cristo, infatti, non fugge di fronte alle sofferenze del lebbroso, bensì risponde alla supplica di quest’ultimo, lo tocca e lo guarisce. Da questo gesto si evince chiaramente la prospettiva di Cristo: raggiungere i lontani. E’ intorno a questo pensiero che Papa Francesco ha strutturato la sua ultima omelia, così da lasciar intendere come sia inutile ogni sorta di scandalo di fronte alla sofferenza umana.

L’invito di Francesco è chiaro: sapersi immedesimare nel dolore del lebbroso, nel sentirsi umiliato ed emarginato dalla comunità. Sono parole, queste, che vogliono scardinare il senso di vergogna che spesso assale la società di massa, incapace di accostarsi al dolore degli altri. Un’incapacità a realizzare appieno il comandamento di “amare il prossimo come se stessi“. Per la società il lebbroso non è soltanto vittima di una malattia che l’ha afflitto, ma un vero e proprio “morto vivente”, e pertanto da allontanare con vergogna. Cristo affronta un simile stato di cose, e – come afferma lo stesso Francesco – “non viene a malapena a preservare i sani, ma a salvare gli afflitti, senza alcun timore del contagio“.

L’autentica finezza del Figlio di Dio si esplica nella capacità non tanto di abolire, quanto di emendare – secondo l’evolversi della civiltà umana – la legge mosaica. La venuta di Cristo, dunque, non sarà soltanto il compimento di un progetto di Dio, che ha visto come tappa cruciale l’incarnazione di suo Figlio, quanto la realizzazione concreta di una parabola sorta in seno alla tradizione veterotestamentaria (Antico Testamento). In questa realizzazione si assiste, allora, a un Cristo che accoglie l’umanità intera a braccia aperte, senza distinzione alcuna. E adoperando le parole di Francesco: “Accoglie reintegrando e trasfigurando il male in bene, la condanna in salvezza e l’esclusione in annuncio“.

Ed è proprio in questa prospettiva che da sempre la Chiesa si è voluta disporre fin dal Concilio di Gerusalemme. Guardare all’umanità con occhi misericordiosi, consacrando nel tempo il binomio eternità-salvezza. “La Chiesa, dunque, non è qui per condannare” ha riferito Francesco, “eppure, non bisogna sottovalutare i pericoli del mondo. Bisogna saper accogliere il figlio prodigo pentito“. E’ in questo modo che l’uomo saprà perdonare il peccato e sanare le ferite procurate dal male.

Alla stessa maniera, la Chiesa non intende condannare nessuno per l’eternità, bensì veicolare la misericordia di Dio. Ecco le parole di Francesco: “Cristo non reca danno a chi è sano, anzi lo libera dalla paura. Non gli procura un pericolo, ma gli dona un fratello. Non disprezza la legge ma apprezza l’uomo. Infatti, Cristo libera i sani dalla tentazione del fratello maggiore della parabola del Figliol prodigo“.

Rivolgendosi poi a cardinali neoeletti, Papa Francesco li ha caldamente invitati a servire la Chiesa, testimoniando l’amore che Dio Padre ha accordato da sempre all’umanità intera, senza discriminare nessuno. “Sarete d’esempio, e insegnerete che non si può stare con Cristo senza voler stare con gli emarginati“. Il Figlio di Dio, nella lezione di Francesco e nella dottrina della Chiesa, vuol essere allora al fianco di ogni uomo, anche per quanti nel corso della vita hanno smarrito la fede. E gli emarginati sono coloro che – meglio di chiunque altro – possono insegnarci ad amare autenticamente Cristo: il Signore che fu fatto prigioniero, patì la sete e la fame, non ebbe lavoro e finì perseguitato da chi temeva il suo amore.

Tags:Cardinali,chiesa,Dio,fede,Francesco,misericordia,Papa Bergoglio,papa francesco,vaticano

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