Magazine Poesie
Francesco Tontoli, poeta pisano totalmente inedito, e questo è già una bella bizzarria di questi tempi, e forse una nota di merito. Inedito se si esclude qualche apparizione "social" che per sua natura (la volatilità del mezzo, lo scorrere delle paagine) assomiglia a quanto faceva anni fa un mio amico, che scriveva poesie per poi abbandonarle alla corrente del Serchio e alla lettura dei pesci.
Francesco è un poeta prolifico e espansivo, con i suoi alti e bassi, con le sue "tracimazioni" verbali qualche volta, quelle però di chi non ha voglia di metterci il punto in fondo. Perchè si diverte, il suo è un divertimento della parola, di scrivere, che si avverte bene e che è, anche questo, una nota di merito. Tontoli ha una sua originalità anche quando riecheggia Caproni o altri, e pur essendo fondamentalmente un poeta lirico e sentimentale (e come ho già detto fino alla noia questo aggettivo va preso con molto rispetto), però non è di quelli che ne fanno una religione, non ci tiene alla centralità dell'io, né alla sfumata indeterminatezza crepuscolare, né al pessimismo programmato, e riesce sempre a dribblare il patetismo. Conserva nei confronti dei suoi testi un disincanto un po' anarchico, anche questo abbastanza fuori schema, contrastato tuttavia da una sempre presente voglia di rimetterci le mani, di ridiscuterli (non so nemmeno se queste sono le versioni definitive), non tanto un work in progress, ma semmai una distillazione del sentire che ci stava alla base, un rimontaggio delle vinacce, per dirla in termini enologici. Io credo che questo dipenda soprattutto dalla buona dose di ironia che serpeggia sempre nelle sue poesie, che sta lì da qualche parte anche quando non te ne accorgi. E che è parente prossima di quel divertimento di cui sopra. Ed è anche, questa ironia, antidoto e medicina per qualcos'altro che c'è sotto, una specie di ordito di malinconia e senso del tragico che per Francesco, da buon campano d'origine, è sempre bene "scongiurare". Se poi si considera, in aggiunta all'ironia, pure la vena surreale, lo scherzo, il calembour, lo sberleffo che ogni surrealismo ha avuto in partenza, prima di diventare irrimediabilmente serioso, allora si comincia a farsi un'idea dei registri e delle tonalità (del resto Francesco è anche un musicista), delle armonie e delle consonanze e anche del perchè le sue poesie appaiano sempre il generoso tentativo di riportare all'ordine e all'armonia le inquietudini e le indignazioni, in modo che siano umanamente più sopportabili. (g.c.)
L'ANGELO NECESSARIO
Mi interrogo sulla necessità che un angelo
arrivato da lontano come da un remoto luogo biblico
si prenda carico del peso del giocattolo
e della leggerezza che grava sopra il Bosforo
perturbi l'aria come una farfalla che provoca cicloni
e giunga infine a sfidare le basse pressioni
combattere contro i demoni solari
dagli artigli pieni di fuliggine e scarsi scrupoli
e sappia sconfiggere il libero mercato degli schiavi
e l'avventura epica della migrazione.
Un angelo che a volo radente
sopra un mare di zattere affondate
suoni una tromba allegra e delicata
quasi accorata.
Perché sulla necessità dell'angelo
e a causa della contingenza di stare
sull'orlo di un cratere
tutti,
angeli d'oltremare e demoni abissali
bruceremo infine le nostre ali.
AMORE KILLER
Ci sono molti modi di far morire un amante.
Il primo e forse il più nobile
è quello di togliere l'acqua alle sue rose
lasciando che le spine lo dissanguino
lentamente ucciderlo nel suo veleno
intossicandolo dello stesso amore osceno
che lo nutre.
Farlo ansimare del profumo di morte
che dolcemente esala
privarlo dell'ossigeno vitale che respira
quando si accosta con la bocca al petalo
nel dedalo vellutato del fiore
che non arriva al centro.
Fare in modo che la vertigine lo prenda
e lo trascini via lontano dall'oggetto amato
trascurarlo, gettando luce su un altro
più distante desiderio.
Renderlo infine trasparente ed etereo
inanimato, come un raggio di sole
che ti ha illuminato un attimo
con la forza amorevole e fatale
da far seccare per intero la tua pianta.
UNA VIA
Andiamo via, andiamo via
i sogni van finiti di sognare
non accontentiamoci di un risveglio senza ricordi
andiamo, giriamo la lanterna verso la strada
le storie segnalate potrebbero non esser nostre
il tessuto ha uno strappo perfetto nella trama
i piedi dolgono ben prima del primo passo
siamo nati camminatori di sentieri sbarrati
i figli devono sapere del sonno che agitiamo per aprirli
la vita non riconosce desideri sottaciuti
andiamo per diventare vogatori e carrettieri
in fondo siamo palombari di noi stessi
le strade dritte fanno storti tutti i sogni.
IL PANE DEL DRAGO
L'ho fatto anche stavolta
mi sono svegliato dopo di te
quando i tuoi passi per casa
al mattino, messi di traverso
erano ancora dentro i miei sogni
e ti ho sentito forse salutarmi
sbattere la porta e uscire
ricordarmi qualcosa circa commissioni
e impegni
mentre ero lì a lottare con un drago di passaggio
o a cadere nella tentazione di essere corrotto
trafitto, fatto precipitare in un orrido
e salvato per miracolo.
Sono passato attraverso
avventure salgariane
erezioni mattutine obbligatorie
inutili tentativi di scalare montagne di potere.
