Franz Kafka's a Country Doctor

Creato il 16 agosto 2012 da Eraserhead
INCONTRI
Se le parole inquiete di Kafka, e precisamente quelle riguardanti il racconto breve Ein Landarzt (Un medico di campagna), si imbattono nella non meno inquieta (sotto)cultura giapponese, tale incontro non può che essere felice, e se trova nelle mani di Koji Yamamura un burattinaio mefistofelico pronto a far convergere questi due registri così lontani, eppure, perdonate la banalità, così vicini, allora la posta in gioco si fa parecchio stimolante. Pur non avendo letto il testo originale, la percezione che sia stata imbroccata la grottesca tortuosità dell’autore nato a Praga è forte, ma c’è di più perché il regista opta per un bando totale di qualunque costrutto lineare gettando letteralmente nell’incubo ogni componente del corto: il racconto subisce le continue sortite di un piano narrativo scaturente dai pensieri del protagonista che sgretola ogni barlume di razionalità, mentre i disegni seguono traiettorie allucinate, sghembe, con prospettive che si deformano magnificamente come nel miglior Sokurov.
RISCONTRI
In questo concentrato di artistico delirio che, va detto, necessita almeno di due ravvicinate visioni, prende quota l’idea che il succo dell’opera sia incanalato verso un’angosciosa radiografia del dottore, uomo probabilmente solo (la serva è l’unica che gli strappa un sorriso) e intrappolato nel suo mestiere (sebbene il bambino sia sano diagnostica comunque una malattia), che soffre e non poco la propria condizione esistenziale (“questo inverno infinito…”). Nell’ottica della reciprocità è lecito pensare che il bimbo sia egli stesso o una proiezione di lui medesimo afflitto da uguali mestizie: il presunto degente si presenta al medico con un “lasciami morire” che sa molto di autoconfessione, ma soprattutto rivela come malattia il germoglio di un fiore (putrescente, con tutti quei vermi) che assomiglia molto ad una… Rosa. Quindi in questa matassa inintelligibile il filo del ritratto mentale sembra essere il ponte percorribile, tuttavia applicare un metodo celebrale ad un prodotto del genere appare perlopiù un consumo di energie, della serie: non importa tanto che cosa si dice, ma in quale modo, e qui siamo a livelli di eccellenza.

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