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Frankfortitene!!

Creato il 01 luglio 2011 da X
FRANKFORTITENE!!Sposarsi comporta un unico vantaggio: dover festeggiare L'ADDIO AL CELIBATO.
Un week end in cui tutto è legittimato dall'unicità dell'occasione. E se non fosse che da poco è stato eletto un Nero alla Casa Bianca, il matrimonio di Giorgio sarebbe l'evento dell'anno. Per prepararmi allo spumeggiante clima tedesco - che a breve ci inebrierà a suon di bionde - inizio ad abbandonare i miei rigidi criteri di valutazione già qualche giorno prima della partenza. Così in preda all'euforia ormonale per la strada vedo passare gli autobus della "Passera" (sicuramente questo va a Francoforte dopo aver fatto tappa a Budapest) e quasi quasi lo prendo al volo. Quando lo racconto agli altri invitati mi dicono che l'ho sognato, che 'sto viaggio sta condizionando il mio stato percettivo. Tuttavia il sito dell'azienda conferma che non ero in preda ad allucinazioni testosteriniche.
Partiamo in 6. C'è chi la coscienza l'ha lasciata al gate, chi s'è portato un ottimo sgrassatore e chi ne ha nascosta una di riserva nel bagaglio nel caso in cui i più carismatici riuscissero a distoglierlo dai suoi rigidi valori morali. In attacco giocano un ammogliato e un neo fidanzato. Al centro Io e Giorgio. In difesa ci sono due che presto convoleranno a giustissime nozze. Partiamo da 3 aeroporti differenti per convogliare ad Han e io sono l'ultimo del mio volo.
Davanti a me c'è un medio orientale apparentemente occidentalizzato che, insieme al foglio di check-in, al desk mostra un pizzino in qualità di documento. Avrà qualcosa da nascondere? L'hostess lo guarda perplessa e gli chiede il passaporto. Infastidito dalla diffidenza lo tira fuori. Pakistano! Yahoo! Se fosse stato afghano di origini irachene sarei stato più tranquillo, ma per farmi 3 giorni di puro cazzeggio sono disposto a rischiare di imbrattare le nuvole di rosso e sull'aereo invoco tutti i santi arabi in sunnita con la speranza che quel candore resti immacolato. Dopo 45 minuti di volo incominciamo a scendere e dato che non s'è mai vista una strage a qualche metro da terra (tanto vale farsi esplodere su un treno) mi considero salvo nonostante abbia sacrificato una preziosa ora di sonno per guardare in faccia il destino. Dall'alto riesco ad ammirare una vegetazione talmente fitta da far sembrare gli alberi siamesi. Piccole macchie verdi densissime si attaccano al marrone dei campi come mattoncini Lego. Dopo un'ora e poco più di bus e un'insonnia fomentata da una comitiva intenta a farci concorrenza, arrivo alla stazione centrale dei treni dove riconosco subito il mio albergo perché non è un Sexy Shop, un Night o un Döner Kebap. Willkommen im Frankfurt.
Giorno 1.
Appena riunito in albergo, il gruppo parte alla volta del centro. Da cosa riconosci un centro che non hai mai visto prima? Dalla circolarità? NO. Dal duomo? NO. Dal Municipio? NO. Ma dal MC Donald, NO? Cattedrali della certezza per papille gustative diffidenti. A darci il benvenuto ci pensano un paio di comitive scanzonate che stanno animando le vie con il loro addio al nubilato. Le future spose cantano a gettone per poi investire l'incasso in una sbronza collettiva di cui ci piacerebbe sapere luogo e ora. Nonostante la stanchezza di chi pagando poco deve svegliarsi prima del gallo, attraversiamo il Meno su uno dei tanti ponti che collegano la città e ci troviamo dall'altra parte della sponda. Per rifocillarci ci servono un maiale intero pronto ad essere cannibalizzato nei sui molteplici tagli. Gli indigeni ci guardano male nonostante i nostri decibel tipicamente italici vengano dispersi dalla veranda in cui siamo stati relegati. Stanchi ma soddisfatti delle ore trascorse insieme decidiamo di rincasare. Mentalmente siamo già supini quando all'improvviso abbiamo una visione. Ma in quel locale cosa succede? Esattamente sotto l'Euro Tower avvistiamo una densità incredibile di giovani bionde che si dimenano dentro un seminterrato a vetri come sirene in un acquario. Gli sbadigli si sono volatilizzati, gli iridi dilatati, le colonne vertebrali erette. Ci lanciamo subito all'ingresso scendendo i gradini a due a due. Da buon translater mi avvicino al buttafuori. Mi blocca subito: "Dress Code." -WHAT?- "Dress Code." -E che cazzo vor di'???- Lui si tocca il colletto della camicia per farmelo capire. Ah! Io sono vestito come se dovessi andare a fare la spesa dato che gli avvocati (3 su 6) non mi hanno consentito di preparami per la serata trascinandomi in centro senza possibilità di appello. Riferisco ai ragazzi che non possiamo entrare perché non siamo abbastanza eleganti. O tutti o nessuno, anche se leggo negli occhi di qualcuno un peggio-per-te-che-giri-in-maglietta! Sentendoci parlare il buttafuori ci chiede da dove veniamo e ci fa entrare perché è un nostro conterraneo. Al ritorno faremo un pellegrinaggio al Monte Pellegrino!!! Dentro c'è una concentrazione di bionde di primo pelo mai registrata nella storia delle discoteche. Bionde su, bionde giù, bionde sopra e bionde sotto. Peccato che man mano che ci muoviamo desertifichiamo la pista come in una maldestra partita di Campo Minato. Pian piano la pista inizia a gremirsi e improvvisamente i tedeschi incominciano a duplicarsi come cloni. Giovani, muscolosi, inamidati e ipertricotici. Un'orda di Dobermann contro un manipolo di meticci. Per noi è la fine. A confronto siamo dei poveri trentenni apparentemente graziati da un indulto. Grazie e arrivederci. È stato un piacere.