Poi ho sentito di nuovo la chiave nella porta
tu che cercavi qualcosa
e di nuovo i tuoi passi circondarmi
dopo avermi baciato, e forse anche sorriso
mi devi aver messo nelle mani qualcosa di scritto.
Sotto le istruzioni per uccidere diversi draghi
e per sfuggire a vergini pronte a decapitarmi
mi ricordavi , se c'era altro tempo
di comprare il pane e annaffiare le piante.
[So che ti sei fermata un istante a guardarmi]
Per certi versi, incerto è tutto il mondo
Per certi versi, incerto è tutto il mondo
fatto di parole che quando si pronunciano
ti viene il dubbio che sì, qualcosa frana
qualcos'altro per poco ancora tiene.
Nella tua bocca viene frantumato un senso
e il raggio dell'accento posto sul verbo
è come il faro dell'odontotecnico che circola
fra gli scogli, a cercare relitti di voci.
PER DJANGO (*)
Django ebbe due dita per tutto
ebbe due dita di cielo
e per filo e per segno
disegnò intorno al suo carro da zingaro
la luna bambina di Chagall
e tutti i suoi sogni manouche
della sua gente con i baffetti fini e il coltello facile.
Chi poteva aspettarsi che quei pendagli da forca
e quelle facce da galera, potevano mettere le scale
sotto alle stelle, e vedere volare le spose?
Django aveva due dita di tutto
e perfino quel violinista figo se n'era accorto
secco, lungo e sempre sorridente
aveva gettato al vento e messo in fuga
tutta la famiglia Bach del cazzo
per stare dietro a quelle due dita volanti.
Le dita volanti che bastarono a raccontare
pozzanghere e falò
e amori affilati come rasoi.
LE BRICIOLE DELL’INVERNO
Come un pane, dividiamo il sogno a metà
tu mi dici "ho sognato che eravamo"
e a me tocca andare a cercarti lì, in quel paese
e se non mi ci trovi avverto la tua ansia
sul cellulare ci sono le tue tracce.
Abbiamo le nostre vecchie antenne che vibrano
e non sappiamo come fare a meno
ognuno della mollica dell'altro.
Sul davanzale sono sparse
le briciole dell'inverno.
Così, dopo un volo di ricognizione
capisco che un po' del tuo sogno
è anche mio, e non lo dimentico.
In questo eterno scurore invernale
In questo eterno scurore invernale
luce che non arriva a fotosintesi
infilo le mani nel lunedì mattina
per estrarne un succo amaro, limone marcio
Il sole è così , avvolto in strati
di funghi di nubi e di muffa.
Una pioggia acida e greve rimane sospesa
e ogni goccia mi brucia lo sguardo.
(frasi a naso)
sulla panchina mi disse:
"è difficile rimanere in bilico
sul transeunte"
gli risposi:
"ogni pentola rimane
equipollente".
Ci videro insieme e pensarono:
"...si sono messi a caso...".
Una di loro gridò:
"andate a darvi il nettare!"
Così sbollimmo
continuando
a manometterci.
Non mi sono nemmeno accorto
Non mi sono nemmeno accorto
che il linguaggio dei legni era fiorito
ed è già marzo avanzato
Che l'erba sotto i piedi ricresce veloce
Che sul mare tira una brezza tenera e tesa
Che i ristoranti e i bar hanno già i tavoli fuori
Che il ginestrone manda i suoi richiami sessuali
ai bombi e alle coppiette [appartate] *
e dentro di me si scongelano alcune fantasie
Che ho rispolverato le vecchie letture
tipo alcune antiche poesie scolastiche
Gozzano , Marino Moretti e Rimbaud
Che anche la lettura delle carte del cielo
è meno ardua.
E colleziono piccole pietre che infilo in tasca
e che spero mi aiutino a tradurre l'incanto in voce
come una personale Stele di Rosetta
ma solo quando le interrogo
e le smuovo con le mani.
E oggi sono tutto
E oggi sono tutto
in questa incertezza.
In tasca ho le mani
con stretta la carezza
che ti farò domani.
IN GITA ALL’AEROPORTO
I bambini che vanno in gita all'aeroporto
indossano ali e giubbetti rifrangenti gialli
e con le maestre imitano il rombo dei motori
attenti in fila si danno la mano come innamorati.
Max e Abdul,
Karima e Jonathan , *
Ciro e Manuele
vanno sulla pista per decollare verso i mondi che sanno
e per quelli che non sanno si pensano adulti veri.
Mettiamoci dunque in fila anche noi con loro
implumi e appesantiti dalla gravità della nostra forza
ciechi come vecchi uccelli con il collo infilato nel tronco
con scarpe adatte a un cammino che non sa più andare.
Mettiamo con naturalezza la mano tra i loro capelli
rilasciando la semenza che si trasmette con lo sguardo
abbandonando a loro la lettura del disegno strano
che è inscritto a ghirigoro nella nostra mano.
L’ ALTRO
Sognatore e sognato
decisero che la sorte del loro gioco
quella notte dovesse piegarsi
verso l'uno o l'altro.
Stabilirono insieme di tentare un assalto
alle loro opposte trincee
con l'idea di accoppare il nemico
di ognuno dei due.
Materiale sognato fu trovato
nel letto di uno
(placenta, bolo di uccelli notturni
e geroglifici indicanti un mistero).
Dall'altra parte
una voce s'udiva
e voleva sfondare una gabbia.
(*) l'autore allude al chitarrista jazz di origini gitane Django Reinhardt che come noto era rimasto menomato alla mano sinistra a 18 anni nell'incedio della sua roulotte.
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