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Franco è pacato e non parla molto, almeno in prima battuta. Ma poi si scopre che è molto eloquente, come lo sono i suoi vini provenienti da una terra, il Parco Regionale dei Colli Euganei, che è un ambiente unico. Sia perché le alture tracciano un invisibile confine con l’affollata pianura Padana sottostante, trasportando il visitatore nell’arco di pochi chilometri fra i silenzi di una natura rigogliosa e la meraviglia di borghi e monasteri di grande storicità. Sia perché questa zona e la sua conformazione hanno una antica vocazione a vitigni importanti: Merlot, Carmenere e Cabernet Sauvignon, Moscato Bianco e Fior d'Arancio, ma anche Manzoni Bianco e Chardonnay.
E Franco Zanovello conosce profondamente il carattere dei “suoi” Colli, li asseconda con un lavoro in vigna rispettoso dei ritmi e delle caratteristiche, affinchè le uve gli restituiscano aromi e sapori nati dall’interazione delle piante con gli elementi costituenti, sempre diversi, di ogni singolo campo.
Un impegno e una passione, applicati a 25 ettari a vigneto e altri 15 a bosco di castagno, uliveto e pascolo che lo rendono una sorta di “custode” di questo territorio, il quale ricambia tanta cura nel bicchiere, quando si assaggia un suo vino.
“Il difficile sta nel fare uva veramente buona”, afferma, e il lavoro più importante è quello nella vigna. Poi, in cantina, conta la conoscenza profonda delle uve e una lavorazione delicata, scegliendo attentamente tutto ciò che va ad interagire col vino: i tempi di macerazione, i tipi di legno dove maturare, le vinificazioni fatte per partite singole, vigneto per vigneto, cercando di assecondare le naturali attitudini di ciascuno. E Franco, da alchimista minuzioso qual è, continua a sperimentare, fra antiche conoscenze e moderne tecniche, vitigni noti e autoctoni come la bianca Pedevenda e le rosse Turchetta e Corbinella.
Questa cura totale, dalla vigna alla bottiglia, gli è valsa quest’anno il premio CIFO/ Città del vino: “Impronte d’eccellenza. Tecniche agronomiche sostenibili per una viticoltura di valore” che lo ha nominato miglior cantina “green”, con un bilancio aziendale virtuoso per quanto concerne la sostenibilità (emissioni di CO2 sotto controllo, utilizzo di energie rinnovabili, ecc).
Custode non solo della tradizione vitivinicola dei Colli, ma anche della loro storia e della loro cultura tout court, Franco Zanovello esprime uno spirito “visionario” quando in una frana in un vigneto “vede” un anfiteatro greco, drena il terreno, costruisce un palco (il fondale è la pianura che dai colli arriva fino alla laguna di Venezia) e organizza spettacoli di grande suggestione. Quando nella sua casa-rifugio in cima al Monte Venda ospita un incontro letterario abbinando ai poeti i vini che meglio li rappresentano. Quando dedica a Vittoria Aganoor poetessa padovana di origine armena di fine ottocento, un vino rosso e un rosato, perché un possedimento di lei è oggi un suo vigneto. Quando per l’etichetta della sua selezione riprende la grafìa Venetica di un popolo di 3000 anni fa. Ben si addicono, quindi, i suoi vini come premio per chi sappia esprimere virtuosamente il proprio amore per questo prodotto. Saranno infatti in palio tre vini. Il Moscato Passito Fior d’Arancio, da un’uva classica di quest’area e delle zone assolate e asciutte, introdotta dai Veneziani già nel XIII secolo, fatto utilizzando i grappoli più maturi e appassendoli, come facevano i contadini che bevevano il vino così vinificato con semplici dolci durante le festività invernali. Dopo quattro mesi di appassimento e senza che intervengano muffe, il Fior d’Arancio è un vino da meditazione con una complessità di profumi notevole ed un finale lungo ed intenso.
Dalla vigna “Pedevenda”, il Manzoni bianco ha profumo di peperone, salvia e ortica, impreziosito da una nota muschiata; e al palato si sente la frutta esotica, e la freschezza della mela. Dalla vigna Sassonero ricava un Merlot in purezza color marasca intenso, con calde e speziate e di marasca e mora, e un gusto morbido di mirtilli. inserito da Elena Bianco
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