Giorno 2.
La prima tappa del giorno 2 prevede una visita a uno dei tanti Skyline che svettano in città. Dieci minuti e siamo di nuovo giù. Facciamo un altro giro in centro ammaliati dalla modernità dei palazzi e dallo scintillio delle vetrate. Frankfurt è la giungla dei pedoni, nonché la città dei miei sogni. Si aspetta che scatti il rosso per attraversare di corsa evitando le strisce come mine antiuomo. Per ammazzare il tempo, in attesa che la serata ci regali nuove emozioni, entriamo nel centro commerciale più brutto d'Europa. Ha tre piani ma i corridoi sono talmente stretti che tra le vetrine e la scale mobili centrali non c'entrano più di due persone a braccetto. Sembra una giostra a percorso obbligato nei meandri del cattivo gusto. Visto che siamo al centro decidiamo di mangiare lì, di fronte alla dea della giustizia, con la speranza che vigili sul nostro conto. Ci buttiamo ancora una volta sul porco. Stinco, arrosto, cotoletta. E siccome sono un palato fine scelgo quello al curry con l'ananas fritta. Anche qui alcuni commensali ci guardano male perché il nostro avvocato penalista, che nel frattempo per capacità goliardiche e spiccate doti conviviali è stato ricatalogato "celibista", grida come se dovesse vendere l'ultima cassetta di calamari. Verso sera ci spostiamo nuovamente versa la zona dei pub, anche se è domenica sera e tutte le bionde sono a nanna e di certo non con noi. L'avvocato sceglie per noi un locale arabico. Uno di quelli in cui non entrerei neanche se mi dicessero che dentro stanno girando il making of Shakira in Wolf. Sembra un'oppieria londinese, una ragazza ogni 7 magrebini. Non mi stupirei di incontrare quel simpatico pakistano dell'aereo. Mi bruciano gli occhi perché paradossalmente c'è più fumo che nella mia agenzia. Sebbene incito i miei compagni ad andarcene veniamo braccati, la cameriera ci fa accomodare insistentemente, obbligandoci a ordinare due narghilè nonostante le facciamo capire che ce ne va bene anche uno. Da bere prendo un tè alla menta, servito caldo nella teiera di Mary Poppins. Nonostante contenga solo 50 cl. di acqua ne produce un litro e mezzo dissetando tutta la comitiva costretta a ricredersi sulla scelta dei consueti cocktail occidentali. C'è chi da perfetto Kamikaze azzarda un Manhattan. Ci vengono serviti i narghilè e nel giro di un paio di fumate cambiamo credo politico e religioso. Storditi e inebriati decidiamo di tornare nella zona rossa, quella in cui siamo dislocati. Il freddo della serata ci fa propendere per un locale coperto in cui le ragazze non lo siano molto. Ora o mai più.
