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Franco Battiato: uno Sguardo sull’Aldilà

Creato il 07 luglio 2014 da Dietrolequinte @DlqMagazine

È ancora un invito al viaggio quello che ci rivolge Franco Battiato, alla sua quinta opera cinematografica, ancora una volta in forma di documentario, che ha per tema ciò che molti di noi considerano l’ultimo atto della nostra esistenza: il passaggio dal mondo terreno a quello ultraterreno. Presentato sabato 28 giugno a San Marino all’interno di ArteSpirito, una tre giorni ricca di piccoli e grandi eventi dedicati al rapporto tra arte e ricerca spirituale, ed introdotto dall’autore e da Gianluca Magi, Attraversando il Bardo è l’ultimo lavoro dell’artista siciliano, prodotto da Fabio Bagnasco e Massimiliano Pollina. Abbandonando facilmente i tabù che rendono l’argomento persino indicibile in certi luoghi, si è immediatamente accompagnati alla scoperta, o al ricordo se vogliamo, che l’ultimo viaggio è solo l’altra faccia della medaglia di un primo tragitto che porta la nostra anima in quello che consideriamo il nostro corpo. Perché se è vero che tutti si muore, è pur vero che prima o poi tutti si è anche nati. O meglio, per citare l’artista, «noi non siamo mai morti e non siamo mai nati». Vita e morte, sogno e veglia, materia ed energia, noi e gli altri, sono alcuni dei temi trattati, alcune delle opposizioni che ancora una volta Battiato ci spinge a superare. In breve, una piccola grande riflessione o come recita il sottotitolo: uno sguardo su l’aldilà.

Il Bardo nella tradizione tibetana è lo stato di coscienza in cui le menti addestrate con la meditazione possono trovarsi durante il passaggio e può durare fino a quarantanove giorni (terreni). Qualcuno ricorderà i titoli di alcuni giornali che, tempo fa, ridicolizzavano dei fedeli indiani che dichiaravano il loro maestro ancora in meditazione mentre, almeno secondo gli autori degli articoli, era deceduto da giorni. È un esempio di quel che ci viene spiegato facendo riferimento ai sogni, perché il Bardo è come entrare in un sogno. E vale per l’arte di morire e per l’arte di sognare, quello che vale per l’arte in generale, i più fortunati sono dotati di un talento spontaneo, per tutti gli altri occorrono studio, pratica ed esercizio. Ed è ciò che fanno i monaci buddisti tibetani. Per loro il trapassare è il momento più importante dell’esistenza stessa. Al contrario, la maggior parte di noi viene addestrata a qualunque cosa nel corso della vita tranne che alla fine della stessa. Questo ci rende inconsapevoli per lo più, paurosi, ignoranti e incapaci di accogliere la scomparsa anche delle persone a noi più care. A tal riguardo è commovente la riflessione di Manlio Sgalambro che ci ricorda, apparentemente ironico e controcorrente, come solo gli ignoranti non muoiono mai perché non sanno assolutamente nulla della propria morte, così come della propria esistenza.

Morire non è certamente un’arte o un traguardo solo orientale, tuttavia, proprio nella nostra cultura abbiamo del tutto abbandonato la tradizione dell’accompagnamento agli ultimi istanti della vita come una possibilità dello spirito, confinandola più spesso alle sole possibilità della medicina. Ed è questa la scoperta più piacevole regalataci dalla visione del documentario: non solo le discipline orientali del buddismo tibetano sono raccontate attraverso i dialoghi con alcuni tra i suoi più alti esponenti, Lama Kanghser, Lama Monlam, Lama Geshe Jampa Gelek, ma anche quelle occidentali, la tradizione cattolica con padre Guidalberto Bormolini, la scienza, la psicologia transpersonale con Stanislav Grof, la fisica quantistica con Jack Sarfatti, senza dimenticare personaggi come Fabio Marchesi e Ensitiv. Quello che ci viene offerto è uno sguardo su l’aldilà quanto più completo possibile, e una narrazione affascinante, elegante a tratti divertente che lascia un sentimento leggero di grande fiducia e speranza. Il momento che viviamo, come sostiene il regista (sebbene relegare la sua arte ad una sola delle discipline in cui si cimenta è sempre riduttivo per Franco Battiato), è molto importante, perché forse per la prima volta dallo scisma galileiano, la scienza, attraverso la fisica quantistica, e le conoscenze spirituali attraverso la meditazione, stanno tornando a dialogare senza interferire l’una con l’altra, senza necessariamente combattere l’una contro l’altra. Da sottolineare, infine, l’importante contributo di Alba Rohrwacher che legge un testo di Karma Nur May e di Cristina Coltelli, e la piacevole fotografia di Fabrizio Profeta che rende allo sguardo quanto gli è dovuto.


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