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Francia e Germania frenano il cammino verso una maggiore integrazione economica dell’Unione europea. Federalismo rimandato

Creato il 13 dicembre 2012 da Cremonademocratica @paolozignani

Ci si doveva unire, federare, per attivare la famosa competizione di sistema. L’Europa, anzi gli europei che

Il presidente del consiglio europeo van Rompuy

Il presidente del consiglio europeo van Rompuy

ancora credono nella necessità di un continente dalle politiche più unitarie, meno ricattabile dai singoli Stati. E invece no. Il presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy aveva proposto una maggiore integrazione economica, ma Francia e Germania si sono rifiutate di iniziare il cammino. Ormai Angela Merkel sente l’avvicinarsi delle elezioni e non intende esporsi a polemiche interne, dall’altra parte del Reno François Hollande ha bisogno di tenere unita la propria maggioranza. Prevale la paura. Vincono gli interessi di partito, o di parte. Gli Stati, come succede da parecchio tempo, si comportano come individui e i cittadini non hanno la possibilità di intervenire.

Un dibattito sull’avvenire del continente non si fa. I massmedia impongono, come vogliono i loro proprietari, temi di interesse immediato nel tempo, che frutti consenso oggi e domani motivo per attaccare l’avversario interno. Niente federalismo continentale, non se ne parla per il momento. In Italia siamo rimasti ancora al 1994. E’ iniziata una campagna elettorale di cui non si parlerà d’altro che dei problemi personali di Berlusconi, grazie alla solita grancassa mediatica che a nulla giova. Segue l’articolo uscito sul quotidiano francese Libération, pubblicato in italiano su Presseurop.

François Hollande e Angela Merkel hanno giocato un brutto scherzo all’Unione europea. Per una volta d’accordo, la coppia franco-tedesca ha deciso ieri di insabbiare il dibattito strategico sul futuro dell’Europa. Un dibattito rinviato, accantonato, anzi vietato.

I ventisette infatti avevano preso l’impegno ad adottare entro la fine dell’anno una “tabella di marcia” politica, che doveva precisare le grandi tappe di un’”integrazione solidale”, per riprendere un’espressione sibillina cara al presidente Hollande. Ma quale solidarietà finanziaria, quale capacità di bilancio comune, quale controllo democratico?

Non si trattava di decidere tutto né di lanciarsi in un’irresponsabile fuga in avanti, ma di mettere in movimento tutte le istituzioni dell’Unione, e soprattutto di aprire un grande dibattito di carattere pubblico.

Due sono i motivi principali: questo è il prezzo da pagare per la sopravvivenza della zona, infatti i ventisette hanno evitato la catastrofe decidendo ogni volta in vertici detti “dell’ultima chance” un passo in avanti in materia di solidarietà finanziaria fra gli stati membri; ma questa navigazione a vista – e questa è la seconda motivazione – si è fatta sempre sotto la pressione dei mercati, senza una visione politica e soprattutto alle spalle dell’opinione pubblica.

In disaccordo sui limiti di questo nuovo federalismo europeo, francesi e tedeschi hanno preferito mettere la testa sotto la sabbia: Angela Merkel entra in un periodo elettorale e non vuole correre alcun rischio; Hollande non ha alcuna intenzione di riaprire vecchie ferite nella sua maggioranza. Fine del discorso.

Ma questa politica di piccolo cabotaggio si basa su dei presupposti pericolosi, come se la crisi fosse definitivamente alle nostre spalle e la popolazione del continente potesse accontentarsi di una miope politica di rigore.

Traduzione di Andrea De Ritis


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