La zona Hot è un susseguirsi di Tabledance e Sexy Shop. Gli strenui difensori della castità binoculare - da me ribattezzati i catechisti - fuggono in camera insieme dicendo che il quartiere è pericoloso e che se restiamo ancora un po' metteremo a rischio la nostra incolumità fisica. "Che esagerazione! Per due che si stanno facendo una pera, considerate che nei locali la proporzione è inversa..." e poi cosa volevano incrociare William e Kate? Carlà e Nicolà? Silviò e Ruby (ecco, questi forse sì). Probabilmente immaginavano che avremmo festeggiato Giorgio con un pigiama party a suon di cuscinate. La fuga è talmente rapida che non riusciamo a trattenerli. Sono sicuro che se lo sapessero le loro ragazze resterebbero deluse tanto quanto noi. Immagino la scena al loro ritorno. "Allora Amo'? Ti sei Divertito? Hai bevuto?" -Un poco-. "Hai fumato?" -No.- "Hai guardato le ragazze denudarsi?" -No.- "Ma allora che cazzo ci sei andato a fare?? Tanto vale che restavi a casa a passare l'aspirapolvere!!" Alleggeriti dalle remore, decido che sarò io, che c'ho occhio clinico, a stabilire dove sollazzarci in questo scenario tarantiniano, con la speranza che una volta entrati non facciano delle nostre carni Sausage per i prossimi turisti. Ficchiamo il naso nel primo bugigattolo allettati dall'ingresso gratuito. Non c'è nessuno. Un tavolino in un angolo, un palo in un altro, manca solo il basista. Intimo il dietrofront. L'usciere mi strattona il braccio per farmi restare e se si aggrappa un altro po' sarà lui a venire con noi in un altro night per vedere come lavora la concorrenza. Il secondo è ancora più grottesco e se il terzo sarà peggio abbandoneremo l'obiettivo, sono intransigente, o le cose si fanno bene o non si fanno proprio. Mentre i ragazzi tentennano mi avvicino ad un locale per vedere che aria tira. All'ingresso non c'è nessuno a fare pushing. Buon segno, indice di discrezione. Dalla finestra intravedo una ragazza bellissima. È deciso. Entriamo. Il locale si presenta bene anche se le ragazze sembrano in sciopero. Una consulta il cellulare, l'altra potenzialmente sta su Facebook e un'altra ancora sta sbracata nell'attesa di timbrare il cartellino in uscita. Che faccio? Salgo io sul palco? Mossa a compassione, ne sale una sul palco. È talmente svogliata che le faccio notare che ci stiamo addormentando. Pur essendo rumena mi risponde con un italiano impeccabile, sottolineando che può capitare a tutti di non aver voglia di lavorare. Scatta un vero e proprio diverbio sindacale. Le dico che se non si dà da fare domani non torneremo. Mi risponde con un bel ECHISENEFREGA! Minchia, mi ha fregato. Si alterna con le sue colleghe con una voglia di sudarsi la paga che neanche io il venerdì pomeriggio. Ma ora tocca alla Strip-teaser. Il suo charme oscura le altre, con cui non si mischia quando è in pausa per non essere contaminata dalla loro sciatteria. Nei suoi occhi azzurri leggo la solitudine dei numeri uno. I suoi occhi hanno una strana malinconia, la tristezza degli angeli ingabbiati per la loro bellezza. Sta sui quaranta, ma i suoi muscoli vibrano di classe. Non c'è nessuna volgarità nei suoi movimenti, c'è solo la padronanza di un mestiere perfezionato negli anni. Persino le altre ragazze la ammirano muoversi per carpirne il ritmo su un classico di Joe Cocker. La performance si conclude con l'applauso delle ragazze che ne dissimula l'invidia. Wow! Abbiamo finito le nostre birre belle calde e ci chiedono se vogliamo altro. Diciamo di no. Ci propongono di offrire qualcosa alle ragazze. Diciamo di no. Ci chiedono se vogliamo dei dollari per essere coinvolti negli strip. Diciamo di no. In breve capiamo che o spendiamo o lo spettacolo è finito. Per stasera può bastare.
Giorno 3.
Il terzo giorno iniziamo ad annaspare. Abbiamo esaurito le scorte di energia e le mete turistiche. Anche se probabilmente qualcuno ha ottenuto il benestare della moglie convincendola che Francoforte è la Firenze del Nord - la prima meta scelta per comodità logistica - oggi il tempo fa fatica a passare per mancanza di attrattive. Facciamo un interminabile giro sul battello per deliziarci ancora un po' con questo fantastico clima freddo-caldo-vento-pioggia-freddo-caldo-vento-pioggia-freddo-caldo-vento-pioggia che ci sta temprando nell'animo. Dopo pranzo il gruppo inizia a smembrarsi. C'è chi si consola allo zoo, chi si rinchiude in centro commerciale e chi va serenamente a dormire nella speranza di non morire dal sonno al Teatro. Unica alternativa ad una serata senza programmi è il Requiem di Verdi. Fiducioso di essere sbarrato all'ingresso, preannuncio ai miei compagni che potrebbero bloccarci con un bel DRESS CODE! Altrettanto speranzoso, l'avvocato celibista mi fa notare che effettivamente il mio giubbino azzurro elettrico non è un buon passepartout. Ma d'altronde con un ombrello fucsia cosa dovevo abbinare? Un gessato? Sconfortati appuriamo che un ragazzo di colore personalmente allestito da Quincy Jones stringe tra le mani un biglietto per l'opera. Siamo fregati. Ma mentre ci accingiamo a versare la quota personale, il bigliettaio ci fa notare che è rimasta solo la platea da 50€ a cranio. Deterrente perfetto per chi si trova lì per mera accondiscendenza al festeggiato. Trepidanti usciamo con l'auspicio di trovare una valida alternativa. Nel frattempo ci dirigiamo verso l'ultimo ristorante in cui ancora una volta veniamo messi in quarantena. Ormai il viaggio s'è concluso nella baldoria di quest'ultima cena. Il futuro sposo è contento e mi dice: "Se avessi saputo che festeggiare l'addio al celibato fosse così divertente, mi sarei sposato prima del diploma." E questa è l'unica cosa che conta.

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