Francesco Tadini invita oggi alla lettura di una poesia – ritengo memorabile – di Emilio Tadini, il padre: “Stazione Gioia“, pubblicata nel 1991 nella raccolta, edita da Garzanti, L’insieme delle cose.
*
E. Tadini, L’insieme della cose, Garzanti, pag. 62
Come è poco esplorato, l’amore
e la Carta del Tenero
come è ancora approssimativa,
che barba tutti quegli “Hic sunt leones”…
Dalle parti della Stazione Gioia,
in un alone di untume e di gas,
sulla riva di un fiume
- oro e argento – di auto,
ti fa sentire, viva, la sua voce
da toro, la creatura inverosimile
ma vera, il corpo tropicale
simile al tuo, dissimile,
uguale, disuguale…
*
Messa insieme con pezzi
così diversi che dolgono,
con l’altro che si intrica
in se stesso, ed entrambi
arresi all’ambiguità,
deformi per la fatica
di essere e di non essere, dispersi
nella contiguità…
Battezzata, scavata
Da doppia nostalgia, doppio rimpianto,
pura cosmesi di malinconia,
squartata, compromessa
fra tutto quanto le danno e tutto quanto le tolgono,
metafora, paccottiglia
accumulata in secoli di sonno,
diminuita e accresciuta,
derisa, desiderata,
toro-vacca, acqua-fuoco,
divisa in due come una carta da gioco,
fantoccio platonico, carne
filosofale, vaso
di ferro e coccio, comico
arnese rituale,
possesso e possessore,
faccia sfacciata, volto
stravolto, eccesso, meraviglia
invocata, rancore…
Dev’essere bestiale,
pensa! Che male deve sentire!
Ma la nottata è immensa e tu sei altrove
E non appena l’hai sentita muggire
Hai tolto il piede dall’acceleratore.
*
Drive-in, santuario. Vibra
- costole di lamiera – il simulacro.
Dentro, nascosto, aspetti
il colpo, sacro, che ti svergini – il seno
di zucchero e cera, perfetto,
la coda minacciosa, le labbra
che non parlano, la valigia vuota,
la gola, la mandibola
che non riposa…
*
Sei tu che hai voluto andare a passeggio
nel Quartiere Selvaggio
e seguire, nel buio dei tuoi pensieri,
questa pista, o è l’auto che, da sola,
ti ha portato fin qui – l’Auto dei Misteri?
*
Si lamenta, l’automobilista,
dietro il vetro appannato.
Si slaccia la cintura, a bocca aperta
sorride. Con una mano
insicura, tocca la cosa
mostruosa che ha sognato…
*
E adesso che con il tuo flessibile terrore
finalmente hai imparato a misurare
come è tortuoso il possibile,
può anche darsi che tu abbia svelato
- dico poco – l’arcano:
è l’amore, comunque – anche la sola
parola – a tenere separato
dal niente l’umano.
scultura in ferro e colori acrilici di E. Tadini
Francesco Tadini, grato ai sempre più numerosi frequentatori del sito – archivio Tadini ( http://francescotadini.net/ ) invita tutti a regalargli uno sguardo: sono in progressivo aggiornamento le pagine dedicate sia alle opere visive che ai frammenti, alle note e ai testi letterari e poetici.